di Mariavittoria Orsolato

In 15 anni aveva sempre avuto altro da fare. Il week-end in Sardegna (2002, 2003 e 2005), il tour del preziosissimo “chansonnier ad personam” Apicella nel 2004; nel lontano 1994 era addirittura impegnato a far dir messa nella sua cappella privata di villa San Martino, poi il lavoro e le beghe coi comunisti e i brindisi a palazzo Grazioli con il vecchio e nostalgico amico Ciarrapico. Sarà che i comunisti ormai sono letteralmente dissolti, sarà che la Sardegna - dopo l’annuncio improbabile di voler spostare il G8 a L’Aquila - non ne vuol sentire proprio parlare di capatine del premier, ma questo 25 aprile il presidente del Consiglio ci omaggerà della sua istituzionale presenza alle celebrazioni per la Liberazione dal nazi-fascismo. Lo farà ad Onna, il paesino abruzzese praticamente cancellato dal sisma dello scorso 6 aprile e che nel 1944 fu scenario dell’eccidio di 17 civili per mano dei nazisti. Lo farà assieme all’ex amico Casini e allo sbiadito rivale Franceschini. Ed è stato proprio quest’ultimo ad invitare Berlusconi a partecipare alla ricorrenza, probabilmente sperando in cuor suo che il premier ci regalasse la solita defezione di circostanza. Non pago di aver praticamente monopolizzato l’etere e il proscenio politico per un mese - dalla fondazione del Partito del Predellino, alle figuracce del G8 inglese fino alla tragedia abruzzese - il nostro instancabile primo ministro ha deciso quello del 25 aprile è un appuntamento da non perdere, soprattutto con gli elettori.

Sorge spontaneo chiedersi come mai, dopo 15 anni di onorato sdegno di fronte al ricordo della Resistenza, Silvio abbia cambiato idea. La versione ufficiale, compilata personalmente dal menestrello di corte Sandro Bondi, rigorosamente sul Giornale di famiglia, recita: “In questo sessantaquattresimo anniversario del 25 Aprile, lo scenario culturale e politico, non solo dell’Italia, è profondamente cambiato. Il Parlamento Europeo ha approvato il 2 aprile 2009 la Risoluzione che sancisce l’equiparazione di comunismo, nazismo e fascismo. Anche da questo ¬- continua il sommo poeta - si avverte sempre più viva la necessità di un ampio coinvolgimento delle istituzioni per rendere possibile la più larga e libera partecipazione alle celebrazioni della festa della Liberazione”.

Insomma, adesso che anche i comunisti sono stati ufficialmente equiparati ai fascisti e ai nazisti, finalmente si può celebrare il 25 aprile senza alcuna remora. Ma in realtà tre sono le probabili risposte al dilemma che ci pone Berlusconi. La prima è che ormai i “rossi” non esistono più e non c’è perciò più ragione per intestardirsi sull’affermazione dell’anti-comunismo: quella bruttacopia di opposizione che ci ritroviamo - nostro malgrado - ad avere alle Camere, non è più quella che fischiava i Guazzaloca o le Moratti di turno, non è nemmeno quella che buttava le monetine addosso agli sventurati centrodestrorsi che si affacciavano timidamente ai cortei dei veterani partigiani.

Magari La Russa ci resterà male e sarà costretto a farsi un giretto a San Babila con fez e camicia bruna, (Predappio proprio non sarebbe il caso, via) ma d’altro canto, per chi ambisce al Quirinale, impossibile continuare a disertare la festa fondativa della dignità d’Italia, soprattutto dopo che Napolitano ha dato lezioni si storia e di decenza. Recarsi in Abruzzo è poi un buon modo per non prendere fischi e per prendere voti, certo; ma soprattutto è un ottimo sistema per appropriarsi (come al solito) della scena mediatica, riducendo una volta di più Franceschini e il Pd ad una sorta di variante grigia della comunicazione politica. E rappresenta anche una possibilità di dare un’ulteriore spallata alla storia italiana ed alla sua memoria, ribadendo con la sua presenza la compatibilità del suo governo con i nostalgici di Salò che tiene molte telecamere addietro l’opposizione che della Resistenza - e del suo rigore - pare avere poca nostalgia.

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