Ormai da settimane la stampa italiana dei cosiddetti giornaloni ci bombarda con notizie relative a un presunto piano d’attacco russo in Ucraina. Il fatto che una tale eventualità sia stata nettamente smentita, da ultimo dallo stesso ministro ucraino della difesa, Oleksii Reznikov, il quale ha dichiarato testualmente che “non esiste al momento alcuna minaccia reale di attacco russo”, non porterà necessariamente a un’attenuazione di tale vergognosa campagna di stampa.

Varie sono infatti le forze che hanno interesse a mantenere e, possibilmente aumentare, la situazione di tensione internazionale esistente al riguardo. In Italia abbiamo più che altro a che fare con alcune propaggini teleguidate dai centri guerrafondai, come per l’appunto la grande stampa, con in prima fila “Stampubblica” e il direttore di Repubblica Molinari, la cui nomina è stata ispirata in primo luogo a garantire la compattezza filoatlantica del nuovo supergiornalone nato dalla fusione tra Stampa e Repubblica.

 

E ovviamente quasi tutti i partiti, con in testa il PD, che rispolverano in occasione della corrente elezione del presidente della Repubblica, un bovino atlantismo che spinge addirittura la responsabile esteri del partito appena menzionato, Lia Quartapelle, a scoprire un insospettabile sentimento filorusso in Franco Frattini, che certamente non nutre sentimenti simili e la cui colpa potrebbe essere semmai quella di essere stato un filino meno oltranzista di altri in passato o aver tentato forse in qualche occasione l’uso non autorizzato dell’organo cerebrale, il che costituisce ovviamente un capo d’accusa ben più grave dell’inesistente simpatia per Putin.

Non c’è davvero limite al ridicolo, come si vede. Ma per capire le reali motivazioni di fondo di questa campagna propagandistica che è, come si dirà, estremamente pericolosa, conviene risalire per i fili dalle marionette ai burattinai, andando a individuare questi ultimi e le ragioni che li animano.

L’operazione non sembra presentare particolari difficoltà. Risaliamo infatti agevolmente all’attuale governo statunitense e ai suoi leader, ovvero il presidente Biden e il segretario di Stato Blinken, che da tempo mirano chiaramente a far salire la tensione nell’area indirizzando precisi segnali quali l’invio di truppe aggiuntive e  il ritiro del personale diplomatico da Kiev, nonché un crescendo di minacce di sanzioni di ogni tipo.

Perché Biden e Blinken hanno interesse a incrementare le tensioni colla Russia? Al fondo c’è la situazione di crescente debolezza sul piano interno ed internazionale dell’attuale amministrazione statunitense. Dal primo punto di vista è evidente la crescita dell’opposizione anticostituzionale di Trump, che si accompagna al precipitare di Biden nei sondaggi anche per il fallimento dei suoi programmi economici e sociali, ostacolati anche e soprattutto da talune quinte colonne trumpiste all’interno stesso dei ranghi del Partito democratico.

Dal secondo punto di vista, il declino (non pare opportuno seguire le fini distinzioni di D’Alema che preferisce parlare di “ridimensionamento”) degli Stati Uniti sullo scenario globale è stato squadernato dal ritiro afghano di quest’estate e minaccia seriamente la stessa NATO, un’alleanza della quale in effetti sfugge a quasi tutti la ragione e che comporta, per i Paesi e i popoli europei, solo oneri economici e finanziari crescenti e il perdurare della lamentevole sudditanza politica nei confronti del grande alleato oggi in crisi.

Agitare inesistenti pericoli di guerra costituisce quindi soprattutto uno strumento per ribadire la necessità della NATO e la servitù politica dell’Europa. Le incerte democrazie dell’Est europeo hanno dal canto loro tutto l’interesse a seguire Washington su questo sentiero sdrucciolevole.  Molto meno ne hanno gli stati dell’Europa occidentale, come dimostrato da esitazioni, critiche e tentativi  di proporre soluzioni pacifiche che emanano da Macron e da Scholz. Nel mentre un altro Stato fondatore dell’Unione europea – l’Italia - tace, ribadendo nei fatti il proprio esasperato atlantismo, che ha costituito del resto una, se non la principale, delle ragioni che hanno portato all’insediamento dell’attuale governo Draghi, e che si presenta attualmente come aggravato proprio dalla situazione di latente crisi istituzionale innescata dall’enigma costituito dall’elezione di un degno successore di Sergio Mattarella.

E dire che l’Europa, nel suo complesso, avrebbe tutto l’interesse a riaffermare le ragioni della pace e di una fruttuosa cooperazione con la Russia, da rilanciare, anche con la ripresa degli Accordi di Minsk, chiaramente affossati dall’estrema destra paranazista ucraina, i cui interessi paiono convergere con quelli dell’amministrazione Biden.

Si tratterebbe in buona sostanza di ribadire un deciso No all’accerchiamento della Russia, ponendo rimedio alla violazione degli impegni assunti dai massimi rappresentanti dell’Occidente in occasione della riunificazione tedesca e di rilanciare con Mosca una cooperazione oggi necessaria da tanti punti di vista, non ultimo quello delle forniture energetiche.

Ma l’Europa, come sempre, brilla per la sua assenza e il governo italiano dà un insostituibile contributo a questo nulla assoluto, mentre NATO e Stati Uniti continuano pericolosamente a giocare col fuoco.

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