di Rosa Ana De Santis

Dalla morte di Eluana sono passati cinque anni e la legge sul “fine vita” è rimasta impantanata in Parlamento. Al Campidoglio invece si fanno passi avanti sul riconoscimento dei diritti civili e sul principio di autodeterminazione. Tutto nasce dalla delibera di iniziativa popolare presentata da Mina Welby e sottoscritta da 8mila cittadini, riproposta all’attenzione dal consigliere capitolino, Riccardo Magi, della Lista Civica Marino.

Magi ha portato la commissione capitolina “Legalità e diritti” ad esprimersi sulla calendarizzazione della stessa e sulla nascita quindi di un registro delle dichiarazioni DAT (anticipate di trattamento, ovvero alimentazione e idratazione forzata).

In passato la Giunta Alemanno aveva tentato di respingere il quesito referendario promosso dai Radicali incassando il rifiuto della commissione capitolina. Si riprende quindi lo stesso filo di ragionamento politico.

Il registro è la raccolta dei testamenti biologici dei cittadini, come già presente in altri 150 Comuni Italiani. Il servizio per ora è di autenticazione e certificazione e sostituirebbe l’oneroso analogo che potrebbe esser depositato da un notaio. L’iter per approvare questo registro è partito ed è evidente che questa sorta di cassaforte delle volontà sortirebbe un effetto di lobbing sociale e di pressione politica molto forte e di sicuro impatto.

Soprattutto perché Roma, sotto tanti punti di vista, non è città come altre. La Giunta si è espressa già favorevolmente, in perfetta coerenza con lo spirito liberal del primo cittadino romano e si tratta ora di accelerare i tempi di discussione nel Consiglio. Non è sicuro che la proposta otterrà la maggioranza, ma votarla è fondamentale per rispetto degli 8mila proponenti e dei 40mila firmatari dei quesiti referendari.

Qualcosa di analogo è accaduto in diversi Comuni anche per le coppie di fatto, con l’istituzione di registri per le unioni civili. Accade a Milano ad esempio in cui questa registrazione va proprio nel segno di impedire discriminazione nell’accesso a servizi sociali di vario tipo e anche di assimilare per eguaglianza giuridica le coppie etero a quelle omosessuali. Analogamente si stanno muovendo i Municipi di Roma, a partire dal III.

Stabilire la competenza delle istituzioni locali su materie cosi delicate di ordine bioetico non fa la legge, ma significa riconoscere che certi diritti civili sono avvertiti come importanti dalla popolazione che ad oggi, per indolenza e viltà delle Istituzioni centrali, si trova priva di una chiara normativa di riferimento in materia.

E apre il varco alla giurisprudenza e ai tribunali, accusati spesso di sostituirsi alla politica senza che nessuno evidenzi che è la politica ad arretrare per viltà e obbedienze ai poteri forti da questi campi minati di valori.

L’iniziativa delle istituzioni locali risponde invece ad un’esigenza reale e conferma l’attesa di un’evoluzione in materia di diritti a livello centrale. Saranno forse proprio i Comuni ad esercitare la pressione di un’opinione pubblica rimasta a piedi per incapacità di coniugare la politica con la giurisprudenza dei diritti civili.

Quella che troppo spesso è stata strumentalmente fermata con la scusa della  prudenza, ma la cui unica reale ambizione era ed è quella di blindare per legge l’etica cattolica. Facendo pagare a noi tutti pagando il dazio non scritto dei Patti Lateranensi.

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