di Elena Ferrara

L’Italia di Prodi va all’attacco del continente “Cindia”: ora sbarca in India dopo l’ultima tappa cinese del settembre scorso che lo aveva portato all’incontro con il presidente Hu Jintao. Al quale aveva detto: “La vostra economia corre veloce e sarebbero per noi guai seri perdere ancora un altro treno. E comunque arriviamo tardi e dobbiamo correre. Può esserci stato ritardo ma prima di tutto, quando c'è uno sviluppo così multiplo, i treni sono tanti e guai a ritardare ancora”. E così, concluso positivamente quel blitz oltre la grande muraglia, l’attenzione si sposta sull’altra grande metà asiatica dove - dall’11 a 14 febbraio – va in scena il grande spot italiano in una regione che è ormai considerata come la “Silicon Valley” dell’avvenire. Con Prodi ci sono gli uomini della Confindustria (oltre 400 imprenditori) che aspirano al dominio del grande mercato indiano. Hanno come obiettivo quello di raggiungere nel 2010 un flusso di commercio bilaterale di 10 miliardi, contro gli attuali 4,4 e un livello di investimenti pari a circa 200 milioni all'anno contro i 50 milioni di oggi. E così l’avventura indiana è non solo una sorta di esplorazione salgariana (le città in programma sono Chennai ex Madras, Kolkata ex Calcutta, Bangalore, Mumbai che è poi Bombay e Delhi) ma rappresenta anche una scommessa di strategia geoeconomica perché tutti i dati stanno a dimostrare che l’India crescerà più della Cina. E che, nel 2050, supererà l'economia americana.
Mercato, quindi, da raggiungere subito e con tutti i mezzi. In particolare si tende a suggellare un rapporto generale con il subcontinente asiatico che quest'anno, in almeno un trimestre, potrebbe crescere addirittura più della Cina. Il Pil nell'anno fiscale terminato a settembre è, infatti, cresciuto del 9,2% dopo che negli ultimi quattro anni è salito a una media dell'8% e il governo, nel suo piano quinquennale al 2011-2012, punta per i prossimi anni a una crescita media del 9%.

Per l’Italia le occasioni non mancano. Perché quelle aperture introdotte all’inizio degli anni '90 dall'attuale primo ministro Manmohan Singh (laurea a Cambridge e dottorato a Oxford, autore nel 1964 di un testo molto critico verso la tendenza all'isolazionismo del suo paese) hanno già portato frutti sostanziali: il commercio in beni e servizi è passato dal 17% del Pil del 1990 all'attuale 45%. Intanto prende corpo un programma economico bilaterale che prevede la creazione in tempi rapidi di un'area di libero scambio tenendo conto che all’interno della Unione Europea, in termini di esportazioni, l'Italia è già al quarto posto preceduta dalla Gran Bretagna (l'ex potenza coloniale) e dalla Germania (colosso che macina un terzo del Pil del Vecchio Continente) ma anche dal piccolo Belgio. E proprio per superare gli ultimi ostacoli di natura economica la missione italiana si è dotata di una speciale task-force formata dai massimi esponenti di 16 banche.

Ma nella strategia italiana l’India ha anche un ruolo particolare, geostrategico. Il Paese, infatti, ha una fortissima proiezione su Bangladesh, Cina, Birmania, Cambogia, Malesia ed Indonesia. Si tratta di tutte realtà economiche con le quali l’Italia punta ad avere rapporti sempre più intensi. Il gioco è, comunque, complesso e la diplomazia italiana dovrà pur sempre tener conto che nel continente “Cindia” va sempre più prendendo corpo quella strategia russa che tende ad allinearsi con India e Cina per difendere i propri interessi nello spazio postsovietico. Ed è per questo che la Farnesina dovrà muoversi - sul terreno indiano - con molta attenzione. Proprio perché in questi ultimi tempi Delhi, Pechino e Mosca hanno rivelato una seria propensione ad avviare la realizzazione di un triangolo geostrategico.
La missione di Prodi è così destinata ad assumere un significato particolare anche nel quadro di un rapporto – presente e futuro – con gli stessi americani. Sempre preoccupati di perdere il controllo dei propri alleati.









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