La macchina della propaganda americana sembra essersi messa in movimento questa settimana per confondere le acque in merito al sabotaggio dei gasdotti Nord Stream (1 e 2) sul fondo del Mar Baltico a fine settembre 2022. L’offensiva mediatica punta a screditare la tesi proposta dalla rivelazione di Seymour Hersh di inizio febbraio, che attribuiva la responsabilità dell’esplosione direttamente alla Casa Bianca. Il New York Times ha aperto la campagna di disinformazione martedì con la pubblicazione di una “esclusiva” nella quale vengono citati i soliti anonimi funzionari governativi per spiegare che l’operazione sarebbe stata condotta da un non meglio definito “gruppo filo-ucraino” non collegato al regime di Zelensky.

 

L’articolo di Hersh era stato accolto da un silenzio quasi assoluto della stampa “mainstream”, ma era circolato rapidamente in rete e sui media indipendenti, alimentando un dibattito piuttosto acceso e generando pressioni sul governo americano e i presunti complici dell’operazione. Allo stesso modo, le richieste russe per un’indagine indipendente stanno raccogliendo consensi anche nell’opinione pubblica occidentale, in particolare in Germania, vittima principale dell’attentato al Nord Stream. Ciò che serviva urgentemente era dunque una versione alternativa che esonerasse gli Stati Uniti e i loro alleati dalla responsabilità dell’atto terroristico. Come di consueto, il New York Times si è mostrato disponibile a svolgere il ruolo decisivo dell’operazione di propaganda del governo di Washington.

L’articolo parla di “nuove informazioni di intelligence”, analizzate da esponenti dell’apparato di potere USA, che indicano come a posizionare l’esplosivo sulle condutture subacquee fosse un “gruppo” composto probabilmente da individui di nazionalità ucraina o russa. Tra i sabotatori vi erano evidentemente “esperti sommozzatori” che non hanno però agito per conto di servizi segreti o forze armate di un qualche paese. È possibile tuttavia, spiega il Times, che questi specialisti in passato abbiano ricevuto addestramento specifico da un’agenzia governativa. Il fatto che il team venga definito come “filo-Ucraino” lascia comunque intendere l’esistenza di un possibile legame con organi riconducibili al regime di Kiev. Un altro punto che il giornale americano tiene a sottolineare è che nell’operazione non erano coinvolti cittadini americani o inglesi.

Questa ricostruzione appare insostenibile. È infatti praticamente impossibile che una manciata di persone senza collegamenti a organizzazioni governative sia riuscita a raggiungere un’area ultra-sorvegliata per poi immergersi in profondità in maniera indisturbata  e portare a termine un’operazione estremamente sofistica contro un’infrastruttura composta da tubi di acciaio dello spessore di 4 cm e rivestiti da 11 cm di cemento armato.

Altrettanto assurda è un’altra considerazione proposta dal Times. Le informazioni raccolte dall’intelligence USA sarebbero state cioè condivise con i partner europei, con l’auspicio di contribuire alle indagini e arrivare a una conclusione certa sui responsabili dell’attentato. Propaganda a parte, è probabile che i governi europei, a cominciare da quello tedesco, sappiano perfettamente dove cercare gli autori dell’attacco al Nord Stream e, nel caso ci fossero stati dubbi, l’inchiesta di Seymour Hersh aveva fornito l’indicazione della strada da percorrere per fare chiarezza sul caso.

Ancora più probabile è che le informazioni di intelligence citate dal New York Times non esistano affatto. L’articolo è semplice disinformazione per confondere l’opinione pubblica e allontanare i sospetti dalla Casa Bianca. L’impressione che la finta esclusiva pubblicata dal Times faccia parte di un’iniziativa coordinata è avvalorata da un’altra notizia uscita poco più tardi su alcuni media tedeschi.

Il settimanale Die Zeit, la rete ARD e la radio SWR hanno lanciato anch’essi la loro improbabile indagine sui fatti del Nord Stream. In questo caso, sarebbe stato individuato uno “yacht”, intestato a una società con sede in Polonia di proprietà di due cittadini ucraini, che il 6 settembre 2022 aveva lasciato il porto della città nella Germania settentrionale di Rostock con a bordo gli esplosivi e tutti gli equipaggiamenti necessari all’operazione. L’imbarcazione avrebbe in seguito fatto sosta nell’isola danese di Christiansø, appena a nord-est dell’isola di Bornholm, nei pressi della quale il 26 settembre sarebbe avvenuta l’esplosione subacquea.

Dell’equipaggio facevano parte appena sei elementi: il capitano, due sommozzatori, due assistenti, e un medico donna. Le rispettive nazionalità non sono state appurate, in quanto tutti avevano passaporti falsi, utilizzati anche per affittare lo “yacht”. Il mezzo è stato alla fine restituito al proprietario e all’interno di esso gli investigatori sono stati in grado di rilevare tracce di esplosivo. Die Zeit e gli altri due media tedeschi si sono inoltre assicurati di collegare la loro “esclusiva” all’articolo del New York Times, sostenendo che un’agenzia di intelligence occidentale, poco dopo l’esplosione, aveva informato i servizi segreti di un paese alleato che il responsabile dell’attacco era appunto un “commando ucraino”. Anche in questo caso, non sembrano esserci informazioni di nessun genere sui mandanti del sabotaggio.

Il blog indipendente MoonOfAlabama ha rilevato in un post pubblicato martedì che nell’articolo del Times appare per la prima volta in questo giornale un riferimento all’indagine di Hersh. L’accenno è molto breve ed è posizionato solo al 22esimo paragrafo del pezzo, dove la tesi del veterano giornalista investigativo americano circa la responsabilità diretta del presidente Biden viene sbrigativamente liquidata attraverso le smentite ufficiali della Casa Bianca. La citazione è comunque significativa e conferma in qualche modo l’obiettivo della “esclusiva” di questa settimana, ovvero costruire una campagna di depistaggio attorno alla vicenda del Nord Stream dopo lo scompiglio causato da Seymour Hersh.

Qualche commentatore ha fatto notare come l’offensiva coordinata tra il principale giornale americano e i tre media tedeschi sia stata inaugurata pochi giorni dopo il vertice di Washington tra il presidente Biden e il cancelliere tedesco Scholz. I due leader sono stati protagonisti venerdì scorso di un faccia a faccia di circa un’ora a porte chiuse senza la presenza dei membri dei rispettivi staff. È probabile che tra i temi discussi ci sia stato anche l’attacco al gasdotto russo-tedesco, che il governo di Berlino sa evidentemente essere stato con ogni probabilità condotto dall’alleato americano.

L’indicazione da parte del New York Times di un “gruppo filo-ucraino” come possibile responsabile dell’operazione potrebbe avere inoltre implicazioni sui rapporti tra Washington e Kiev. Questo genere di “rivelazioni” deriva solitamente da imbeccate dell’apparato della “sicurezza nazionale” americana, ovvero si tratta di messaggi specifici che la CIA o altre agenzie governative intendono recapitare a determinati destinatari, in patria o all’estero, per mezzo di giornali presumibilmente autorevoli come appunto il Times o il Washington Post.

In quest’ottica, non è da escludere che il messaggio in questione sia diretto a Zelensky, anche perché, in parallelo alla diffusione della notizia sul Nord Stream, è circolato a livello pubblico il parere del governo USA sull’estraneità della Russia nell’attacco al gasdotto. Non ci sono oggi chiaramente indicazioni che il governo americano sia sul punto di scaricare il presidente ucraino, ma va tenuto presente che Zelensky, nonché l’intera fallimentare operazione sul fronte dell’Europa orientale, è diventato un elemento tossico per almeno una parte dell’apparato di potere degli Stati Uniti e nella stessa Europa.

In vista di un possibile tracollo delle forze armate ucraine, vicine a essere travolte nella battaglia per la località strategica di Bakhmut, è plausibile che qualcuno a Washington stia preparando il terreno per “scaricare” Zelensky e il suo regime, liquidandoli come molti altri “fantocci” degli USA negli ultimi decenni per salvare la faccia di fronte a un’umiliazione incassata in qualche parte del mondo. L’attribuzione all’Ucraina della responsabilità della pianificazione dell’attentato al Nord Stream potrebbe avere quindi questo obiettivo, anche se per il momento le accuse appaiono vaghe e indefinite.

In base forse all’andamento della guerra sul campo, nei prossimi giorni o nelle prossime settimane potrebbero arrivare ulteriori “rivelazioni” sul sabotaggio dello scorso settembre, utili non tanto per fare luce sui fatti, quanto per chiarire l’evoluzione delle intenzioni della Casa Bianca sul conflitto in Ucraina e sul traballante regime del presidente Zelensky.

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