di Emy Muzzi

LONDRA. Una democrazia può morire in tanti modi. Può finire come quella italiana dopo il ventennio berlusco-fascista e una serie di governi tecnici non eletti, oppure come quella britannica: cinque anni di sistematico isolamento antieuropeo, campagne xenofobe, distruzione dello stato sociale, costruzione di un muro insormontabile tra classi ricche e povere, aiuti alle banche e negazione dei diritti base del cittadino a partire dal sostegno alla casa, all’istruzione e alle future generazioni.

Gli inglesi del resto, confermando a Cameron la guida di questa ex-democrazia alla quale fino a ieri il mondo guardava con ammirazione, come un paese che ha da insegnare al mondo in termini di principi democratici e welfare, questa fine se la sono voluta. Hanno creduto alle balle elettorali anti-immigrazione senza prendersi la briga di leggere i dati ufficiali che attestano l’afflusso di immigrati in Gran Bretagna come uno dei più bassi dell’Unione Europea.

Ma discriminare gli stranieri dà sempre a coloro che cercano di arricchirsi, a chi non ha studiato e non parla altre lingue che la propria, l’illusione di poter eliminare la concorrenza esterna, di poter fare carriera senza ostacoli e finalmente di poter fare i soldi. La verità è che i soldi li fa chi è già ricco e appartiene ad una lobby o chi ruba (le due categorie sempre più spesso coincidono). Gli altri, il 90 per cento della popolazione, sognano e votare i ricchi dà loro l’illusione che un giorno lo diventeranno anche loro. É il trucco delle ‘pseudo-democrazie mediatiche’ che puntano sulle leadership carismatiche. Il cerone e le balle di Cameron hanno funzionato.    

Adesso la ‘finanziaria di regime’ e la faccia beffarda del cancelliere dello scacchiere Osborne se la devono beccare; se ne devono fare una ragione. Non si può, sempre e solo dare addosso alla politica, al sistema, all’establishment per paura di inimicarsi la gente (o i lettori). Non serve più. Di fronte a un regime che si appresta a diventare peggio del thatcherismo, è necessario parlare alla gente, a chi li ha votati e a chi no. Capire perché milioni di persone che hanno disperato bisogno di una casa, che non riescono a trovare un lavoro decente, che vorrebbero mettere su famiglia hanno votato i Conservatori, ovvero un’elite in malafede che ha raccontato loro per cinque anni che la giusta soluzione per aiutarli è uscire dall’Ue, eliminare gli immigrati, finanziare la guerra in Siria, sostenere le banche e la finanza.

In realtà a due mesi dalla vittoria che ha assicurato ai Tories la maggioranza assoluta per i prossimi cinque anni, Cameron si è già rimangiato la parola rivelando che in realtà non vuole un Brexit, mentre il ministro delle finanze Osborne ha dato agli elettori quello che hanno voluto: l’immobilità sociale e la fine di una democrazia storica.

Da Mercoledì 8 Luglio 2015, i giovani della Gran Bretagna, le future generazioni, le famiglie povere e della borghesia medio bassa sono ufficialmente fregati. Taglio agli ‘housing benfits’ per i giovani fino ai 21 anni (in sostanza, o si studia o si lavora per pagare l’affitto), sostituzione delle grants (borse di mantenimento allo studio) con i loans (prestiti) per fare un bel favore alle ‘student loans’ companies fallite e alle banche e contemporaneamente indebitare i giovani che dovranno ripagare i debiti (migliaia e migliaia di pounds) con gli interessi appena guadagnano due soldi: 21mila pound l’anno.

Il ‘sostegno’ Tories alle famiglie: i poveri non potranno avere più di due figli, aboliti i benefits dal terzo figlio in poi; è un modo per coltivare le future generazioni di ricchi ‘conservatives’ oppure, chissà, un omaggio al regime cinese che fino al primo ministro Hu Jintao obbligava le famiglie ad avere un solo figlio; forse l’anno prossimo Osborne perfezionerà la manovra finanziaria riservando i benefit solo ai figli maschi.

In compenso niente aumento su alcol, benzina e tabacco. E’ importante questo per i British poveri che hanno votato Tories nella speranza di diventare dei piccoli Lords: adesso possono ubriacarsi al pub, andare in ufficio in macchina e fumare una sigaretta sognando le case, e le cose, che non si potranno mai permettere, allo stesso prezzo dell’anno scorso.  

Non è finita. Il Budget 2015 di Osborne nasconde nella tradizionale simbolica valigetta un’altra sorpresina: la riduzione della ‘corporation tax’ dal 20 al 18%, la più bassa del G20; una riduzione che secondo il ‘Chancellor of Exchequer’ porterà crescita e lavoro nel regno Unito; per ora è solo il via alla trasformazione del Regno Unito a paradiso fiscale per le multinazionali ed un inferno per gli inglesi.

In compenso Osborne ha aumentato il minimo sindacale introducendo il National Living Wage dagli attuali 6,50 pound fino a 7,20 nel 2017 e 9,00 nel 2020; ma questo ha un costo che viene pagato con il taglio allo stato sociale ed ha uno scopo ben preciso: quello di ‘fregare’ anche i sindacati e con essi il partito Laburista.

L’opposizione: inizialmente la leader ad interim dei Laburisti, Harriet Harman aveva opposto la manovra nel dibattito parlamentare. Poi si è rimangiata la parola. Ci ha ripensato: “Non possiamo fare opposizione a tappeto sulla manovra; dobbiamo prendere atto di quello che il paese vuole e delle motivazioni per cui la gente per la seconda volta non ha votato Labour: non si fidano di noi sul fronte dell’economia; non faremo pertanto opposizione sui tagli ai benefits dal terzo figlio in poi” ha dichiarato alla BBC.

I pretendenti al trono di leader del partito hanno, almeno per il momento, una posizione diversa: la ministra degli interni ombra, Yvette Cooper, accusa i Tories di aver mentito agli elettori promettendo durante la campagna elettorale che non avrebbero mai tagliato gli aiuti alle famiglie e ai figli. Secondo i dati forniti dalla Cooper che ha commissionato una ricerca alla House of Commons, i tagli sono due volte più pesanti per le donne rispetto agli uomini: del totale di 9,6 miliardi di sterline l’anno che le famiglie british si apprestano a pagare, 7miliardi peseranno sulle donne.

Andy Burnham, rivale della Cooper nella battaglia per la leadership, attacca il governo sulla divisione sociale e generazionale generata dai tagli selvaggi: “il national minimum wage parte dai 25 anni in su e taglia fuori i più giovani”. Inoltre, aggiungiamo noi, il progetto autoritario schiaccia i giovani sotto i 25, quelli non laureati, i quali hanno più bisogno di un aumento del salario minimo, mentre dai 25 anni in su milioni di laureati accedono a lavori medio alti dove lo stipendio minimo è già superato in partenza.

Un programma Tory sta procedendo come un carroarmato con la nuova proposta di legge anti-sciopero (Trade Unions Bill), un simpatico omaggio alla Thatcher: perché lo sciopero sia legale sarà necessario un minimo del 50% di partecipanti delle membership e un sostegno del 40% degli aventi diritto al voto in caso di sciopero nel settore pubblico.

Il disegno di legge stile 'Lady di ferro' prevede anche l’obbligo alla sostituzione dei lavoratori che scioperano, per non danneggiare il ‘business’: uno schiaffo ai lavoratori, al diritto del lavoro in sé, ma anche una sostanziale intimidazione dato che gli scioperanti verrebbero sostituiti da personale mandato da agenzie.

La lapidazione del diritto allo sciopero prevede anche un’altra sostanziale intimidazione: le cosiddette ‘picket lines’ non dovrebbero essere formate da più di 6 persone e sarebbe obbligatorio rendere noto il nome di uno dei membri del picchetto.

La TUC, Congresso delle Trade Unions, ha definito il disegno di legge un ritorno alla Germania degli anni ’30, tra l’altro in una fase in cui l’attività sindacale è al minimo storico. Proteste anche da Unite, il sindacato Labour, che per voce del segretario generale Len McCluskey annuncia battaglia contro un regime che “mette il sindacalismo fuori legge”.





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