di Carlo Musilli

Il governo Tsipras è alle prese con la prima lista di riforme da presentare a Bruxelles, ma deve fare i conti con la frangia di Syriza che vede nel compromesso con l'Europa una sconfitta insopportabile. Per sbloccare la proroga di quattro mesi al piano d'aiuti concordata venerdì con l'Eurogruppo, la Grecia deve inviare una lista delle misure che intende varare in deroga al precedente memorandum con la Troika (si parla d'interventi per 7,3 miliardi di euro, che comprenderebbero una patrimoniale, la lotta al contrabbando e all'evasione).

La lettera era attesa entro la mezzanotte di ieri, poi però la scadenza è slittata di 24 ore, presumibilmente perché Atene ha difficoltà a bilanciare le necessità negoziali e gli equilibri interni al governo.

Il tempo a disposizione, però, sta per terminare. Il 28 febbraio scade il vecchio accordo con i creditori: prima di allora, l'Esecutivo greco deve presentare la lista e sottoporla al giudizio dell'Eurogruppo. Una volta ottenuto questo primo via libera, l'intesa dovrà essere ratificata da una serie di Parlamenti nazionali, inclusi quelli di Paesi ostili ai piani di Tsipras (come Germania, Olanda e Finlandia), oltre che dalla stessa assemblea di Atene.

Se tutto questo non avverrà in tempi rapidi, la Grecia si ritroverà ben presto a corto dei liquidi necessari a far sopravvivere la macchina dello Stato. Un'urgenza di cui però in molti sembrano non rendersi conto. L'economista e deputato di Syriza Costas Lapavitsas ha chiesto ieri una riunione immediata del partito, esprimendo "profonda preoccupazione" per l'intesa del governo con l'Eurogruppo, perché "è difficile vedere come attraverso questo accordo sarà attuato il programma elettorale di Tsipras". Particolare attenzione ha destato Manolis Glezos, ultranovantenne eroe della Resistenza greca contro i nazisti e oggi eurodeputato di Syriza, che ha criticato l'accordo con l'Eurogruppo chiedendo "scusa al popolo greco" per aver "partecipato a questa illusione".

E' un vero peccato che nessuno di questi rivoluzionari duri e puri si scomodi a indicare come avrebbe fatto la Grecia a pagare stipendi pubblici e pensioni senza raggiungere un compromesso con Bruxelles. Chi entra in politica pensando di camminare dritto per la propria strada, senza mai concedere nulla a nessuno, ha semplicemente sbagliato mestiere. L'intransigenza è un atteggiamento tipico di chi, privo di respnsabilità generali, parla per se stesso compiacendosi della propria coerenza e allo stesso tempo condannandosi alla più totale irrilevanza nel mondo reale.

E' vero, il governo Tsipras non ha cacciato la Troika, non ha stracciato il memorandum con i creditori e non ha cancellato l'austerità dalla sera alla mattina. Ma la verità è che mettere in pratica questi propositi nell'arco di poche settimane era semplicemente impossibile, a meno di non voler gettare migliaia di greci in un baratro ancor più profondo di quello in cui già si trovano. Pensare che Atene avrebbe potuto trionfare nel braccio di ferro con l'Eurogruppo imponendo al 100% le proprie condizioni significa dar prova d'ingenuità e di miopia.

Innanzitutto, perché Bruxelles avrebbe preferito di gran lunga far uscire la Grecia dall'Euro (ormai le banche tedesche e francesi sono al sicuro) piuttosto che creare un precedente simile e favorire l'ascesa di altri movimenti indipendenti in Europa (su tutti, lo spagnolo Podemos). Qualcuno potrebbe obiettare che il famigerato Grexit sarebbe una soluzione (e non lo è), ma la questione non si pone, dal momento che il 75% dei greci non vuole abbandonare la moneta unica.

In secondo luogo, non è affatto vero che il governo Tsipras ha ceduto su tutta la linea. Partendo da una posizione negoziale debole, ha accettato il miglior compromesso che è riuscito a spuntare, portando a casa qualcosa invece di niente: l'opzione tutto non è mai stata sul tavolo.

Oltre ai quattro mesi in più per allestire un nuovo programma di riforme, ora Atene ha anche la speranza di ridurre l'avanzo primario da ottenere nel 2015, in modo da recuperare fondi per sostenere l'economia reale (le trattative andranno in scena nei prossimi mesi, ma su questo vincolo l'Eurogruppo sembra orientato a concedere flessibilità).

Quanto alle misure della lista in arrivo, secondo alcune anticipazioni del giornale tedesco "Bild" dovrebbero portare 2,5 miliardi con una tassa sui grandi patrimoni di oligarchi e armatori e altrettanti con il recupero dell'arretrato fiscale di privati e imprese. Un altro miliardo e mezzo dovrebbe arrivare dalla lotta al traffico di benzina e 800 milioni da quella contro il contrabbando di sigarette.

Tutto ciò con l'obiettivo, fra l'altro, d'impedire l'entrata in vigore delle misure previste dal precedente governo Samaras per questo mese, ovvero un aumento dell'Iva e nuovi tagli per 2,5 miliardi. Pare sia in arrivo anche il blocco alla confisca delle case. Nessuno vieta il dissenso, ma è difficile sostenere che nulla sia cambiato.

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