di D.J. Angrisani

Dopo settimane di notizie negative, lutti e tragedie da tutto il mondo, forse una buona notizia per coloro che sperano nella pace, arriva dagli Stati Uniti d'America. Alcuni notti orsono, nelle primarie democratiche del Connecticut, Joe Lieberman, senatore ebreo democratico ex candidato vicepresidente con Al Gore, indubbiamente il più filo Bush tra i democratici, è stato sconfitto da un ex perfetto sconosciuto, Ned Lamont, che ha basato la propria campagna presidenziale su un concetto molto semplice: il ritiro delle truppe americane dall'Iraq. Questa sfida delle primarie era diventata molto importante in quanto si era di fatto trasformata in un referendum della base democratica sulla politica estera del partito e sull'appoggio fornito da diversi senatori democratici alla guerra in Iraq. Il suo risultato, all'inizio completamente insperato, darà molte preoccupazioni a coloro che, all'interno del partito democratico, aspirano alla nomination nel 2008, ma che hanno sulla propria coscienza la macchia di aver votato a favore della guerra in Iraq. Lieberman ha concesso la sconfitta di misura, come da tradizione, con una chiamata a Lamont nel corso della notte. Ma allo stesso tempo ha detto dinanzi ai suoi supporter che pensa di correre come indipendente per le elezioni di novembre e che in questa veste pensa di vincere le elezioni generali di novembre. Quel che è certo, al momento, è che, almeno ufficialmente, gli alti papaveri del partito democratico, il capogruppo al Senato Reid e la senatrice Clinton, hanno deciso di appoggiare colui che rappresenta la libera scelta degli elettori democratici, ovvero Lamont, sebbene sinora avessero preferito, anche abbastanza apertamente, l'eventuale vittoria di Lieberman alle primarie. La sconfitta di Lieberman, fidatissimo tra l'altro della mafia terroristica cubana della Florida, guidata dalla Fondazione Nazionale Cubano Americana (Fnca), può significare l'inizio della parabola discendente per tutti quegli esponenti "di frontiera" tra Repubblicani e Democratici, che con la loro ambiguità politica ed in nome di interessi non sempre cristallini, hanno permesso alla Casa Bianca di spadroneggiare nel Congresso e nel Senato più di quanto i numeri in possesso dell'Amministrazione Bush avrebbero consentito.

A parte comunque le dichiarazioni bellicose di Lieberman dopo l'inaspettata sconfitta, sembra ragionevole attendersi che, come da primi sondaggi d'opinione effettuati subito dopo la chiusura delle urne per le primarie, quando si capirà che comunque l'andamento è favorevole a Lamont anche per le elezioni generali di mid-term di novembre, Lieberman potrebbe ritirarsi dalla corsa e lasciare via libera a Lamont per diventare il nuovo senatore del Connecticut.

Questo risultato risulta ancora più significativo se lo si inserisce in un contesto che ha visto in altre elezioni primarie tenute negli Stati Uniti per i candidati alla Camera dei Rappresentanti, chiavi di lettura simili: a cominciare dalla Georgia, dove Cynthia McKinney, conosciuta per le sue posizioni politiche piuttosto eccentriche, è stata sconfitta da Hank Johnson nelle primarie democratiche.
Risultato buono anche in Colorado, dove Ed Perlmutter, che si è candidato presentandosi come "il democratico dei democratici", ha sconfitto l'ex deputato statale Peggy Lamm ed un altro candidato locale. E anche in Michigan, John J.H. "Joe" Schwarz, repubblicano moderato, è stato sconfitto alle primarie repubblicane dal suo sfidante conservatore, Tim Walberg

Quello che sembra chiaro da tutti questi risultati è che, come fanno notare diversi analisti, il messaggio contro la guerra, contro Bush, contro l'estabilishment e contro i politici di Washington è molto efficace e sentito per attrarre voti dall'elettorato di entrambi i partiti. Staremo a vedere se questo basterà a novembre per cambiare la fisionomia politica del Congresso dopo 12 lunghi anni e dare vita ad una nuova era politica di cambiamento negli Stati Uniti, dopo la grande ondata dei neoconservatori che tanti danni ha fatto sia in politica interna che, soprattutto, in quella estera.

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