di Mariavittoria Orsolato

La fronda finiana che da tempo si poteva dedurre tra le righe dell’empio dibattito politico, è esplosa la scorsa settimana nel battibecco in diretta tv tra i due padri putativi del partito del predellino. Nemmeno dieci giorni e la prima testa a rotolare nel Transatlantico di Montecitorio è proprio quella di Italo Bocchino, ormai ex vice-capogruppo Pdl alla Camera, nonché primo nella lista nera berlusconiana emanata in quello che, secondo tradizione, potrebbe essere ribattezzato l’editto di Roma.

Colpevole con le sue affermazioni di “aver esposto il partito del premier al pubblico ludibrio”, Bocchino è stato coattato alle dimissioni ed è ora dato in pasto alle dichiarazioni virulente dei suoi colleghi di partito. “Ha chiesto la mia testa - lamenta l'esponente finiano - c’è stata una direttiva di Berlusconi durante Ballarò che chiedeva la mia testa. C'è un evidente tentativo, da parte di Berlusconi in prima persona, di arrivare a un'epurazione mia per colpire l'area a me vicina” ha detto Bocchino sfogandosi con i cronisti alla Camera.

Che il giovane delfino di Fini avesse alzato la cresta in più di un’occasione lo hanno visto e sentito tutti negli ultimi mesi, ma è stato probabilmente l’ennesimo scivolone della maggioranza sull’arbitrato ad esacerbare una situazione già tesa più di una corda di violino. Lo scorso martedì sono iniziati a Montecitorio i lavori di discussione sugli emendamenti al ddl sul lavoro e se “per un punto Martin perse la cappa”, qui per un voto (225 favorevoli e 224 contrari) la possibilità di utilizzare l’istituto dell’arbitrato nella risoluzione delle controversie sul licenziamento è stata definitivamente accantonata.

L’emendamento a firma Pd, su cui il Governo è stato battuto, riguarda il comma 9 dell’articolo 31 e stabilisce che l’eventuale ricorso alla figura stragiudiziale dell’arbitro possa essere usata solo nel caso in cui la contese siano già in atto e non in quelle che “dovessero insorgere”, come voluto dal testo originale tanto caro al Governo e a Confindustria. Viene perciò ulteriormente ridimensionata l’utilità effettiva dell’arbitrato, che ora non ha più ragione di esistere all’interno di un’eventuale clausola compromissoria in sede di stipula del contratto: un ottimo risultato per i lavoratori, un tremendo autogol per la maggioranza.

A incidere in modo decisivo sul risultato finale è stata, infatti, la defezione di ben 95 deputati in forza al Pdl, che secondo il deputato della libertà Giancarlo Lehner - protagonista addirittura di uno scontro fisico con l’ex An Antonino Lo Presti - è stata dovuta solo ed esclusivamente ad una trappola della fronda finiana, decisa ormai ad affondare ogni tentativo di riforma della maggioranza berlusconiana.

Per quanto la cosa possa apparire plausibile nel quadro confuso di questa lotta fratricida - che di solito colpisce più volentieri a sinistra che a destra - è difficile vedere questa plateale sconfitta sul ddl lavoro come un’imboscata degli ex An, anche se per il capogruppo Pd alla Camera, Dario Franceschini, “quasi cento deputati di maggioranza assenti su una norma così importante non sono mai un caso”.

Così deve averla pensata anche Padron’ Silvio, che non ha esitato a telefonare all’ormai ex alleato Bocchino intimandogli “farai i conti con me”. Detto fatto: il fedelissimo di Fini è stato ostracizzato ed ora la sua unica funzione è quella di monito vivente a chiunque, da ora in poi, decida di uscire dal seminato preposto dal premier e dai suoi grevi fedelissimi. Se è vero che, come ha affermato Berlusconi nella recente cena con i senatori a palazzo Grazioli, “la fedeltà degli alleati verrà misurata all’interno delle aule Parlamentari”, allora è bene che l’ala finiana si prepari: il partito dell’amore si trasformerà definitivamente in quel Comitato di Salute Pubblica che nella Francia rivoluzionaria mozzò tante teste quante riucì a scovarne. In tutto questo bailamme c’é però una nota positiva ed è rappresentata dal fatto che, a oggi, non sia solo più l’opposizione a sperare che Berlusconi faccia la fine di Robespierre.

 

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