di Mariavittoria Orsolato

Nove milioni di processi da smaltire tra civile e penale, migliaia di procedimenti per errore giudiziario o ingiusta detenzione e una valanga di richieste d’indennizzo per le cause che invecchiano con i querelanti. Che la giustizia italiana fosse un colabrodo lo si sapeva da un bel po’ e l’altro ieri , nella sua relazione a Montecitorio, la ministra Paola Severino ha snocciolato impietosa i numeri di quell’inefficienza che, nei termini di produttività tanto cari al governo tecnocratico, ci starebbe costando l’!% del Pil.

Il ministro ha esordito sottolineando innanzitutto l'esplosione di richieste di indennizzo per i processi troppo lenti, passate dalle 3.580 del 2003 alle 49.596 del 2010. Nel solo 2011, infatti,  lo Stato ha dovuto spendere ben 84 milioni di euro per risarcire i cittadini che si sono appellati alla cosiddetta legge Pinto, che disciplina il ricorso straordinario in appello qualora un procedimento giudiziario ecceda i termine di durata ragionevole di un processo secondo i criteri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.

E, sempre nel 2011, lo Stato ha elargito risarcimenti per 46 milioni di euro a quanti hanno intentato causa, a ragione, per ingiusta detenzione o errore giudiziario, col risultato che solo per i rimborsi dell’anno appena trascorso se ne sono andati in fumo 130 milioni di euro. Tutto perché, secondo i dati elaborati da via Arenula, in Italia i processi da smaltire sono un’infinità e prima che questi vengano conclusi possono passare oltre sette anni per il civile e quasi cinque nel penale.

Il sistema carcerario poi, se possibile, va anche peggio: "Sento fortissima - ha detto il ministro - la necessità di agire in via prioritaria e senza tentennamenti per garantire un concreto miglioramento delle condizioni dei detenuti". Aldilà dei dati numerici comunque aberranti -sono 66.897 i detenuti che soffrono modalità di custodia francamente inaccettabili per un paese come l'Italia - secondo il Guardasigilli "siamo di fronte a un'emergenza che rischia di travolgere il senso stesso della nostra civiltà giuridica, poiché il detenuto è privato delle libertà soltanto per scontare la sua pena e non può essergli negata la sua dignità di persona umana". Ma di amnistia o revisione di leggi affolla carcere come la Bossi-Fini o la Fini-Giovanardi, non se ne parla proprio.

Fatti i conti del “disastro giustizia” e assolto il suo dovere di esimia tecnocrate, Paola Severino è comunque riuscita nel miracolo di mettere d’accordo Pd, Pdl e Terzo Polo: un avvenimento che, per quanto riguarda il tema della giustizia, non si verificava da quasi 18 anni e con 424 sì, 58 no e 45 astenuti la Camera ha approvato la risoluzione unitaria presentata dai tre partiti che fino a tre mesi fa si scannavano sui processi e che oggi, di fatto, costituiscono la maggioranza del governo Monti. E il segreto del successo della Guardasigilli sta proprio nell’aver eliminato dal piatto tutti i possibili punti di attrito politico.

Nella relazione della Severino mancano infatti le leggi ad personam berlusconiane - cancellazione del falso in bilancio e prescrizione breve tra tutte - e gli effetti catastrofici che hanno avuto sulla macchina della giustizia, così come non c’è il minimo accenno a riforme delle norme sulle intercettazioni o sul funzionamento dei processi, a interventi per allungare o accorciare i tempi della prescrizione, alle tensioni tra toghe e politici, alla terzietà del giudice o alla riforma della professione forense.

Il suo è stato solo un lungo excursus sulle deficienze del settore, sulle carenze del sistema e sulle difficoltà che si possono incontrare nel difficile rapporto cittadino-tribunale: la fiera dell’ovvio, una mera constatazione del fatto che, allo stato attuale, le cose così non vanno.

Quello scarno “visto, si approvi” in calce alla mozione unitaria di Pd, Pdl e Terzo Polo, non può dunque significare altro che la precisa volontà di non dividersi, di non spaccare una maggioranza tanto composita quanto assolutamente di facciata e di certo funzionale più al centrodestra di Berlusconi che al centrosinistra di Bersani.

Perché a voler scrivere un documento, anche breve, ecco che il Pdl chiederebbe di infilarci dentro le intercettazioni, il processo breve e quello lungo mentre, dall’altra parte, il Pd si vedrebbe costretto a chiedere che non solo non si parli d’intercettazioni ma, come ha detto Donatella Ferranti in aula, che si dica che proprio per colpa di quelle leggi adesso “le carceri esplodono”.

Che il mandato della Severino non darà avvio alla stagione delle grandi riforme sulla giustizia lo sanno anche i muri, così come è ormai pacifico che gli obbrobri legislativi escogitati per mettere Berlusconi al riparo dai giudici rimarranno al loro posto. Dire che questa è “l’ennesima occasione mancata”, comincia a diventare il ridondante refrain dell’esecutivo Monti.

 

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