di Luca Mazzucato

NEW YORK. Uno spettro si aggira per l'America: “Miliardari di tutto il mondo unitevi!”. Con questo grido di battaglia, alcuni tra gli uomini più ricchi del paese stanno spendendo centinaia di milioni di dollari nella campagna elettorale contro Barack Obama. Un'azione coordinata in tutti gli Stati a suon di martellanti (e costosi) spot elettorali che si avvicendano senza sosta sulle tv via cavo. Grazie a questi miliardari il partito repubblicano sta ammassando un'enorme fortuna da usare nella campagna elettorale per Mitt Romney.

Secondo le previsioni, Romney sta raccogliendo fondi per circa il doppio del Presidente. Sulla questione del finanziamento ai partiti, l'America e l'Italia se la giocano alla pari, in quanto a corruzione e malaffare. Che i soldi siano diventati il fattore determinante delle vittorie elettorali è sotto gli occhi di tutti, e i democratici con Nancy Pelosi timidamente fanno outing a favore del ritorno ai finanziamenti pubblici. Purtroppo per i democratici, i loro avversari hanno trovato la gallina dalle uova d'oro. Ogni repubblicano che si rispetti ha il proprio “crazy billionaire” pronto a staccare assegni per decine, o anche centinaia, di milioni di euro, per finanziare campagne elettorali a cui altrimenti nessuno darebbe una lira. Il partito repubblicano dunque, non più legato al supporto popolare per raccogliere i fondi, ha le mani libere.

I fratelli Koch, David H. e Charles G., si sono comprati un governatore, Scott Walker del Wisconsin. Dalla sentenza Citizens United del 2010, in America non esistono più limiti alle donazioni elettorali. Dunque i fratelli Koch hanno donato trenta milioni di dollari a Walker nelle elezioni di martedì scorso, polverizzando l'avversario, il democratico Tom Barrett che si è fermato a meno di tre milioni di dollari. Il governatore Walker è forse il più radicale tra i repubblicani, famoso per aver reso illegale la contrattazione collettiva dei sindacati, le cui lotte avevano portato alle recenti elezioni.

“Adoro i piani ben riusciti,” direbbe il colonnello Smith dell'A-Team, in coro con i fratelli Koch. I due miliardari hanno deciso di mettere a buon frutto questa vittoria per passare all'attacco nazionale. Contribuiranno a Mitt Romney trecento milioni di dollari, in contanti. Una bazzecola, per i due fratelli la cui fortuna personale è stimata attorno ai cinquanta miliardi di dollari. Potrebbero da soli comprarsi tutti i politici del paese. Infatti ci stanno provando.

Ovviamente non sono soli, in questo assalto all'ultimo voto a suon di contanti: tutte le corporation si sono accodate. “Le aziende sono persone, caro mio!” disse Romney in un celebre comizio, e dunque hanno il diritto alla libertà di parola, che si esplica tramite il denaro. Ad esempio, le aziende del Tabacco.

In California, non fuma quasi nessuno. Il fumo è vietato dappertutto. Un referendum martedì scorso chiedeva alla popolazione di aumentare di un dollaro la tassa sulle sigarette, per raccogliere mezzo miliardo di dollari da donare alla ricerca sul cancro. In Marzo, due elettori su tre erano a favore della tassa. Philip Morris e soci non ci sentono e il cartello del tabacco mette in campo cinquanta milioni per spot elettorali contro la nuova tassa. Avanti veloce fino al giorno del voto: il cartello del tabacco rovescia i sondaggi e vince il referendum. Servirebbe uno studio su quanti soldi per voto sono necessari nei diversi contesti elettorali. Di sicuro i repubblicani lo studio l'hanno già fatto e lo stanno applicando alla perfezione.

Mentre quattro anni fa Obama era cool tra i traders di Wall St., ora la finanza ha deciso di voltargli le spalle e puntare su Romney per una totale deregulation. I più grandi donatori del partito democratico sono i tre grossi sindacati. Ma Scott Walker in Wisconsin ha mostrato la strada per marginalizzare i sindacati: da quando ha abolito la contrattazione collettiva, in un anno i sindacati hanno perso metà degli iscritti. Un piano perfetto per privare i democratici dell'unica fonte di grossi finanziamenti. Ma se le presidenziali sono aperte e i candidati si rincorreranno voto su voto, la grossa differenza è nelle elezioni per il Senato e il Congresso: lì dieci milioni in più significano vittoria sicura per un candidato, e dunque il controllo dei cordoni della borsa del paese.

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