di Michele Paris

Tra il 4 e il 17 del mese di dicembre, negli Stati Uniti sono deceduti due veterani del Congresso, l’ex deputato del Texas Jack Brooks e il senatore delle Isole Hawaii Daniel Inouye. 89 anni il primo e 88 il secondo, i due parlamentari democratici sono stati oggetto di elogi sulla stampa istituzionale americana per i risultati ottenuti nelle rispettive lunghissime carriere politiche.

Ciò che è rimasto assente dai loro necrologi è però un episodio, estremamente significativo del degrado delle istituzioni democratiche americane, che li ha visti protagonisti un quarto di secolo fa, quando entrambi facevano parte della commissione d’inchiesta sul cosiddetto scandalo Iran-Contras.

Per quanto riguarda Jack Brooks, soprattutto la stampa liberal d’oltreoceano ha ricordato come egli sia stato uno dei pochi parlamentari democratici del sud degli Stati Uniti ad appoggiare le leggi sull’emancipazione razziale negli anni Sessanta, ma anche la sua presenza su un auto che faceva parte del convoglio del presidente Kennedy quando fu assassinato a Dallas il 22 novembre 1963.

Nel ricordo del senatore di origine giapponese Daniel Inouye non è potuto mancare invece il suo impegno per le Hawaii nei 53 anni di servizio al Congresso, nonché la Medaglia d’Onore conferitagli nel 2000 dal presidente Clinton come riconoscimento tardivo per un suo atto eroico durante la Seconda Guerra Mondiale sul fronte italiano che gli causò la perdita di un braccio.

Come già anticipato, tuttavia, Brooks e Inouye erano anche due dei rappresentanti democratici di Camera e Senato selezionati per la Commissione del Congresso incaricata di fare luce su una delle più gravi crisi scoppiate durante la presidenza Reagan o, meglio, di evitare che riguardo ad essa venissero resi noti tutti gli imbarazzanti dettagli.

L’affare Iran-Contras (o Irangate) venne alla luce nel novembre del 1986, quando il giornale libanese Ash-Shiraa rivelò l’esistenza di un piano segreto autorizzato dalla Casa Bianca per vendere armi all’Iran in cambio della liberazione di ostaggi americani in Libano nelle mani di Hezbollah, la milizia sciita appoggiata dalla Repubblica Islamica. Il piano, in realtà, era stato variato rispetto alla sua forma originaria per consentire di destinare una parte dei proventi di queste forniture ai Contras, cioè i gruppi armati controrivoluzionari che combattevano il governo Sandinista del Nicaragua e che si erano distinti per avere commesso svariati crimini e abusi.

Qualche giorno prima della rivelazione giornalistica, lo scandalo era peraltro già emerso in seguito all’abbattimento in Nicaragua di un aereo che trasportava armi destinate ai Contras. L’unico sopravvissuto dei quattro membri americani dell’equipaggio - Eugene Hasenfus - in una conferenza stampa organizzata dai sandinisti a Managua aveva infatti ammesso che l’aereo su cui viaggiava stava appunto trasportando armi e faceva parte di un piano operato dalla CIA.

Vennero successivamente alla luce anche aspetti ancora peggiori dell’operazione: gli aerei americani, che decollavano dalla base militare di Ilopango in El Salvador, trasportavano armi in Nicaragua, e droga dalla Colombia, i cui proventi servivano a finanziare l’esercito terroristico dei Contras. A coordinare le attività in El Salvador c’erano Frank Carlucci e Luis Posada Carriles, il terrorista di origini cubane denominato il “bin Ladin delle Americhe”, legato alla Fondazione Nazionale Cubano Americana fondata proprio con il sostegno diretto di Ronald Reagan con l’incarico di colpire Cuba con il terrore.

Un giornalista americano, Gary Webb, vinse due premi Pulitzer con i suoi articoli pubblicati sul San Josè Mercury News e con il libro-inchiesta The Dark Alliance (L’alleanza oscura) proprio sull’operazione Iran-Contras. Pochi mesi dopo la sua pubblicazione venne trovato morto in casa con due colpi di fucile nel petto. Le autorità parlarono di suicidio..

Le operazioni segrete, approvate dal presidente Reagan, dimostravano quanto meno la doppiezza della condotta del governo americano, il quale nonostante la posizione ufficiale anti-iraniana stava fornendo armi a Teheran, alimentando di fatto le violenze nella sanguinosa guerra in corso con l’Iraq, al cui fianco gli Stati Uniti erano invece ufficialmente schierati. Inoltre, qualsiasi genere di assistenza ai Contras era palesemente illegale, dal momento che era stata proibita dal cosiddetto Emendamento Boland, dal nome del deputato democratico del Massachusetts che aveva promosso questa legislazione tra il 1982 e il 1984.

Malgrado gli ostacoli legali, l’amministrazione Reagan aveva dato comunque il via libera all’operazione segreta, incaricandone della responsabilità il tenente colonnello Oliver North, uno dei membri del Consiglio per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca.

La commissione congiunta di Camera e Senato tenne così numerose sessioni dedicate allo scandalo, fino a che, il 13 luglio 1987, il dibattito finì per sfiorare una questione ad esso collegata ma con implicazioni ben più gravi. In quell’occasione, il deputato Jack Brooks provò cioè a chiedere conto allo stesso Oliver North del suo coinvolgimento in un piano segreto precedente all’affare Iran-Contras e che era stato rivelato il 5 luglio da un articolo del quotidiano Miami Herald.

Questo piano andava sotto il nome di “Operazione Rex ’84” (“Readiness Exercise 1984”) e prevedeva, tra l’altro, la sospensione della Costituzione negli Stati Uniti, l’entrata in vigore della legge marziale, l’assegnazione dei compiti di governo sia a livello statale che locale ai militari e l’arresto di un vasto numero di americani considerati una minaccia alla sicurezza nazionale. Un simile scenario avrebbe dovuto scattare nel caso in cui il presidente avesse dichiarato lo Stato di Emergenza Nazionale per far fronte ad una prevedibile ondata di opposizione nel paese in conseguenza dell’invasione americana di un paese centro-americano, come appunto il Nicaragua.

L’Operazione Rex ’84 era stata organizzata da Oliver North e da John Brinkerhoff, uno dei dirigenti dell’Agenzia Federale per la Gestione delle Emergenze (FEMA), alla quale sarebbero stati dati ampi poteri nell’eventualità dell’esplosione di una crisi in territorio statunitense. Secondo il Miami Herald, il piano di North e Brinkerhoff per l’amministrazione Reagan si ispirava ad uno documento del 1970 di Louis Giuffrida, un militare nominato direttore della FEMA nel 1981 dal presidente repubblicano, nel quale prospettava, nell’ambito di una situazione di emergenza nazionale, il trasferimento forzato di milioni di afro-americani in campi di detenzione.

Secondo le trascrizioni della seduta in questione, Brooks chiese dunque a Oliver North se, come membro del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, gli fosse stato affidato l’incarico di lavorare ad un piano per garantire la “continuità del governo” da mettere in atto in caso di un qualche “significativo disastro”.

La domanda sembrò scuotere North e il suo legale, Brendan Sullivan, il quale si rivolse al senatore Daniel Inouye, co-presidente della commissione assieme al deputato dell’Indiana, Lee Hamilton, anch’egli democratico. Inouye intervenne allora prontamente affermando che “la domanda andava a toccare un’area altamente sensibile e classificata” e invitando perciò Brooks a desistere dal suo intento.

Quest’ultimo provò comunque a insistere, manifestando la propria preoccupazione, poiché aveva letto sul Miami Herald che “era stato realizzato un piano, da questa stessa agenzia (il Consiglio per la Sicurezza Nazionale), che in caso di emergenza prevedeva la sospensione della Costituzione”. Brooks si domandava se North avesse lavorato in questo ambito e, essendone praticamente certo, intendeva averne conferma dal diretto interessato.

Per tutta risposta, Inouye chiuse il discorso sull’Operazione Rex ’84, invitando “rispettosamente” ancora una volta il collega democratico “a non toccare l’argomento in questa occasione”, poiché, nel caso ci fosse stato qualche interesse, era certo che si sarebbe potuto affrontare in un’altra sessione. Brooks a questo punto lasciò cadere la questione e la commissione prevedibilmente non tornò più sull’argomento.

L’Operazione Rex ’84 e il tentativo di evitare qualsiasi discussione pubblica su di essa da parte del defunto senatore Inouye testimoniano sia il processo di erosione dei diritti democratici negli Stati Uniti in atto da almeno tre decenni sia la progressiva scomparsa dal panorama politico americano di voci autenticamente progressiste disponibili a difendere pubblicamente questi stessi diritti.

Alcune delle misure previste dal piano stilato dal colonnello Oliver North su richiesta dell’amministrazione Reagan, infatti, sarebbero state non a caso riprese negli anni successivi, in particolare con l’inaugurazione della guerra al terrore promossa da George W. Bush dopo l’11 settembre 2001.

Le incarcerazioni di massa di oppositori previste dall’Operazione Rex ’84 vennero ad esempio prese in considerazione - ai danni di cittadini arabi americani - nei mesi precedenti l’invasione dell’Iraq, come rivelò nel luglio del 2002 un articolo del quotidiano Detroit Free Press basato sulle dichiarazioni rilasciate da una fonte interna alla Commissione per i Diritti Civili negli Stati Uniti.

Gli assalti ai diritti garantiti dalla Costituzione hanno fatto registrare in ogni caso una drammatica escalation nell’ultimo decennio, questa volta sanzionati legalmente da provvedimenti come il "Patriot Act "o con la creazione del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale e del Comando Settentrionale delle Forze Armate (NORTHCOM), quest’ultimo con lo scopo di condurre potenziali operazioni militari sul suolo americano nonostante le limitazioni imposte fin dal 1878 dal Posse Comitatus Act.

L’obiettivo sempre più sfuggente del terrorismo globale, in definitiva, ha finito per fornire alla classe dirigente americana la giustificazione per implementare misure profondamente anti-democratiche - dai tribunali militari alla facoltà del governo di controllare virtualmente tutte le comunicazioni dei propri cittadini, dalle detenzioni indefinite al potere del presidente di ordinare l’assassinio di chiunque sia sospettato di minacciare la sicurezza nazionale - che affondano le radici in piani segreti come quello appena sfiorato dall’inchiesta sullo scandalo Iran-Contras 25 anni fa e che mirano a creare le fondamenta legali per controllare e reprimere sul nascere qualsiasi opposizione interna ad una classe politica sempre più impopolare.

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