di Antonio Rei

Tra le grandi domande che l’Europa si pone, una più di altre echeggia fino a Roma: che accidenti di fine ha fatto Federica Mogherini? In teoria, l’ex ministro degli Esteri del governo Renzi è oggi Alto rappresentante della Politica estera dell’Unione europea. In pratica, di Alto c’è solo il suo livello di trasparenza. Nel musical Chicago avrebbe la parte di “Mr Cellophane”.

A giudicare dal ruolo riconosciuto all’Alto rappresentante, sembrerebbe un periodo di calma piatta sul fronte della diplomazia europea. Cosa volete che sia la guerra brutale nell’est dell’Ucraina? E l’atmosfera da Anni Sessanta fra la Nato e Mosca? E i tagliagole dell’Isis, che divorano la Libia, minacciando Italia e Europa? E la Grecia, che sfida Bruxelles sui conti, sfilacciando i rapporti diplomatici in mezzo continente? Poca roba. A quanto pare, nessuna di queste crisi richiede che l’Alto rappresentante sieda al tavolo da protagonista. E nemmeno che si renda minimamente visibile.

In fondo, che bisogno c’è di scomodare l’ex ministro italiano? A Minsk, per trattare con Putin e Poroshenko, c'erano Merkel e Hollande. D’accordo, in teoria rappresentano solo Germania e Francia, ma che l’Unione europea sia formata da 28 Stati è poco più di una favola della buonanotte: si scrive Ue, si legge direttorio tedesco-francese (e non franco-tedesco). La questione libica, invece, sarà presto affrontata a livello di Nazioni Unite, bypassando completamente le autorità comunitarie. Quanto alla Grecia, ormai, in Europa si è arrivati alla fase dell’insulto libero. Defilarsi è un riflesso comprensibile. 

Un dubbio però rimane: dal momento che nessuno l’ha mai vista scendere in campo in alcuna di queste partite, di cosa si occupa, dalla mattina alla sera, Federica Mogherini? Probabilmente se lo domanda soprattutto il premier italiano, Matteo Renzi, che sulla bionda romana aveva scommesso parecchio, rifiutando poltrone europee ben più prestigiose offerte ad altri nostri connazionali (nomi ovviamente sgraditi a Palazzo Chigi, come quello di Enrico Letta), pur di piazzare la bandierina tricolore sull’Alto rappresentante. D'altronde, a Washington faceva piacere un italiano in quella casella. Siamo pur sempre la patria di Collodi, ne sappiamo qualcosa di burattini.

Ciò non toglie che, a rileggere le affermazioni di Renzi dopo la nomina di Mogherini a Lady Pesc, si venga sopraffatti da un moto di tenerezza: "Per noi si tratta del conferimento di una responsabilità importante - aveva detto il Presidente del Consiglio -. L'Europa che noi vogliamo non è solo vincoli e spread, ma Erbil, Baghdad, le relazioni tra Europa e Russia, una politica estera molto, molto importante. Oggi una nuova generazione di leader assume grandi responsabilità". Ad esempio quella di sparire dai radar mentre tutto quello che poteva andare male sta andando peggio.

A onor del vero, però, in una recente intervista-autodifesa a Il Corriere della Sera, Mogherini ha respinto con forza queste accuse, dipingendosi come la diplomatica che lavora nell'ombra al tavolo ucraino: "Dal mio punto di vista - ha assicurato - la cosa più importante non è la photo-opportunity, ma contano il gioco di squadra e la ricerca di un risultato, che c’è stato. Il successo di Minsk è di tutta l’Europa, lo abbiamo costruito insieme: in attesa del vertice non siamo stati a guardare la partita, abbiamo lavorato e discusso con Lavrov, Poroshenko, Kerry, Biden e tutti i Paesi europei per facilitare l’operazione. Ricordo anche che giovedì il Consiglio europeo ha riconfermato che questa è la politica di tutta la Ue".

Capito? Conta "il gioco di squadra". E in una squadra, si sa, a qualcuno tocca sempre la panchina.

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