di mazzetta

Parlando di guerre che non interessano a nessuno nel nostro paese, sembra avviarsi verso una relativa stabilizzazione la situazione in Ciad.
All'inizio della primavera il presidente Idriss Deby era stato sfiduciato da esponenti della sua stessa etnia (dominante nel paese) e quasi la metà dell'esercito aveva disertato, in aperta polemica con l'organizzazione delle imminenti elezioni, organizzate chiaramente per permettere la riconferma del vecchio dittatore. I ribelli sembravano destinati ad avere la meglio e, dopo essersi organizzati per alcuni mesi nella parte orientale del paese, sconfinando anche nella regione del Darfur, nel vicino Sudan, avevano dato l'assalto alla capitale. Deby aveva denunciato di essere vittima di un complotto sudanese e interrotto le relazioni diplomatiche con il vicino, allineandosi alla politica della destra americana, ma sul piano militare era molto debole. Ad aiutarlo hanno provveduto militari francesi su precise indicazioni di Parigi, che hanno fermato le colonne dei ribelli che convergevano sulla capitale. Per Parigi, Deby è un capo di stato "democraticamente eletto"; poco importa che in Ciad nessuna delle prove elettorali sotto Deby sia mai stata considerata meno di una farsa dalle organizzazioni internazionali. Che il regime di Deby sia malfamato lo confermò anche la decisione della World Bank di concedere un prestito per la costruzione dell'oleodotto fino al Golfo di Guinea, che avrebbe permesso al Ciad di divenire un esportatore di oro nero. Lo storico contratto di concessione del prestito doveva, nelle parole della Banca Mondiale, tramutarsi in un modello "etico" di cooperazione internazionale. Secondo l'accordo per la concessione del prestito, gli incassi provenienti dai pozzi di EXXON ed Elf sarebbero dovuti passare per la Banca Mondiale (che dimostrava assoluta sfiducia in Deby), la quale avrebbe assicurato che una percentuale fissa sarebbe stata destinata alla spesa sociale nel poverissimo paese.

L'accordo si è rivelato invece uno dei consueti escamotage con i quali le grandi corporation petrolifere ottengono fondi per lo "sviluppo" destinati alla costruzione dei propri impianti da quegli organismi internazionali istituiti in teoria per più nobili scopi. A evidente conferma di ciò, è bastato che Deby reclamasse i fondi per le spese sociali, perché la Banca Mondiale acconsentisse. Deby aveva sicuramente buoni argomenti, ha detto esplicitamente che quei soldi servivano per garantire la "sicurezza" dello stato e delle esportazioni e che senza quei soldi sarebbe stato costretto a bloccare la produzione. Quindi la Banca Mondiale ha trovato naturalissimo stornare i fondi "sociali" verso l'acquisto di armi per mantenere la "sicurezza" della dittatura.

Non deve stupire: alla guida della WB c'è ora Paul Wolfowitz, uno di quelli grazie ai quali i fondi per la ricostruzione in Iraq sono finiti alle aziende contractor in cambio di niente per gli iracheni; figurarsi che dilemma morale può essere lo storico accordo "etico" per un personaggio del genere.
Poteva bastare, ma di fronte alla prospettiva di allargare il business si è fatto anche di più. Ottenuti i soldi e una relativa tranquillità, Deby si è barricato nella capitale e si è dato molto da fare con le relazioni internazionali. Ha normalizzato i rapporti con il Sudan ( non più governo di terroristi islamici), con l'Occidente ed ha anche rivisto la sua politica verso la Cina.

Tutta questa operazione ha avuto un grande aiuto dal progetto governativo di raddoppiare l'estrazione petrolifera a breve. EXXON, Elf e i rispettivi governi hanno evitato di preoccuparsi della caratura morale di Deby, così come della sua rappresentatività democratica. Anche la Cina si è presentata alla festa e ha ottenuto concessioni e offerto investimenti. Deby non ha avuto alcuna difficoltà a riconoscere il governo cinese per la prima volta e allo stesso tempo a disconoscere quello di Taiwan. Tutti contenti.

Proprio tutti no, resterebbero i signori ribelli, che in realtà rappresentano oltre la metà dell'esercito e quasi tutta la classe affluente che non sia in affari diretti con il presidente. I signori ribelli per ora restano nel Sud e nell'Est del paese, con basi anche in Sudan e nella Repubblica Centroafricana. Qui non sono stati bene accolti dal presidente centraficano François Bozizè, che pure aveva conquistato il potere nel 2003 grazie a truppe mercenarie del Ciad, potere poi confermato con "libere elezioni" nel 2005. Bozizè ha chiesto aiuto alla Francia che però non sembra considerare un pericolo i ribelli.

Sul piano umanitario il risultato ultimo di questi simpatici investimenti in "sviluppo" è che hanno determinato una situazione spaventosa per le popolazioni. Posto che dai governi locali non arriva un euro, la regione che comprende il Darfur, il Chad Sud-Orientale e il Bord della Repubblica Centrafricana è diventata un territorio vastissimo punteggiato di campi profughi (quasi due milioni di darfurini, qualche centinaio di migliaia di ciadiani, sia rifugiati oltre frontiera che interni).

Potrebbe sembrare un gioco a somma zero, perché non si vede all'orizzonte nessuno "sviluppo" (i soldi del petrolio finiranno in armi), nessuna "democrazia" (anche se a USA, Francia e anche Cina va bene lo stesso) e non c'è nemmeno la tanta agognata "sicurezza". Le sole cifre destinate ad aumentare sono quelle del guadagno delle aziende petrolifere, il numero dei rifugiati, quello dei morti e dei moribondi civili e presumibilmente quello dei "terroristi".

Infine una notazione: la situazione in Ciad non è numericamente ed eticamente meno orribile di quella del Libano e della Palestina e quella del vicino Darfur negli ultimi tre anni è stata anche esponenzialmente peggiore. Sono situazioni che l'Occidente risolve sostenendo anacronistiche dittature, a patto che queste consentano le privatizzazioni e l'asportazione delle risorse naturali ad esclusivo vantaggio delle grandi corporation globali. Tutto questo viene soavemente ignorato in Occidente, dove anche le "storiche" ed "etiche" determinazioni degli organismi sopranazionali funzionano solo come un velo sulle terribili ferite del mercantilismo globalizzato. Centomila morti nel Darfur valgono meno di un solo europeo morto in uno dei tanti conflitti in corso sul pianeta.

A corollario del teorema sopra presentato vi è il fatto che i paesi occidentali non onorano nemmeno gli impegni minimi assunti nelle sedi internazionali, non si trovano i soldi per assistere milioni di profughi; eppure basterebbe una frazione insignificante dei profitti di un anno della EXXON.
Agli abitanti di quelle lande desolate non resta molto da fare: quelli scappati nella Repubblica Centrafricana sono riusciti ad ottenere un raccolto con i semi donati dalla cooperazione, altri meno fortunati neanche quello. Le famiglie di profughi decidono di mandare gli uomini validi verso l'Europa, nella speranza che possano trovare un lavoro e forse un nuovo rifugio da così tanti orrori.

Con i soldi raccolti tra i parenti partono così i migliori giovani, attraversando il deserto in condizioni raccapriccianti. Giorni di viaggio per giungere alle coste della Libia, altre settimane in attesa del passaggio per mare. Poi la traversata, a bordo di qualsiasi cosa, a qualsiasi rischio, spesso da una parte del tragitto da farsi a nuoto, per quelli che ce la fanno. A questi eroi, invece di fornire asilo, l'Europa provvede accogliendoli in un CPT, dove magari un maresciallo spiritoso li prenderà a calci per far interpretare loro l'allegro slogan; "Italia Uno!" da mandare alla rete giovane del Biscione, forse nella speranza che venga scelta per accompagnare le sue pubblicità e offra a lui l'illusione di essere parte del grande spettacolo globale.

Rimane difficile pensare che questa sia la "globalizzazione" che dovrebbe avere effetti taumaturgici sulle economie e sulle società nel terzo millennio, anche perché gli unici indici macro che contribuisce a far crescere sono quelle dei guadagni delle corporation, delle catastrofi umanitarie, mentre fa crollare ovunque tutti gli altri indicatori dello sviluppo umano e crea irrisolvibili ed enormi problemi sociali, costringendo alla migrazione perenne milioni di persone.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy