di Carlo Musilli

"Mi fanno ridere. Arriva un altro, ma poi cosa fa? Ma va'...". Dopo giorni di silenzio, Silvio Berlusconi torna a parlare, ostentando sicurezza di fronte alla sola idea di un governo diverso dal suo. Eppure, arrivati a questo punto, non passa giorno senza che qualcuno evochi la fine del Cavaliere. E non dalle file dell'opposizione, che pure ripete ossessivamente il mantra delle "dimisisoni" o del "passo indietro", ma dagli stessi banchi della maggioranza.

Dopo l'allusione di Giulio Tremonti, che ha sottolineato i positivi effetti economici portati alla Spagna dalla convocazione di elezioni anticipate (suscitando la furia del premier, stando al pittoresco resoconto di Giuliano Ferrara), oggi a parlar chiaro ci ha pensato Umberto Bossi. Se qualche giorno fa il Senatùr aveva detto di "vedere lontana" la scadenza naturale della legislatura, che arriverebbe solo nel 2013, stavolta ha scelto di essere ancora più esplicito. "Mi sembra obiettivamente complicato" arrivare in fondo, ha ammesso il leader del Carroccio, specificando poi di aver "sempre detto che è meglio votare prima", perché "è difficile spennare la gente e poi farsi votare, meglio andare al voto prima".

Mentre era impegnato a schivare colpi di questo genere da parte del fuoco amico (ripetendo, come sempre, che l'Esecutivo reggerà "fino al 2013"), oggi Berlusconi è riuscito anche a prodursi in una delle sue esternazioni più tipiche. Su due binari: da una parte il messaggio politico, dall'altra il diversivo mediatico. Ovviamente si è parlato di più del secondo, l'immancabile battutaccia da bar con cui il Cavaliere ha suggerito la possibilità di ribattezzare il suo partito "Forza Gnocca". La solita robetta pruriginosa che non meriterebbe alcun commento. Eppure l'hanno commentata tutti. Ci sono cascati tutti. L'opposizione ha tirato su una bagarre di commenti, dichiarazioni e comunicati stampa per deplorare con censorio sdegno cotanta irrispettosa volgarità.

Intanto il premier aveva detto una cosa molto più interessante. E cioè che invierà al Consiglio superiore di Bankitalia l'indicazione decisiva sul nome del nuovo governatore entro il primo novembre. Non una grande sorpresa, visto che quello è l'ultimo giorno utile prima che l'attuale numero uno di via Nazionale, Mario Draghi, si trasferisca a Francoforte per guidare la Bce. Eppure ha un significato. Berlusconi ha preso tempo, come a dire che in questo momento le priorità sono altre. In sostanza, sembra che il Cavaliere voglia tornare sull'argomento soltanto dopo aver chiuso la partita del decreto sviluppo, che arriverà in Aula fra 13 e 14 ottobre.

E' quello il provvedimento più atteso dall'Europa, dai mercati e soprattutto dal mondo imprenditoriale italiano. Se il premier riuscisse, grazie alle nuove misure, a riscuotere apprezzamenti internazionali, ma soprattutto a siglare una tregua con Confindustria, placando le ire di un'Emma Marcegaglia mai così agguerrita, allora si potrebbe presentare con tutt'altro spirito alla sfida finale sul nome del nuovo governatore. E con tutt'altre carte da giocare. A quel punto potrebbe forse nominare un uomo diverso da Vittorio Grilli, il candidato tremontiano, evitando anche le dimissioni del ministro dell'Economia. Certo, anche lui dovrebbe rinunciare all'investitura che vorrebbe, quella di Fabrizio Saccomanni, per virare definitivamente su un terzo nome (nelle ultime ore il più verosimile sembra essere quello di Domenico Siniscalco). Un prezzo che vale la pena di pagare pur di evitare lo strappo e mantenere in piedi la leadership. Almeno per ora.

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