di Alessandro Iacuelli

A Fukui c'è una centrale elettrica, come in quasi tutte le città del mondo civile. Domenica 14 gennaio nella centrale c'è stata una perdita d'acqua. Non sarebbe un problema, se non si trattasse di una perdita di acqua contaminata da sostanze radioattive: la centrale elettrica di Fukui infatti è di tipo nucleare. Non lontano da Fukui c'è il reattore di Mihama, che non solo è in una centrale nucleare molto più grande, ma è anche quello che nell'agosto 2004 ha visto il verificarsi di un grave incidente, con una fuga radioattiva. L'impianto venne immediatamente chiuso, ed è stato riaperto solo pochi giorni fa. Subito dopo la riapertura, ecco un nuovo incidente nella vicina Fukui.Torniamo proprio a Fukui, e cerchiamo di capire cosa è successo domenica 14. Secondo la ricostruzione, la fuga d'acqua contaminata ha investito quattro operai senza tuttavia provocare conseguenze sulla loro salute, questo secondo la Kansai Electric, la compagnia che gestisce il reattore. Per essere precisi scientificamente, c'è da aggiungere che l'incidente non ha provocato conseguenze sulla loro salute ora, e che tali conseguenze, anche gravissime, possono apparire in un qualunque momento, nel futuro.
La Kansai Electric ha spiegato che l'incidente è avvenuto nel corso di un'ispezione programmata al reattore n. 1 di Takahama, che si trova a poca distanza dal reattore n. 3 di Mihama, dove due anni e mezzo fa, nel più grave incidente nella storia dell'energia nucleare in Giappone, persero la vita cinque addetti ai lavori a causa di una fuoriuscita di vapore ad altissima temperatura. La Kansai Electric ha affermato, come era ovvio aspettarsi, che l'incidente di domenica non ha avuto alcuna ripercussione né sugli operai coinvolti, né sull'ambiente circostante. Al momento non sono stati resi noti ulteriori dettagli sull'accaduto. Probabilmente non saranno resi noti mai.

Le centrali nucleari attualmente attive in Giappone sono in tutto 52, coprono oltre il 30% del fabbisogno energetico interno. Un progetto varato di recente dal governo di Tokyo prevede la costruzione di altri impianti, nonostante gli allarmi suscitati da alcuni incidenti occorsi in passato.
Tra i più gravi, quello del 1999 in un impianto sperimentale di Tokaimura, 150 km a nordest di Tokyo, con una fuoruscita di materiale radioattivo e un bilancio di due morti e 150 persone colpite da radiazioni.
L'ultimo incidente, in ordine di tempo, è avvenuto il 10 aprile 2006, con una fuoriuscita di 40 litri di Mox, un combustibile nucleare non di prima scelta, in quanto si tratta per lo più di materiale riciclato, una miscela di Uranio e Plutonio in grado di far funzionare reattori nucleari, ma anche in grado di esplodere. Combustibile trattato a volte come “scoria” da molti settori dell’industria nucleare occidentale, con il Regno Unito in testa, ed acquistato dal Giappone per alimentare le proprie centrali, principalmente a causa del suo costo più basso rispetto ad altri combustibili nucleari. Anche la movimentazione del Mox è cosa pericolosa, trasportato via mare con viaggi lunghissimi, infatti per motivi di sicurezza le navi che trasportano combustibile nucleare non possono attraversare il canale di Suez, pertanto devono circumnavigare tutto il continente africano, scortate da navi militari. La destinazione è quasi sempre il Giappone.

Nonostante tutte le manifestazioni "di facciata" e di principio da parte del governo del Sol Levante, che non perde occasione per ricordare Hiroshima e Nagasaki, o le dure prese di posizione contro il nucleare di Paesi vicini, come nel caso della Corea del Nord, nonostante quel "nucleare, mai più!", pronunciato ogni anno dal sindaco di Hiroshima, il Giappone continua ad usare combustibile nucleare e ad incrementare il numero di reattori, con tecnologie poco sicure e impianti che rivelano spesso, drammaticamente, la loro fatiscenza.
E la maledizione del 6 agosto 1945 sembra non avere mai fine.

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