di Michele Paris

L’instabilità politica in Portogallo seguita alle elezioni di inizio ottobre, rischia di prolungarsi ulteriormente dopo i più recenti sviluppi che già prospettano una crisi di governo per un esecutivo non ancora nato. Nel voto per il rinnovo del Parlamento di Lisbona, la coalizione di centro-destra al potere, composta dal Partito Social Democratico (PSD) e dal Centro Democratico Sociale-Partito Popolare (CDS-PP), aveva ottenuto il numero più alto di consensi ma si era vista sfuggire la maggioranza assoluta che le aveva permesso di governare negli ultimi quattro anni.

I partiti di sinistra e di centro-sinistra, invece, avevano conquistato complessivamente 122 seggi sui 230 totali ma, alla chiusura delle urne, il leader della principale formazione di opposizione - António Costa del Partito Socialista - aveva escluso un’intesa con le altre forze, lasciando intendere che l’ipotesi più probabile fosse la creazione di un governo di minoranza PSD/CDS-PP guidato dal primo ministro uscente, Pedro Passos Coelho.

Quest’ultima coalizione era stata punita dagli elettori portoghesi per avere implementato senza scrupoli la solita durissima ricetta imposta dall’UE e dai mercati finanziari in cambio di un pacchetto di “salvataggio” da circa 80 miliardi di euro. Se risulta impopolare tra la maggioranza degli elettori, il governo di Passos Coelho è al contrario gradito alla classe dirigente indigena e a livello internazionale, visto che si era impegnato a continuare a rispettare le prescrizioni all’insegna dell’austerity anche di fronte alla vasta opposizione nel paese.

Pochi giorni dopo le prime dichiarazioni di Costa, però, il Partito Socialista e le altre formazioni di sinistra - Partito Comunista (PCP), Verdi (PEV), Blocco di Sinistra (BE) - hanno annunciato a sorpresa il raggiungimento di un’intesa per far nascere un nuovo governo. Dal momento che queste formazioni dispongono di una maggioranza assoluta in Parlamento, la logica suggeriva che il presidente portoghese, il Social Democratico Anibal Cavaco Silva, avrebbe conferito l’incarico di primo ministro a António Costa.

Il capo dello Stato, al contrario, la settimana scorsa ha finito per assegnare nuovamente a Passos Coelho e alla sua coalizione di minoranza la responsabilità di formare il nuovo gabinetto. La decisione di Cavaco Silva è stata bollata da molti come una sorta di golpe, anche se il presidente si è giustificato facendo riferimento alla consuetudine portoghese di assegnare l’incarico di governo al partito con il maggior numero di seggi, nonché alle passate esperienze di governi di minoranza nel paese.

Inquietante è stata però la giustificazione fornita da Cavaco Silva, esposta oltretutto in diretta televisiva. Il presidente portoghese ha di fatto dichiarato inutile il voto popolare, visto che il desiderio di invertire le politiche di austerity diffuso nel paese va contro le incontestabili disposizioni delle istituzioni internazionali che detengono il controllo sul Portogallo, e non solo.

Cavaco Silva ha affermato che “questo è il peggior momento per un cambiamento radicale delle fondamenta della nostra democrazia”. Identificando la democrazia con la dittatura dei mercati, il presidente portoghese ha poi spiegato che, “dopo avere completato un oneroso programma di assistenza finanziaria con pesanti sacrifici, nei limiti dei miei poteri costituzionali, è mio dovere fare tutto il possibile per impedire che vengano inviati segnali sbagliati alle istituzioni finanziarie, agli investitori e ai mercati”.

Inoltre, per motivare la sua scelta, Cavaco Silva ha aggiunto che, dal ritorno alla democrazia, il Portogallo non ha mai avuto una coalizione di governo formata da partiti anti-europeisti, come lo sono il Partito Comunista e il Blocco di Sinistra, a confermare che l’unica strada percorribile rimane quella del rigore ordinata da Bruxelles.

Simili affermazioni mostrano in maniera inequivocabile la vocazione “democratica” di praticamente tutta la classe politica europea, per la quale risulta impossibile accettare una strada alternativa al rigore finanziario e ai sacrifici imposti a lavoratori e classe media. Non a caso, infatti, vari leader europei sono intervenuti nella crisi politica in atto a Lisbona, tra cui il premier spagnolo, Mariano Rajoy, e la stessa cancelliera tedesca, Angela Merkel, impegnata a far sapere che la prospettiva di un governo anti-austerity in Portogallo - sostenuto da una maggioranza scelta democraticamente dagli elettori - sarebbe “estremamente negativa”.

Lo scenario politico delineatosi e Lisbona è stato criticato dai partiti di centro-sinistra che hanno prospettato un voto di sfiducia per il nascente governo di Passos Coelho fin dalla sua prima apparizione in Parlamento. Il prossimo 9 novembre, il primo ministro incaricato e il suo gabinetto dovranno presentare il proprio programma di governo per i prossimi quattro anni, ma, in assenza di una maggioranza, potrebbero cadere già il giorno successivo.

Questa settimana, i leader del Partito Socialista e delle altre formazioni alleate hanno infatti annunciato che voteranno contro il governo di minoranza, rimettendo così le sorti del paese nelle mani del presidente. In previsione del voto di sfiducia, intanto, il centro-sinistra qualche giorno fa ha bocciato il candidato dei Social Democratici alla carica di presidente del Parlamento, eleggendo invece il Socialista Eduardo Ferro Rodrigues.

Con una crisi di governo precoce, Cavaco Silva potrebbe ricredersi e assegnare l’incarico di primo ministro al centro-sinistra mentre, in caso contrario, si aprirebbero scenari decisamente incerti. Per cominciare, la Costituzione portoghese prevede che tra un’elezione e l’altra debbano passare almeno sei mesi, ma un presidente al termine del suo mandato non può sciogliere il Parlamento. Cavaco Silva dovrà lasciare il suo incarico il prossimo gennaio, così che l’eventuale decisione di indire nuove elezioni dovrà essere presa dal suo successore, il quale però a sua volta sarà obbligato ad attendere sei mesi prima di fissare una data per il voto.

Un’ulteriore ipotesi da considerare, nel caso Cavaco Silva dovesse continuare ad opporsi a un incarico al Socialista António Costa, è che l’attuale governo uscente di centro-destra resti in carica con poteri limitati fino a che sarà costituzionalmente possibile andare alle urne. Questo ipotetico governo di transizione, però, senza una maggioranza parlamentare sarebbe praticamente paralizzato e impossibilitato a mettere in atto qualsiasi iniziativa politica o economica di rilievo.

Lo scontro in atto in Portogallo appare ad ogni modo significativo alla luce del fatto che, nonostante una campagna elettorale contro l’austerity e i diktat degli ambienti finanziari internazionali, il Partito Socialista e gli altri partiti di sinistra che dovrebbero entrare a far parte del governo hanno più volte assicurato di volere rispettare gli impegni finanziari presi con l’Unione Europea.

Inoltre, a negoziare il “bailout” da 79 miliardi di dollari per un Portogallo sull’orlo della bancarotta nel 2011fu proprio un governo Socialista, quello del premier José Socrates, il quale aveva in precedenza già implementato una serie di pesanti misure caratterizzate dall’aumento del carico fiscale e da tagli alla spesa pubblica.

A Bruxelles e a Berlino, evidentemente, dopo il faticoso accordo per la prosecuzione delle politiche di austerity in Grecia, si continua a temere che forze politiche anche solo moderatamente contrarie al rigore possano non tanto minare il predominio dei mercati, quanto alimentare speranze di cambiamento tra la popolazione e innescare una qualche mobilitazione contro la dittatura finanziaria che domina oggi in Europa.

Il muro contro muro a Lisbona, in ogni caso, è secondo alcuni più sfumato di quanto appaia a prima vista e, se così fosse, quella del presidente Cavaco Silva e del premier Passos Coelho potrebbe essere una tattica dilatoria. All’interno del Partito Socialista è infatti presente una fazione che si oppone all’alleanza con le sinistre e vede con favore la nascita di un governo di minoranza di centro-destra.

Il prolungarsi dello stallo politico, perciò, potrebbe portare ancor più allo scoperto quest’ultima fazione Socialista ed attrarre consensi e voti preziosi per il governo di minoranza di Passos Coelho, tanto più che il persistere della paralisi a Lisbona provocherebbe un crescendo di critiche e pressioni internazionali per trovare al più presto una soluzione che garantisca il ritirono alla “stabilità”.

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