di Rosa Ana De Santis

La lezione arriva. Non poteva tardare. Mentre cresce l’imbarazzo nel cenacolo dei fedelissimi, spiccano l’esorbitante compito di Ghedini, il difensore, e il lavoro commovente di Bonaiuti che smentisce tutto, comunicato dopo comunicato. Si parla di privato piccante, osceno, fuori le regole. Di una figura istituzionale sempre meno credibile, sempre più ricattabile. Salta il confine tra pubblico e privato quando le feste dentro il cortile di casa irridono con il ghigno di un potere smisurato i principi del pubblico costume. Salta quando la propria carica istituzionale diventa lo strumento o la copertura o l’alibi - che dir si voglia - per fare qualsiasi cosa, senza il rispetto della legge, né il dovere del contegno. Un rigore anglosassone che sappiamo bene non appartenere all’indole del nostro capo di governo e che finora è stato risolto con allegri “no comment” ogni volta in cui si rischiasse di dover rispondere nel merito all’opinione pubblica. Invocando la retorica dell’uomo vicino alla gente comune, del pigmalione da villaggio vacanze, del papi premuroso vicino alle fanciulle a caccia di carriere. Forse un po’ troppo vicino. La sensazione è che dopo la frequentazione delle minorenni non potrà funzionare la stessa irriverente disinvoltura con cui Berlusconi ha rifiutato ogni risposta e ogni chiarimento davanti ai cittadini, snocciolando dal mieloso Vespa liste di cifre e ricordi da nonno felice. Proprio non basterà. Dopo le ninfette, arrivano le donne adulte - come la Patrizia D’Addario - pagate, così dice, per allietare i banchetti a Palazzo Grazioli. Non una casetta nascosta per le tresche private, ma la sua ufficiale dimora romana. Una residenza ufficiale del Capo del Governo, su cui sventola la bandiera italiana, non le ville tronfie di tutti i luoghi. Una commistione senza pudore che porta il capo del governo a trascinare, per sua stessa mano, la propria immagine nell’intreccio delle soddisfazioni erotiche private.

Poiché siamo ormai tutti un po’ anestetizzati alle stranezze del premier, presentate sotto il titolo dell’esuberanza e dell’originalità comunicativa, basterebbe immaginarsi feste a pagamento al Quirinale, dimora ufficiale del Presidente della Repubblica per rendersi conto della gravità di quello che accade alla storia politica di questo Paese. La sensazione è che se facessimo questo esercizio mentale proprio non riusciremmo a trovarli fatti poco gravi o poco scandalosi.

Nel frattempo avanza la tesi del complotto e all’orizzonte compare l’immagine sinistra di un D’Alema che ordisce tranelli. Un’immagine, va detto, che ha ormai annoiato un po’ tutti, soprattutto a sinistra. Per qualcuno parla di scosse giuridiche, forse riferendosi all’autunno del Lodo Alfano. Per altri ha a che fare con le notizie sul sexy-gate. Capezzone rivendica il diritto della privacy violata del premier. Gianfranco Rotondi, Ministro per l’attuazione del Programma di Governo, non ha dubbi che si tratti di un’architettura politica per distruggere Berlusconi, una manovra che non esita a definire degna della “migliore tradizione della fogna da cui la manovra proviene”.

Berlusconi dice di essere spiato e pedinato incendiando la dialettica politica sui temi della democrazia e della sua solidità. Il PD a fronte di dichiarazioni così gravi, se fossero vere, chiede ai Servizi di riferire in Parlamento su questo. Ma poco dopo arriva Bonaiuti a dire che quelle frasi Berlusconi non le ha mai proferite. Invenzioni dei giornali, virgolettati falsi. Lo smarrimento di un caso così grave, secondo De Magistris, supererà quello che il caso Lewinsky provocò nella politica statunitense. Qui si parla di “induzione alla prostituzione, di minorenni, di voli di Stato”. Inchiesta archiviata, quest’ultima, perché gli artisti delle festicciole erano sempre accompagnati a bordo. Ma quei voli - é il caso di ricordarlo, per i sollazzi privati - comunque ci sono stati e comunque risultano tremendamente aumentati rispetto agli anni passati.

Il tema della prostituzione diventa ancor più ingombrante e, proprio per bocca dello stesso Ghedini, quando si dice che il nostro capo di governo, uomo ricco di denari che non avrebbe bisogno di pagare donne, anche qualora lo avesse fatto non sarebbe perseguibile in quanto “utilizzatore finale”. Spiegazione tecnico-giuridica degna di un caso da manuale. Non sarà quella che chiamano excusatio non petita? E poi non era proprio questo governo, per opera del ddl Carfagna, a volere punizioni anche per i clienti con ammende e detenzione da 5 a 15 giorni? Anche Ghedini affoga nella maldestra rincorsa delle affermazioni e delle smentite. Berlusconi non dice nulla mentre tutti all’arrembaggio si muovono a difenderne la posizione e gli argomenti. Quelli che poi, appunto, non avrebbe mai detto.

Quando il caso diventa bollente gli imbarazzati della maggioranza si prodigano a ricordare l’agenda di palazzo. Il Palazzo deve sopravvivere al “gossip”. L’imminente G8, ricorda Bocchino, i terremotati e il nuovo viaggio in sordina del premier che per la prima volta in terra d’Abruzzo non incontra la stampa. Fini che sceglie l’angolo più buio della sala per non dover dir qualcosa sull’accaduto. Anche la Chiesa si fa sentire e, dalle pagine di Avvenire i vescovi, con un editoriale, invitano il premier a fare chiarezza, a rispondere nel merito, non solo agli avversari, ma a tutti i cittadini. “Colpo su colpo”, proprio come avrebbe promesso lui. Non vince in originalità il nostro Premier.

La miscela di storielle poco onorevoli di tanti nostri parlamentari la cronaca ce le aveva già regalate. Salvatore Sottile, ex portavoce di Fini, condannato nel caso Vallettopoli. Auto di servizio e ufficio della Farnesina erano la location di svaghi privati insieme a Lady Briatore, allora solo Elisabetta Gregoraci. E poi come non ricordarsi dello sventurato Cosimo Mele, costretto alle dimissioni dal partito - non da deputato - per non coinvolgere l’UDC nello scandalo del festino hard e della donna colta da malore, forse per la cocaina? E il ridicolo tentativo di spiegazione per la moglie lontana, il cui tradimento – determinato dalla lontananza- poteva rischiare di diventare un aumento di stipendio a carico di tutti per il ricongiungimento familiare o erotico che dir si voglia?

Se il caso Berlusconi conta, a quanto pare e a quanto dovrà essere confermato, in quantità e gravità fatti che vanno bel oltre questi, l’idea è che non si potranno usare diverse unità di misura e che anzi, trattandosi del Presidente del Consiglio, la severità di giudizio sia d’obbligo. Direttamente proporzionale al potere che si ha e che si esercita. L’idea è che la violazione della legge e l’utilizzo di tutto ciò che investe il proprio ruolo per ottenere altro e fare altro non sia più liquidabile con la rivendicazione del privato. Non vale per l’uomo comune, figurarsi per l’uomo di Stato.

Non è difficile capire quanto il nostro Premier possa essere sinceramente stupito degli effetti collaterali. Non gli appartiene la devozione allo Stato e del resto il talento di gestire la res publica come “cosa sua” è ciò che l’ha spudoratamente portato fin qui. Il confine è stato ampiamente superato, proprio da lui, finora in mille altri modi e a convenienza, senza pagare prezzo. Nel totale oblio della coscienza popolare. Va ricordato. E il delirio di onnipotenza potrebbe essersi trasformato in un boomerang.

L’idea che prende forma, forse per la prima volta, è che la parabola politica di Berlusconi potrebbe crollare sulle sue stesse origini. Imploderà, forse, prima ancora che arrivino i nemici o presunti tali. L’ascesa al ruolo di governo come una scalata al vertice aziendale, l’arroganza e l’inappropriatezza di un’interpretazione teorica e pratica del pubblico come teatro personale di scena e affari, crolla su stessa. E Berlusconi perde. Non in Parlamento e da uomo pubblico, che non è mai stato. Ma uscendo dalla porta di servizio che lo separa dal mondo delle televendite e delle miss. Lì da dove era entrato.

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