di Rosa Ana De Santis

Scuole di partito pluriennali, studio dei classici della filosofia o dell’economia, impegno nelle sezioni, scuola e lotte studentesche, nottate al ciclostile e picchetti, associazioni civili e petizioni, cos’erano? Qualunque cosa fossero, ormai sono parte di un corredo al curriculum che non serve più. Le regole per debuttare nella politica, al pari di una prima di varietà da sabato sera, sono altre e le stabilisce il Presidente del Consiglio. E’ sufficiente un corso intensivo nella sede del PDL, già Forza Italia, con due maestri d’eccellenza: Frattini, Ministro degli Esteri (noto anche per averci aggiornato con regolare puntualità sulle vicissitudini sentimentali che l’hanno legato alla bella dermatologa) e Mario Mauro, vicepresidente dell’Europarlamento. Qualche grafico, una breve storia del partito unico, tabelle sull’audience e la propaganda azzurra, kit della candidata e via. Le alunne sono belle donne, tutte amiche del capo: questi i due criteri fondamentali che le accomunano. Poi, ovvio, vengono dalla televisione. Tra le aspiranti eurodeputate c’è Eleonora Giaggioli, che viene dalla terza edizione della fiction Elisa di Rivombros; Camilla Ferranti, dalla decima edizione di Incantesimo; Angela Sozio, la rossa boccolosa partecipante alla terza edizione del Grande Fratello già fotografata mentre studiava politica nei giardini di Arcore. E poi ancora Barbara Matera, concorrente di Miss Italia e annunciatrice. Devono essersi convinte dopo aver visto la veloce scalata al governo della loro collega Mara, ora Ministro delle Pari Opportunità, che partiva con un curriculum televisivo decisamente più sguarnito del loro. Oppure si saranno ispirate al passato glorioso di star nostrane, pioniere della politica al femminile di Silvio: Iva Zanicchi, Carlucci o Gardini. Deve averle convinte lui, affabulatore seduttivo delle sue donne e della scena politica italiana. Esportatore delle reti televisive in Parlamento, organizzatore di casting per le elezioni.

Quante cose contenga questa scelta del premier è piuttosto semplice da capire. Per iniziare, una interpretazione della politica costruita sulla sapiente miscela di dilettantismo e devozione all’immagine, dove l’impreparazione può essere supplita da nemmeno troppo talentuosi espedienti da avanspettacolo e tanta capacità da improvvisazione. Il vero maestro in questo senso è proprio lui, Silvio Berlusconi, che dell’immagine e dell’ascendente che questa esercita sul pubblico nostrano, è un sapiente intenditore. Gli anni in cui ha adescato la platea con le sue televisioni e i loro deliziosi palinsesti lo confermano chiaramente.

Per le donne la valigia del mestiere è piena di mille altre veloci soluzioni. Perché no un calendario di bellone eleganti per la solidarietà, una Miss Parlamento per alleggerire la tensione, una formazione di bellissime che incolli gli italiani alla tv con un tifo che ricordi quello di Amici o del Grande Fratello, per fare un esempio. In fondo, sotto il profilo dei contenuti ci siamo: ad un capo che parla di donne, soldi e calcio, servono esponenti corrispondenti.

Se un partito senza storia, costituitosi intorno agli affari di un uomo - svegliatosi un bel giorno candidato ad essere premier - fondato su cognomi come Previti e Dell’Utri, raccoglitore di storie politiche riciclate dalle macerie di partiti collassati dopo Mani Pulite, è riuscito a stravincere, a cancellare l’opposizione, a piacere agli spettatori-elettori, il gentil sesso del partito avrà senza dubbio la strada in discesa. Chissà se i corsi saranno sulle strategie di governo, con qualche aggiornamento sugli ultimi successi in materia tributaria o di relazioni esterne, o se sarà necessario tornare a qualche lezione di cultura generale.

Certo è che Berlusconi sarà il migliore dei maestri su come si deve comunicare per vincere, prima ancora di tornare a votare. C’è da imparare. Lui potrà insegnare come trattare le questioni politiche alla maniera degli spot, livellando gli elettori alla platea dell’audience, traducendo l’emotività con i gesti del populismo. Ma soprattutto, le letteronze o troniste, veline o altro di peggio, capiranno come in un Parlamento dove su nulla di deve ragionare, perché su nulla si deve decidere, come loro siano fondamentali. Il loro compito verso il Paese è questo: premere il bottone a richiesta. Punto.

E’ molto più amara la scena dietro le quinte del master in politica azzurra. E’ l’abbassamento di livello della politica, di chi la fa e dei modi in cui è scelta e vissuta. Di chi entra nelle sedi sacre dello Stato senza aver consumato un momento autentico di esperienza e conoscenza della legge e della storia, della militanza e della vita di un partito. La politica ridotta nemmeno a mestiere, ma a pantomima mediatica, il collocamento alternativo di showman e ballerine dove la nota deprimente non è nella libertà che ciascuno ha di scegliere un percorso e di abbandonarle un altro. Dove la ferita sta proprio nel non fare alcun percorso, nel togliere il perizoma ostentato in pubblico e indossare giacca e pantaloni per diventare deputato, nell’inventarsi un’idea e una collocazione in Parlamento come fosse una sigla di chiusura o un gioco a premi.

Per ora il corso si rivolge alle eurodeputate, lì dove siamo soliti collezionare figure non proprio di buon gusto e di capacità politica. Arriveranno le pupe a rimediare. L’Italia è già colonia della sua TV. L’amnesia è in corso e la politica, quella di una volta, è diventata già una lezione noiosa e superata. I manuali vanno scritti daccapo, i partigiani sono diventati gentili signori anziani, il Parlamento accoglie i disoccupati delle reti e mentre qualche velina disoccupata magari ci sta pensando e forse cederà alla seduzione paterna del Cavaliere, questo Paese perde una storia istituzionale per una gustosa soap a puntate.

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