di Michele Paris

Dimostrando un senso dell’umorismo probabilmente involontario, in una nota ufficiale inviata alla stampa nel fine settimana, l’ufficio per le pubbliche relazioni dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) ha affermato che “i membri del Congresso godono dello stesso diritto alla privacy di qualsiasi cittadino degli Stati Uniti”. La comunicazione è giunta in risposta ad una semplice domanda rivolta alla NSA dal senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders, per sapere se anche i rappresentanti del potere legislativo siano sotto sorveglianza dell’agenzia con sede a Fort Meade, nel Maryland.

La richiesta del senatore autodefinitosi “socialista” e che si schiera generalmente con i colleghi democratici al Senato era scaturita dalla recente sentenza di un giudice federale del District of Columbia che aveva giudicato incostituzionali i programmi di intercettazione di massa dei metadati telefonici condotti dalla NSA.

Riferendosi direttamente al direttore di questa agenzia, generale Keith Alexander, il senatore Sanders chiedeva rassicurazioni sull’eventuale attività di spionaggio ai danni del Congresso, definendo come spionaggio la “raccolta di metadati relativi alle conversazioni effettuate da telefoni ufficiali o personali, al contenuto dei siti web visitati o alle e-mail inviate”.

La NSA ha atteso un giorno per fornire una risposta preliminare che ha di fatto eluso la domanda, ricordando che l’autorità di “raccogliere dati relativi ai ‘segnali di intelligence’ prevede procedure volte a proteggere la privacy dei cittadini americani”. Inoltre, prosegue il comunicato ufficiale, “la NSA collabora nella piena trasparenza con il Congresso”, con il quale “l’interazione è stata estensiva prima e dopo le rivelazioni [di Edward Snowden] apparse sulla stampa a partire dallo scorso mese di giugno”.

La NSA, senza rispondere dunque alla domanda di Sanders, ha poi fatto sapere che la lettera è in fase di valutazione, aggiungendo infine l’affermazione citata in precedenza, cioè che i membri del Congresso possono contare sullo stesso livello di privacy garantito al resto della popolazione.

Dal momento che le rivelazioni di questi mesi hanno mostrato come ogni telefonata o comunicazione elettronica negli Stati Uniti sia virtualmente intercettata, è praticamente certo che deputati e senatori americani siano anch’essi costantemente sorvegliati.

Sul blog on-line The Switch del Washington Post, il giornalista Brian Fung ha tratto le dovute conclusioni dalla risposta “rivelatrice” dell’agenzia di Fort Meade. Visto cioè che “i membri del Congresso sono trattati allo stesso modo degli altri americani, allora la NSA tiene sotto controllo anche ogni singola chiamata che essi effettuano”. I motivi della sorveglianza dei politici possono essere molteplici, a cominciare dal ricatto e l’intimidazione verso deputati o senatori che appoggiano misure per limitare l’onnipotenza della NSA.

Lo stesso atteggiamento evasivo nei confronti del Congresso qualche mese fa lo aveva tenuto, tra gli altri, anche il ministro della Giustizia, Eric Holder, il quale durante un’audizione aveva risposto ad una domanda simile a quella del senatore Sanders, in quell’occasione posta dal collega repubblicano Mark Kirk, affermando soltanto che la NSA “non aveva tra i suoi fini” quello di spiare i membri dell’organo legislativo statunitense.

Nella sua lettera, Sanders intendeva ricevere rassicurazioni non solo sui colleghi parlamentari ma anche su tutti gli altri rappresentanti eletti dagli americani. La mancata risposta della NSA appare dunque particolarmente inquietante, soprattutto alla luce di alcune dichiarazioni rilasciate mesi fa da Snowden, nelle quali ipotizzava che l’agenzia per cui aveva lavorato era in grado, ad esempio, di intercettare e leggere le e-mail personali dello stesso presidente Obama se avesse disposto del suo indirizzo di posta elettronica.

Come hanno ricordato alcuni siti di informazione alternativa negli Stati Uniti, molti membri del Congresso denunciarono duramente nel 2006 come una violazione della separazione dei poteri prevista dalla Costituzione una vicenda che aveva sollevato interrogativi simili a quelli odierni, vale a dire la perquisizione da parte dell’FBI dell’ufficio del deputato democratico della Louisiana, William Jefferson. Quest’ultimo era al centro di un’indagine di corruzione e si era visto sequestrare dagli agenti federali svariati documenti senza l’emissione di un mandato di un tribunale.

Nel caso di Sanders e dell’indiretta ammissione della NSA che l’intero Congresso, così come il resto degli americani, è tenuto sotto sorveglianza in violazione del Quarto Emendamento alla Costituzione, non è finora giunta alcuna reazione sdegnata da Washington.

Anzi, il deputato repubblicano di New York, Peter King, in un’apparizione televisiva su Fox News nel fine settimana ha addirittura rimproverato il senatore Sanders per avere osato chiedere rassicurazioni alla NSA. Per il deputato King, inoltre, quest’ultima agenzia sarebbe tenuta a spiare i membri del Congresso, “nel caso comunicassero con un leader di al-Qaeda in Iraq o in Afganistan”.

Le rivelazioni dei programmi di sorveglianza della NSA, in ogni caso, stanno spingendo il governo americano a valutare alcuni provvedimenti di facciata per placare il malcontento diffuso tra la popolazione nei confronti di strumenti da autentico stato di polizia.

La Casa Bianca in questi giorni ha fatto ad esempio sapere che il presidente Obama intende consultarsi con i vertici dell’intelligence e i leader del Congresso per avviare un processo di “revisione” delle prerogative della NSA, con l’obiettivo dichiarato di “rassicurare gli americani che la loro privacy non viene violata”. In altre parole, i programmi di sorveglianza illegali e incostituzionali non verranno aboliti, bensì saranno tutt’al più implementate lievi modifiche per dare l’impressione che le procedure di controllo sulle attività di intelligence rispettano le formalità democratiche.

Il presidente starebbe infatti studiando le raccomandazioni appena espresse da una speciale commissione “indipendente” da egli stesso nominata per porre un freno alla NSA. Tra le iniziative allo studio, che nulla farebbero per ristabilire la pienezza dei diritti costituzionali, c’è la conservazione e l’analisi dei metadati telefonici da parte delle compagnie di telecomunicazioni private e non più da parte dell’NSA, nonché la nomina di un rappresentante teorico della difesa durante i procedimenti di fronte al Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera (FISC), l’organo che autorizza in segreto le richieste di intercettazione delle agenzie governative.

A spiegare meglio le intenzioni del governo nel gestire questo processo di “revisione” è però un’altra raccomandazione della già citata commissione, da tempo fatta propria dagli stessi vertici dell’intelligence a stelle strisce. Essa consiste cioè in una “riforma” del sistema con cui viene stabilito l’accesso al materiale top secret da parte dei dipendenti delle agenzie federali e dei loro contractor, così da impedire in futuro altre fughe di notizie o sottrazioni di documenti che mostrino la virtuale abrogazione dei più fondamentali diritti democratici negli Stati Uniti.

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