di Alessandro Iacuelli

La nave Probo Koala Il 19 agosto scorso, la nave Brobo Koala, battente bandiera panamense, è approdata nel porto di Abidjan, capitale della Costa d'Avorio, e da quel momento la città non ha più avuto pace.
Per circa 30 ore, 19 camion hanno fatto una continua spola tra la nave e le discariche del centro urbano, versando una quantità imprecisata, ma secondo alcune stime compresa tra le 400 e le mille tonnellate di liquami, su un'area di circa dieci chilometri quadrati caratterizzati da una alta densità di popolazione. I rifiuti liquidi sono stati scaricati nelle discariche, ma spesso per far prima anche nei fossi, ai bordi delle strade.
Alcuni giorni dopo, si sono presentate presso gli ospedali cittadini prima centinaia, poi migliaia di persone. Ai primi di settembre si sono registrati tre decessi, tra i quali due bambine.
E' scattato l'allarme, per un'emergenza che il debole sistema sanitario della Costa d'Avorio non è in grado di reggere: al momento dei primi tre decessi, le persone ricoverate ed intossicate erano già 3000. Con il passare del tempo, la situazione è drammaticamente peggiorata. La mattina del 6 settembre, il ministero ivoriano della sanità ha reso noto che sono stati ricoverati altri 1.500 intossicati, sollecitando un aiuto dall'estero.
Secondo una fonte diplomatica occidentale raggiunta per telefono dall'Ansa, la situazione e drammatica, i servizi sanitari non sono in grado di far fronte ad un'emergenza del genere e gli ospedali sono in tilt, presi d'assalto da gente in preda a disturbi polmonari, intossicazioni, eruzioni cutanee. Per non parlare dell'odore nauseabondo che grava su Abidjan.

In pratica, con lo scarico delle tonnellate di sostanze contenute nella stiva della Brobo Koala, l'intera capitale è diventata un enorme deposito di rifiuti tossici.
Dalle prime indagini delle autorità ivoriesi, risulta che i prodotti tossici, in particolare decaptati solforati, anidride solforosa, idrogeno solforato, provengono da Spagna e Olanda. Sostanze ad alto rischio per l'ennesima nave dei veleni.
Al momento in cui scriviamo, nella città la tensione è alta, con manifestazioni da parte degli abitanti della zona delle discariche, che hanno eretto barricate in alcune zone, con interi quartieri chiusi da blocchi di polizia ed esercito.
L'opposizione ivoriana accusa di lassismo il governo, dopo che le autorità portuali hanno ammesso di essere state a conoscenza dello scaricamento di sostanze pericolose da parte della Probo Koala.
Si tratta purtroppo di rifiuti liquidi, di sostanze che sono soggette a fermentazione che produce, e libera nell'aria, ingenti quantità di idrogeno solforoso, un gas inodore ma altamente tossico anche in piccole concentrazioni: provoca diarree, vomito, gola secca, broncospasmi, edema polmonare. A concentrazioni più elevate può provocare la morte.

La Probo Koala è immatricolata nei Paesi Bassi, batte bandiera panamense, l'armatore è di un paese diverso e i rifiuti caricati nei porti di un altro: la nave è salpata dall'Olanda ma ha fatto scalo in Spagna.
Il 9 settembre, il numero delle persone che si sono presentate negli ospedali accusando sintomi di intossicazione non è diminuito rispetto ai giorni precedenti; la popolazione, anche di fronte alle dimissioni del governo che ha ammesso di essere a conoscenza dell'arrivo del carico mortale, ha smesso di scendere in piazza per protestare, ma chiede cure e farmaci gratuiti per far fronte alle conseguenze delle esalazioni dei rifiuti tossici.
Fino ad ora, in aiuto alle autorità ivoriane è intervenuta solo la Francia: secondo notizie date dalla stampa locale, una squadra della protezione civile francese è stata inviata nel Paese africano con l'incarico di aiutare le autorità locali a proteggere la popolazione. I responsabili governativi ivoriani hanno varato un piano di emergenza per neutralizzare i rifiuti tossici, gestito da un apposito comitato interministeriale, che rimane in carica nonostante le dimissioni del governo. La priorità è la messa in sicurezza dei rifiuti tossici, abbandonati in diverse zone della città, e l'assistenza alle persone intossicate.
Sono almeno 9 i siti dove sono stati abbandonati i rifiuti all'aria aperta, in diversi quartieri di Abidjan, che conta circa 4 milioni di abitanti, quasi un terzo della popolazione ivoriana. I rifiuti sono giunti in Costa d'Avorio per essere trattati da un'azienda locale di gestione delle scorie. Azienda che doveva provvedere, dopo aver incassato i proventi della ricezione dei rifiuti, alla loro messa in sicurezza, che non è stata fatta: si è preferito abbandonare i rifiuti in città.

Sul piano politico, le dimissioni del governo di unione nazionale sono state criticate dall'opposizione, che teme una manovra del Presidente e del Primo Ministro per nascondere le responsabilità nella vicenda.
Nella giornata del 10 settembre, il bilancio si è aggravato: secondo il ministero della Sanità ivoriese, si è giunti a 6 morti e 9000 intossicati.
Bilancio che è destinato ad aggravarsi ulteriormente, se non si provvede, anche attraverso la cooperazione internazionale, a mettere in sicurezza le strade, i terreni, i quartieri e l'aria di Abidjan.
La Francia ha cooperato, mandando la sua protezione civile; gli altri Paesi d'Europa hanno scelto di non dedicarsi a questo problema, nonostante quei fusti della morte rechino scritte in spagnolo e olandese.
Ancora una volta, come avviene oramai da un trentennio nel settore dei rifiuti, l'Africa paga il prezzo ambientale - e in questo caso anche sanitario - dello sviluppo industriale dell'Unione Europea: il caso di Abidjan non è il primo e non sarà certo l'ultimo episodio di "nave dei veleni".

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