di Michele Paris

Nel pieno di una visita di quattro giorni in Europa, Barack Obama sta cercando di rassicurare gli alleati europei, in particolare quelli dell’ex blocco sovietico, circa il sostegno americano nel fronteggiare fantomatiche minacce alla stabilità del continente provenienti dalla Russia. Nella giornata di mercoledì a Varsavia, il presidente degli Stati Uniti ha anche incontrato per la prima volta il neo-eletto presidente ucraino, l’oligarca miliardario Petro Poroshenko, in concomitanza con un’intensificazione della repressione ai danni dei ribelli filo-russi e la diffusione di notizie di nuove stragi tra la popolazione civile.

Nell’offrire l’assistenza USA in ambito finanziario e della sicurezza al nuovo regime ucraino, Obama si è detto “profondamente colpito” dalla visione di Poroshenko per l’Ucraina e dai suoi piani per fare uscire il paese dalla crisi. Profondamente colpite sono con ogni probabilità anche le popolazioni nell’est del paese, bersaglio negli ultimi giorni degli assalti delle forze armate di Kiev e di gruppi paramilitari neo-fascisti per ristabilire l’ordine.

Già coordinate con personale americano inviato in Ucraina, le politiche messe in atto da Kiev per reprimere nel sangue la rivolta sono state discusse anche con lo stesso Obama, il quale ha confermato di avere approvato i piani del presidente eletto per “ristabilire la pace e l’ordine”, consistiti finora in operazioni che hanno fatto centinaia di morti tra gli oppositori del regime golpista filo-occidentale.

Nella realtà capovolta della propaganda statunitense, d’altra parte, i massacri in Ucraina orientale per mano delle forze governative - di gran lunga più gravi di quelli attribuiti all’ex presidente Yanukovich - rientrerebbero nel disegno delle nuove autorità per trovare una soluzione pacifica alla crisi in atto, la cui responsabilità sarebbe interamente della Russia.

Obama ha poi ricordato a Poroshenko la necessità di procedere con le devastanti “riforme” economiche richieste da tempo dall’Occidente e, significativamente, ha invitato la “comunità internazionale” a sostenere lo stesso presidente ucraino, il quale, effettivamente, avrà bisogno di tutto l’appoggio possibile per implementare misure profondamente impopolari senza scatenare nuove manifestazioni di protesta.

Dopo il faccia a faccia con Poroshenko, l’inquilino della Casa Bianca ha tenuto un discorso pubblico sempre a Varsavia nell’ambito delle celebrazioni per ricordare i 25 anni dalle prime elezioni parzialmente libere in Polonia. Qui, Obama ha ribadito i temi affrontati il giorno precedente subito dopo l’arrivo nella capitale polacca, assicurando cioè i paesi dell’Europa orientale circa l’impegno americano nel garantire la loro integrità territoriale, peraltro non esposta a nessun genere di minaccia.

Per fare ciò, gli USA sborseranno 1 miliardo di dollari da destinare a programmi di aiuto e addestramento alle forze armate dei paesi membri della NATO posizionati ai confini con la Russia, comprese Ucraina, Georgia e Moldavia. Obama, inoltre, ha annunciato una “revisione” del dispiegamento delle truppe permanenti nel continente europeo alla luce della crisi in Ucraina, mentre verrà intensificata la presenza navale americana nel Mar Nero e nel Mar Baltico.

Tutte le iniziative - che dovranno essere approvate dal Congresso USA - prospettano un’escalation del militarismo a stelle e strisce in Europa e, dal momento che implicano una sorta di accerchiamento della Russia, rischiano di innescare un pericolosissimo conflitto con Mosca.

La stessa retorica impiegata da Obama nella sua visita in Polonia ha lasciato poco spazio a scenari pacifici, come conferma l’annunciato “impegno inderogabile” con gli alleati NATO, assicurato dalla “più forte alleanza [militare] del pianeta e dalle forze armate degli Stati Uniti d’America”, definite come “le più potenti della storia”.

Queste promesse non hanno comunque convinto del tutto i governi dell’Europa orientale, a cominciare da quello polacco. Il premier Donald Tusk ha infatti definito le misure proposte da Obama soltanto “un altro passo” del programma di aiuti americani, mentre il presidente Bronislaw Komorowski ha insistito sulla creazione di “ulteriori infrastrutture NATO come prerequisito per l’effettiva accoglienza” di altri soldati.

Alla vigilia della visita di Obama, d’altra parte, il governo di Varsavia aveva apertamente discusso della possibilità di ospitare una base militare americana in modo permanente. In una recente intervista, ad esempio, il ministro degli Esteri Radoslaw Sikorski si era chiesto il motivo per cui una base USA non dovrebbe essere costruira in Polonia, dal momento che “ne esistono in Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Grecia e Italia”.

Oltre ad essere basata su motivazioni strategiche ingannevoli, l’eventuale creazione di una base militare permanente in Polonia risulterebbe anche in violazione dell’accordo siglato tra NATO e Russia nel 1997 che proibiva appunto simili iniziative in Europa Orientale.

Secondo il governo polacco, però, il comportamento della Russia avrebbe di fatto determinato l’annullamento dell’accordo, visto che Mosca ha trasgredito ad un’altra condizione in esso contenuta e cioè il divieto dell’uso della forza con l’obiettivo di violare “la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipendenza” di un paese vicino.

In defintiva, come mostra l’ipocrisia del governo di Varsavia, per i governi occidentali e i loro alleati in Europa orientale basta creare una crisi ad hoc in un determinato paese per poi attribuire la responsabilità del caos e delle violenze che seguono alla potenza rivale (Russia) con una campagna mediatica a senso unico, in modo da ridurre a carta straccia gli accordi siglati in precedenza e adattare quindi la nuova realtà alle proprie esigenze strategiche.

La visita di Obama è stata poi accompagnata dalle ormai consuete minacce e ultimatum diretti alla Russia. Il presidente americano ha nuovamente invitato Putin a mettere fine alle manovre destabilizzanti in Ucraina per non incorrere in un aggravamento delle sanzioni già adottate dall’Occidente nelle scorse settimane.

Misure punitive - sostenute senza riserve dagli Stati Uniti e con qualche cautela in più dall’Europa visti i legami commerciali con la Russia - sono state discusse anche nel vertice del G-7 di Bruxelles dove Obama si è recato mercoledì dopo l’incontro con Poroshenko. Il summit era stato organizzato in seguito alla cancellazione di una riunione del G-8 programmato a Sochi e all’espulsione della Russia come ritorsione per l’annessione della Crimea.

Nel comunicato dei paesi membri del G-7, in particolare, è stato chiesto alla Russia di “accelerare il ritiro delle forze armate dalle aree di confine con l’Ucraina” e di “esercitare la propria influenza sui separatisti armati” per convincerli ad abbandonare la lotta contro il regime di Kiev.

Le provocazioni dirette contro Mosca e i tentativi del Cremlino di normalizzare i rapporti con l’Occidente, in ogni caso, saranno forse testati venerdì, quando Putin e i capi di stato e di governo dei paesi coinvolti nella crisi ucraina si incontreranno in occasione dei festeggiamenti per il 70esimo anniversario dello sbarco in Normandia.

Se non sembra essere all’ordine del giorno un faccia a faccia tra Obama e Putin, quest’ultimo si vedrà invece con il presidente francese Hollande, la cancelliera tedesca Merkel e il primo ministro britannico Cameron, nel tentativo di trovare una difficile via d’uscita ad una crisi sempre più cruenta.

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