di Elena Ferrara

Le notizie ufficiali che giungono dalla capitale Conakry puntano ad accreditare la tesi di una “calma carica di tensione”. Ma la realtà è che dietro a questa apparente facciata di silenzio-stampa c’è - forte più che mai - l’incubo di nuovi scontri armati con la permanenza dello stato d’assedio, della legge marziale e di un elevato numero di vittime. La Guinea, quindi, è un paese ancora a rischio, minacciato da una guerra civile già nell’aria. Ed è di almeno undici morti il bilancio degli scontri che nei giorni scorsi hanno opposto a Conakry la polizia ai manifestanti, tornati in piazza dopo le violente proteste del gennaio scorso. Il secondo sciopero generale in due mesi è stato indetto dai sindacati in risposta a quella che considerano l'ennesima provocazione del presidente Lansana Conte', e cioè la nomina del nuovo primo ministro, Eugene Camara, stretto collaboratore del contestato capo dello Stato. La scelta è stata criticata anche dall'opposizione che ha invitato i cittadini a scendere in piazza. E gli scontri del week end hanno provocato almeno 23 morti e una cinquantina di feriti. La situazione precipita, quindi. Con il nuovo premier che avrebbe dovuto essere una figura "neutra", in grado di traghettare il governo di unità nazionale fino alle elezioni presidenziali del 2010. Tutto questo, invece, non avviene. Camara non è certo l'uomo dall'ampio consenso che l'opposizione chiedeva per mettere fine alla crisi politica del Paese. E così, di nuovo, il Consiglio nazionale delle organizzazioni della società civile invita alla mobilitazione ad oltranza, fino a un cambio di rotta dell'esecutivo.
La situazione conflittuale è dovuta alle pesanti difficoltà economiche in cui si trova la stragrande maggioranza della popolazione. C’è stato, negli ultimi tempi, un calo impressionante del livello di vita. E il Paese – “isola felice” se comparato con le vicine Sierra Leone, Liberia e Costa d'Avorio - è ora percorso da forti tensioni sociali e politiche a causa dell'aumento dei prezzi per i generi alimentari di prima necessità. Di qui le ondate di protesta e le mobilitazioni di vasti strati della società.

A fermare il processo di disgregazione socio-ecnomico non sono più sufficienti le pur ricche risorse naturali (la Guinea è il primo produttore mondiale di bauxite). Ogni attività commerciale è praticamente bloccata e la popolazione fa fatica a trovare il cibo e quel poco che è presente sul mercato ha dei prezzi altissimi. Risulta bloccata anche l'esportazione di bauxite, dalla quale si ricava l'alluminio, principale risorsa economica. E lo stallo delle esportazioni ha immediati effetti sui mercati internazionali delle materie prime, mentre la situazione economica si riflette sulla stabilità politica.

Tenendo anche conto che dopo l'indipendenza dalla Francia, raggiunta nel 1958, la Guinea è ancora oggi l'unico Paese dell'area Nord-africana ad aver scelto di non restare sotto la tutela dell'ex-potenza coloniale. Quanto alla situazione del vertice politico-istituzionale c’è da rilevare che l'attuale Presidente - il 72enne generale Conté, succeduto a Sekou Tourè, artefice dell'indipendenza - detiene il potere dal 1984 in seguito a un colpo di Stato. E fino al 1993 non si sono avute elezioni democratiche. Conté ha poi indetto le elezioni ed è stato nominato Presidente di un Governo civile, per poi essere confermato nel 1998 e nel 2003.

E sempre con riferimento alle difficoltà economiche e ai recenti scontri di piazza, si torna ora a parlare di un eventuale e forte sommossa popolare che potrebbe portare anche a sconvolgimenti istituzionali. In un tale “clima di guerra”, le forze dell'ordine e l'esercito - guidati dal capo di Stato Maggiore, generale Kerialla Ca¬mara - non esitano a compiere perquisizioni e arresti in massa. Tra gli obiettivi principali, anche i leader dei sindacati. Ibrahim Foiana, Segretario dell'Unione sindacale dei lavoratori guineani (Ustg) ha già abbandonato il proprio domicilio per trovare riparo in un luogo più sicuro. Medesima sorte per Ben Sékou Sylla, responsabile del Collettivo nazionale delle organizzazioni della società civile (Cnosc). La situazione può riesplodere da un momento all'altro anche perché la popolazione è esasperata per il comportamento dell'esercito, accusato di aver sparato in maniera indiscriminata sui civili inermi e pacifici.

Per mettere fine a questa spirale di violenza e odio, l'Organizzazione guineana dei diritti umani (Ogdh) ha avanzato la richiesta di una commissione internazionale d'inchiesta, “perché quella nominata dal Governo non è indipendente”. Le autorità guineane, infatti, hanno istituito il 31 gennaio 2007 una commissione per fare chiarezza sugli eventi dello scorso gennaio. Ora l’invito alla formazione di una commissione internazionale è arrivato anche dall'Unione Europea e dal Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana (Ua). In una nota ufficiale, quest'ultimo esprime “ferma condanna” per l'uso eccessivo della repressione violenta da parte delle autorità di Conakry.

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