Come un docile subalterno pronto a obbedire agli ordini del proprio superiore, il gruppo di paesi europei firmatari dell’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) si è definitivamente allineato martedì alle posizioni del governo americano. Francia, Germania e Regno Unito hanno denunciato in via ufficiale la Repubblica Islamica per avere violato l’intesa sottoscritta a Vienna nel 2015, aprendo la strada alla reimposizione delle sanzioni e al ritorno a un clima di estrema tensione nei rapporti con Teheran.

Non solo i tre governi hanno rinunciato di fatto a tenere aperto un canale di comunicazione con l’Iran, ma si sono anche nascosti dietro a una retorica fintamente benevola per confondere le acque circa la loro condotta. Nella dichiarazione congiunta, che apre una sorta di “procedura d’infrazione” del JCPOA nei confronti dell’Iran, Parigi, Berlino e Londra affermano cioè di volere salvare l’accordo stesso e di non avere intenzione di partecipare alla campagna di “massima pressione” della Casa Bianca contro Teheran. La loro presa di posizione, al contrario, rende impossibile il primo impegno e inevitabile il mancato rispetto del secondo.

 

L’appello alla diplomazia di Francia, Germania e Regno Unito appare dunque insensato, se non apertamente provocatorio. Nel loro comunicato sono presenti inoltre affermazioni false in merito ai termini del JCPOA e agli eventi degli ultimi venti mesi, ancora una volta allo scopo di occultare le responsabilità di questi paesi nell’imminente tracollo dell’accordo sul nucleare.

La ragione ufficiale della denuncia europea sarebbe da ricercare nelle attività iraniane dei mesi scorsi in “violazione” del JCPOA, ritenute “non reversibili e con implicazioni sul fronte della proliferazione” nucleare. Dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo nel maggio del 2018, il governo della Repubblica Islamica aveva preso legittimamente una serie di iniziative per ridurre i propri impegni stabiliti dall’accordo di Vienna.

Ciò non solo era previsto dal JCPOA in caso di ritiro da esso di uno dei firmatari, ovvero Washington, ma era l’unica strada che Teheran poteva seguire visto che, dopo la decisione dell’amministrazione Trump, l’Iran non ha di fatto più tratto nessun vantaggio dal rispetto dell’intesa. Il 6 gennaio scorso, tre giorni dopo l’assassinio del generale Qasem Soleimani, il governo iraniano ha infine annunciato la cancellazione dei limiti imposti al livello di arricchimento dell’uranio, sia pure salvaguardando la collaborazione con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e nel rispetto del Trattato di Non Proliferazione.

La decisione dei tre governi europei non tiene in nessun conto il tentato affondamento del JCPOA da parte degli USA né l’operazione criminale contro il generale dei Guardiani della Rivoluzione. La loro dichiarazione evidenzia invece soltanto il comportamento dell’Iran, responsabile di avere “abbandonato gli ultimi elementi chiave relativi alle limitazioni a esso imposte dall’accordo”. In maniera scorretta e legalmente inesatta, Francia, Germania e Regno Unito affermano di non riconoscere a Teheran “la facoltà di ridurre l’osservanza delle clausole previste dal JCPOA”.

L’atteggiamento europeo risulta ancora più ipocrita se si considera che le scelte fatte a partire dalla metà del 2018 da Teheran non sono influenzate solo da quanto avvenuto a Washington, ma anche dai mancati impegni proprio dei tre firmatari dell’accordo (EU-3). Questi ultimi, dopo l’abbandono del JCPOA da parte degli USA, avevano promesso di continuare a considerare valida l’intesa, prospettando la creazione di un meccanismo che avrebbe dovuto permettere all’Iran di bypassare le sanzioni americane e mantenere aperti i canali commerciali verso l’Europa.

Gli sforzi europei non avevano portato a nulla per molto tempo, per poi giungere finalmente all’implementazione del cosiddetto “INSTEX”, uno strumento che avrebbe dovuto proteggere le esportazioni iraniane. Questo dispositivo non è però mai decollato, soprattutto a causa dei timori dei governi europei di incorrere nelle ritorsioni americane. Francia, Germania e Regno Unito hanno così assecondato da subito le sanzioni “secondarie” degli USA contro l’Iran e minacciato di riapplicare essi stessi le misure punitive sospese nel 2015 se il governo di Teheran non fosse tornato al pieno rispetto dell’accordo di Vienna.

Con la decisione di martedì, i cosiddetti EU-3 hanno fatto scattare il “meccanismo per la risoluzione delle controversie” previsto dagli articoli 36 e 37 del JCPOA. In base a esso, i firmatari dell’accordo avranno quindici giorni di tempo per trovare una soluzione al problema segnalato. In caso di esito negativo, altre due settimane di negoziati saranno a disposizione dei ministri degli Esteri di questi stessi paesi.

Cinque giorni dopo la scadenza dei termini e in assenza di risultati positivi, uno qualunque dei firmatari avrà la possibilità di rinviare la questione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Se entro trenta giorni non sarà approvata in questa sede una risoluzione contro la reintroduzione delle sanzioni, eventualità di fatto impossibile viste le posizioni americane, le misure sospese nel 2015 rientreranno automaticamente in vigore.

In poco meno di un mese, dunque, la Repubblica Islamica potrebbe ritrovarsi nella medesima situazione di oltre cinque anni fa, esposta cioè a una campagna incrociata di sanzioni, propaganda e pressioni continue, con il rischio ancora più concreto di un’aggressione militare degli Stati Uniti che sarebbe appoggiata in pieno dagli alleati europei.

Per il momento, tutte le attività in ambito nucleare di Teheran restano monitorate dall’AIEA mentre le iniziative prese in questi mesi in “violazione” del JCPOA risultano più o meno facilmente reversibili. Le prospettive non appaiono tuttavia incoraggianti. Malgrado l’impegno formale dei governi europei a cercare una soluzione diplomatica, la realtà dei fatti indica una situazione del tutto diversa.

Per oltre un anno e mezzo, gli EU-3 non hanno saputo resistere alle pressioni USA, fallendo miseramente in tutti i tentativi di tenere in piedi l’accordo sul nucleare e le relazioni commerciali ed energetiche con l’Iran. Viste le circostanze, è evidente che Teheran non avrà nessun incentivo a trattare per tornare al pieno rispetto del JCPOA, tanto più alla luce del precipitare della situazione in Medio Oriente in seguito alle provocazioni della Casa Bianca.

La vigliaccheria dell’Europa rischia anche di creare una spaccatura tra gli EU-3 e gli altri due firmatari dell’accordo di Vienna – Russia e Cina – con possibili pesanti conseguenze in altri ambiti oltre a quello del nucleare iraniano. Mosca e Pechino hanno infatti condannato la decisione europea e, come hanno fatto con le sanzioni americane, continueranno con ogni probabilità e in larga misura a non riconoscere anche quelle eventualmente reintrodotte dalle Nazioni Unite.

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