di Jacopo Risdonne

La rivincita della solidarietà. Una scintilla di umanità illumina il cielo d’Europa. 12mila islandesi (a fronte di una popolazione di 330mila) scavalcano il muro dell’indifferenza europea e chiedono al governo di rivedere la disponibilità ad ospitare solo un massimo di 50 rifugiati siriani. I cittadini aderiscono ad una petizione lanciata su Facebook e spalancano le porte delle proprie case ai “futuri amici, sposi, colleghi”. La solidarietà, spesso assopita negli angoli più remoti del Vecchio Continente, sembra dunque risvegliarsi da un lungo sonno. Ancora in letargo quella della Lega.

È una guerra umanitaria. Non una di quelle che si combattono a suon di colpi di mitragliatrice, per una pace insaguinata. Ma una di quelle che distruggono barriere - invisibili e non - erette tra popoli, tra esseri umani. Il primo mattone è stato buttato giù dalla scrittrice e professoressa Bryndis Bjorgvinsdottir. Il suo appello, lanciato su Facebook sottoforma di una lettera aperta indirizzata al Ministro del Welfare islandese, è stato accolto da migliaia di famiglie. E gli altri mattoni del muro son venuti giù da soli, al grido di “solo perchè non sta accadendo qui, non significa che non stia accadendo.”

Migliaia di braccia aperte sono pronte ad accogliere chi ne ha bisogno e brancola nel buio dell’indifferenza; chi non cerca caritá ma vita. Migliaia di chilometri, quelli che separano Reykjavik da Damasco, si sgretolano sotto i colpi dei messaggi che gli abitanti della remota isola hanno trasmesso: “Sono una madre single. Possiamo prendere in casa un bambino che ha bisogno. Sono un’insegnante e vorrei insegnare al bambino a parlare, leggere e scrivere islandese, ed aiutarlo ad inserirsi qui. Abbiamo vestiti, un letto, giocattoli e tutto ciò di cui un bambino ha bisogno. Naturalmente vorrei pagare il biglietto aereo”; “ho una stanza in più in un appartamento spazioso e sono più che contenta di condividerlo. Insieme al mio tempo e al mio sostegno”.

Il vento islandese soffia contrario. L’onda xenofoba, quella malcelata dalla retorica degli alti ranghi della politica europea, si infrange sul muro della solidarietà. “I rifugiati sono risorse umane, esperienza e capacità. I rifugiati sono i nostri prossimi sposi, migliori amici, anime gemelle, o i batteristi della band dei nostri figli, i nostri colleghi o miss Islanda 2022, l’idraulico che ci sistemerà il bagno o il pompiere”.

Le parole recitate dalla petizione fanno breccia nel governo di Reykjavik e smuovono le coscienze del gabinetto. Il ministro del Welfare, Eyglò Harðardòttir, ha intenzione di richiedere una revisione al rialzo della propia quota umanitaria, che ad ora vorrebbe arrivassero al massimo 50 rifugiati. “Percorreremo ogni strada possibile per accogliere più rifugiati”, ha detto alla televisione pubblica islandese. Anche il Premier David Gunnlaugsson ha risposto con lo stesso tono alla sollecitazione dei concittadini, navigando sulla stessa lunghezza d’onda: “Penso che ci sia grande consenso sul fare di più nel rispondere al problema: dobbiamo solo trovare come farlo al meglio.”

Le generose offerte stonano con le timide e sobrie reazioni che pullulano sul palcoscenico europeo, dove l’asta al ribasso è ormai un istinto naturale, intrinseco. La ripartizione vorrebbe che a Londra arrivassero 216 rifuggiati siriani: non abbastanza nemmeno per riempire un treno della metropolitana londinese, hanno fatto notare. Meno di mille sono quelli ospitati negli Stati Uniti.

Ma non serve spostarsi molti paralleli più in là per navigare in acque ben più mosse. Le scorie della solidarietà islandese si sono schiantate contro le Alpi. O almeno, non hanno raggiunto il leader della Lega, Matteo Salvini, che è di tutt’altro avviso rispetto alle migliaia di famiglie islandesi. In un messaggio pubblicato in rete, il cui pensiero è stato condiviso da più di 20mila persone, ne ha approfittato per esprmersi a proposito del tema: “Il governo Renzi sta cercando altri 20.000 APPARTAMENTI, posti letto in albergo, residence, campeggi e villaggi vacanze, per ospitare i CLANDESTINI che sbarcheranno in Italia.  Ovviamente, a spese degli italiani. Una VERGOGNA, contro cui la Lega si opporrà in ogni maniera. Se servirà, anche occupando quegli appartamenti. Non ci sono 20.000 italiani in difficoltà da aiutare???"

Quella islandese non è l’unica storia di solidarietà che colora ed illumina le buie pagine dell’Europa degli ultimi tempi. Vi sono comuni cittadini che con passo felpato si muovono e si organizzano per restituire un senso al concetto di Europa. Che colmano i vuoti lasciati dai governi. Che aprono porte sbattute in faccia a chi è figlio di un destino ingeneroso. Che tentano di strappare le vesti dell’indifferenza ad un’Europa più volte immortalata in una posa menefreghista. Vesti, quelle, che talvolta hanno indossato i governi, ma non i cittadini. Gli esseri umani hanno infatti spesso dimostrato di essere più solidali dei loro governi.


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