di Giuseppe Zaccagni

Il nuovo Est - Romania e Bulgaria - è appena entrato in Europa e si preoccupa subito di fare i primi “regali” all’Assemblea di Strasburgo: mette sul piatto della bilancia politica dell’europarlamento sei nuovi deputati che permettono all’estrema destra di formalizzare un gruppo parlamentare autonomo. E così l’Europa - già in agitazione per i rigurgiti fascisti nel Baltico - si trova a dover fare sempre più i conti con le realtà politiche della destra balcanica, romena e bulgara.In prima linea si presentano i fascisti del “Partito della grande Romania” sempre più impegnati per la riabilitazione del maresciallo Antonescu. Arrivano da Bucarest in cinque e si apprestano a dare battaglia su tutti i fronti, in primo luogo contro le repubbliche della Moldavia e dell’Ungheria. E’ infatti con questi due paesi che la destra romena ha avviato da tempo una dura battaglia centrata su questioni di ordine territoriale. Perchè questi eredi politici delle tristemente famose “Guardie di ferro” (il capo, Corneliu Zelea Codreanu, era un attivo sostenitore dei regimi fascisti e nazisti) rivendicano l’incorporazione nella Romania dell’intero territorio della Repubblica Moldava che fino al secondo conflitto mondiale faceva parte, appunto, della nazione romena (circa 5 milioni di abitanti: romeni 60%; ucraini 14%; russi 13%: gagauzi – una minoranza di etnia turca 2%; bulgari 2%; ed altri 9%) e gran parte di quelle regioni ungheresi abitate dalle minoranze etniche romene.

E in questa arena va a collocarsi anche il deputato del partito bulgaro “Attacco”. Il quale non appena sbarcato a Strasburgo sfodera subito l’armamentario della polemica antiturca e antizingara. E così tutte le possibili varianti dello sviluppo degli avvenimenti europei rischiano - grazie al drappello di questi fascisti arrivati dall’Est - di far saltare obiettivi distensivi e mediazioni. Si apre, di conseguenza, un lungo catalogo di problemi che hanno, tra l’altro, profondi ancoraggi con la storia.

La Romania è, in tal senso, il paese dove il ricordo del passato fascista potrebbe caratterizzare sempre più la sua presenza “europea”. E Strasburgo potrebbe divenire la tribuna per un rilancio delle vecchie forme di pensiero. Forte è, infatti, tra quei romeni che hanno mandato in Europa gli uomini della destra (il partito della “Grande Romania” è il secondo, per forza, perché nelle elezioni parlamentari ha conquistato il 19, 5 % dei voti alla Camera dei Deputati e il 21 %, al Senato) il desiderio di rivincita contro la vecchia Europa e contro quell’area mitteleuropea. Quella ritenuta “colpevole” di aver umiliato le aspirazioni egemoniche di una Bucarest che, nel 1913, aveva occupato la Dobrugia meridionale e, poi, esteso la sua sovranità sulle regioni di Durostor e Caliacra. Sino ad arrivare, in anni più recenti, all'annessione di molti territori oggetto di contesa, come quelli della Transilvania, del Banato, della Bucovina, della stessa Dobrugia meridionale e della Bessarabia.

Non va poi dimenticata la sempre forte presenza monarchica che ha potuto contare su una popolazione che si è lasciata dominare ciecamente. Tutto con un andirivieni di re e reggenti aiutati sempre da formazioni di estrema destra. E la Romania monarchica, in questo contesto, non ha mai dimenticato le sue radici autoritarie. E così, nella seconda guerra mondiale, toccò a Ion Antonescu, il famigerato comandante delle Guardie di ferro, il compito di far entrare il paese in guerra a fianco dell’Asse inserendolo così nel piano di invasione della Russia. Fu allora che venne riconquistata temporaneamente la Bessarabia (luglio 1941) con l'esercito romeno che avanzò poi fino a Odessa.

Per monarchici e fascisti arrivò però il momento della resa dei conti con il colpo di stato che pose sotto accusa Antonescu (fucilato nel 1946) e aprì la via alla formazione di un governo di coalizione, che includeva socialisti e comunisti.
Da allora la storia romena cambiò rotta. Con l'armistizio (firmato a Mosca il 12 settembre 1944), che sancì per la Romania l'impegno a combattere contro la Germania e a ricedere la Bessarabia e la Bucovina settentrionale all’Urss. Fu allora che i comunisti romeni (e questo non verrà mai perdonato dai monarchici e dai fascisti) si assicurarono tutti i posti chiave del nuovo governo e del nuovo sistema politico. Che crollò, con l’esecuzione di Ceaucescu e di sua moglie.
Da quel momento la destra romena è tornata all’assalto del potere. Avendo però a disposione un apparato sclerotico e invecchiato, incapace di produrre idee per il futuro.

Il partito che si affaccia ora a Strasburgo è appunto l’erede delle vuote formule di una ortodossia reazionaria. Ma proprio per questo si rivela pericoloso presentando, nello stesso tempo, un quadro politico angosciosamente triste.
L’altra forza che debutta in Europa è quella del partito bulgaro “Attacco” che alle elezioni del 2005, per la prima volta, era entrato nel Parlamento e che ora intende lottare per le elezioni anticipate, per trovar posto nel governo. Anche in questo caso c’è una formazione di destra che minaccia di attuare repressioni contro le minoranze turche (il 10% della popolazione) e contro gli zingari che abitano intere zone del paese. Tutto questo con la benedizione di quel Movimento nazionale fondato e guidato dall’ex re Simeone II. Un personaggio ambizioso che mira da sempre alla direzione del paese. Un dato è comunque certo: le formazioni politiche dell’Est arrivate in Europa si agitano tra nostalgie nazionaliste e miraggi di sdoganamento che l’Europa di Strasburgo potrebbe offrire. E non é un bel vedere.

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