di Nena news

I tamburi di guerra hanno rullato con forza ieri al confine tra Libano e Israele lasciando intravedere quel nuovo conflitto tra i due paesi del quale si parla da tempo e che, secondo diversi analisti, potrebbe anticipare o essere parallelo all’attacco israeliano contro le centrali atomiche iraniane. La preparazione alla nuova guerra in Medio Oriente prosegue mascherata dagli accordi che Tel Aviv e Washington continuano a stringere nel settore strategico della difesa antimissile. L’ultimo è stato reso noto martedì.

Il ministero della difesa israeliano, rappresentato dall’ammiraglio Ophir Shoham, e il generale Patrick J. O’Reilly a nome del Dipartimento di Stato Usa, hanno firmato un accordo per lo sviluppo congiunto del sistema anti-missile ad alta quota Arrow-3 che permetterà a Tel Aviv di intercettare fuori dall’atmosfera terrestre i missili balistici a lunga e media gittata, di fatto l’unica arma in possesso dei paesi arabi per colpire Israele in caso di conflitto e dell’Iran per rispondere ad un attacco israeliano contro le sue centrali nucleari.

L’Arrow-3 rappresenta uno degli anelli fondamentali del sistema di difesa integrato anti-missile e anti-razzi che Israele e Stati Uniti continuano a sviluppare in Medio Oriente. Nelle scorse settimane Tel Aviv aveva annunciato l’operatività dell’Iron Dome (Cupola di Ferro) contro razzi di diverso calibro, che verrà dislocato a partire da novembre grazie anche ai 205 milioni di dollari messi a disposizione dal Congresso Usa su richiesta del presidente Barack Obama (un aiuto straordinario oltre i 3 miliardi di dollari che Washington versa annualmente a Israele).

Israele si prepara a schierare l’Iron Dome a nord, al confine con il Libano, e a sud nei pressi della Striscia di Gaza. Il sistema sorveglierà città fino a 120 mila abitanti per mezzo di missili che, guidati da un radar di ultima generazione, potranno intercettare e distruggere in volo «razzi-ostili», entro un raggio di 5-70 km. Una protezione di eccezionale importanza per Israele se si tiene conto che nel 2006, quando Tel Aviv attaccò in Libano, Hezbollah fu in grado rispondere colpendo l’intera Galilea con circa 4mila razzi katiusha.

Le perdite civili furono minime di fronte all’elevato numero di razzi piovuti nel nord del paese (i libanesi uccisi dai bombardamenti invece furono 1.200) ma i riflessi psicologici furono devastanti, con un milione di cittadini israeliani che abbandonarono le loro case per spostarsi nelle zone centro-meridionali del paese. Israele ha avviato la sperimentazione anche di un terzo sistema anti-missile/anti-razzo del quale al momento si sa poco ma che potrebbe diventare operativo già nei prossimi mesi.

Tel Aviv nel frattempo continua a lanciare avvertimenti sul ruolo dell’Iran nella regione, lasciando intendere che non esiterà, se lo riterrà necessario, ad usare la forza militare contro Tehran. Un editoriale apparso ieri sul quotidiano Haaretz, considerato il più autorevole di Israele, mette in guardia che il progressivo ritiro delle forze Usa dall’Iraq - Obama ha confermato che alla fine di agosto saranno ridotte a 50mila soldati - rappresenta una «minaccia» per la sicurezza di Israele ma anche dell’Arabia Saudita e della Giordania (paesi arabi «moderati» nei confronti dello Stato ebraico e alleati degli Usa).

Secondo Haaretz l’assenza di un nuovo governo iracheno e l’evidente debolezza del potere esecutivo in Iraq offrirebbero ampio spazio di manovra all’Iran che appoggia i due principali candidati alla carica di premier Nouri al-Maliki e Iyad Allawi. Baghdad, prosegue il quotidiano israeliano, senza l’occupazione Usa, aderirà all’«asse pro-Iran», con Siria e Turchia, e rappresenterà una minaccia anche per Arabia saudita e Giordania. Il primo ministro israeliano Netanyahu, conclude Haaretz, ha già espresso i suoi «timori» al Segretario alla difesa americano Robert Gates circa «l’emergenza proveniente dal nuovo fronte orientale».

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