di Michele Paris

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha iniziato lunedì una tre giorni di udienze per esaminare la costituzionalità di una parte fondamentale della riforma sanitaria firmata dal presidente Obama nel marzo 2010. L’insolito spazio dedicato dal più alto tribunale americano ad un caso portato alla propria attenzione testimonia dell’importanza di una decisione che inciderà pesantemente sul futuro del provvedimento di ampio respiro faticosamente approvato dall’allora maggioranza democratica al Congresso.

A ben vedere, tuttavia, l’intero dibattito sembra riflettere più che altro le posizioni contrastanti all’interno delle varie sezioni della classe dirigente d’oltreoceano su una riforma che, in ogni caso, porterà ben pochi reali benefici per la maggioranza della popolazione.

Il tribunale costituzionale statunitense ha riservato ben sei ore, suddivise in tre giorni, per ascoltare i pareri delle parti in causa in un’aula affollata di spettatori. A questi si sono poi aggiunti numerosi manifestanti a favore e contro la riforma, accampati da giorni fuori dall’edificio che ospita la Corte a Washington.

Nei mesi scorsi, contro il cosiddetto Patient Protection and Affordable Care Act (PPACA), svariati tribunali federali avevano assistito all’apertura di una serie di procedimenti legali, tra cui quelli presentati da 26 stati americani e da alcune organizzazioni imprenditoriali. Le varie corti distrettuali e d’appello interpellate avevano emesso verdetti contrastanti sulla riforma sanitaria di Obama, finendo per rimettere l’intera questione della sua costituzionalità nelle mani dei nove giudici della Corte Suprema.

Il nodo cruciale del dibattimento risulta essere la legittimità dell’obbligo imposto dal governo federale a tutti gli americani, ad esclusione di coloro che vivono di fatto in condizioni di povertà, di ottenere un’assicurazione sanitaria, pena il pagamento di una sanzione che può arrivare fino al 2% del reddito.

Nella giornata di lunedì, la prima udienza è stata però dedicata ad un aspetto preliminare, cioè se la Corte Suprema abbia la facoltà di esprimersi sulla questione centrale della riforma prima che essa sia stata implementata. Secondo una norma del 1867 (Anti-Injunction Act), infatti, contro le leggi che riguardano una tassa - in questo caso la sanzione prevista per coloro che non avranno una polizza - non possono essere valutati ricorsi prima che qualche cittadino abbia effettivamente iniziato a pagare la tassa stessa. Per la causa in discussione, tale data sarebbe non prima dell’aprile 2015, cioè un anno dopo l’entrata in vigore del provvedimento.

Alla legge del XIX secolo aveva fatto riferimento una sentenza dello scorso anno della Corte d’Appello di Richmond, in Virginia, secondo la quale non era appunto possibile deliberare sulla questione prima del 2015. L’amministrazione Obama aveva inizialmente puntato su quest’ultimo parere per evitare che la causa potesse finire da subito all’attenzione della Corte Suprema, ma ha poi desistito chiedendo anch’essa un verdetto immediato. Con tutte e due le parti d’accordo sull’invalidità della legge del 1867 riguardo al caso specifico, è altamente probabile che i giudici della Corte Suprema emetteranno una sentenza a breve.

Sia ieri che oggi, all’ordine del giorno è invece il cuore stesso della questione, il cosiddetto “individual mandate”, difeso per la Casa Bianca dal procuratore (“Solicitor General”) Donald B. Verrilli jr. Per l’amministrazione Obama, l’obbligo imposto agli americani di ottenere un’assicurazione sanitaria rientra tra le facoltà del governo stabilite dalle leggi che regolano il commercio interstatale.

Secondo questa interpretazione, il mancato ottenimento della copertura inciderebbe pesantemente sull’intero sistema, il quale, dal momento che proibirà alle compagnie di rifiutare l’assicurazione a pazienti con malattie pregresse, si regge precisamente sul pagamento delle polizze da parte della maggior parte della popolazione.

Nel valutare la costituzionalità dell’obbligo individuale, la Corte Suprema potrebbe anche decidere l’eventuale legittimità dell’intera riforma. Oltre a questo punto, la Corte ha accettato di esprimersi su un’altra misura prevista dalla legge Obama, quella dell’autorità del governo federale di ampliare il numero di americani coperti dal programma pubblico di assistenza Medicaid, previsto per i redditi più bassi.

La sentenza definitiva verrà emessa nel mese di giugno, inserendosi nel pieno della campagna elettorale per la Casa Bianca. A giudicare dalle perplessità rivelate dalle domande poste martedì dai componenti della Corte Suprema al procuratore Verrilli, i sostenitori della riforma dovranno assicurarsi il voto di almeno uno dei quattro giudici dell’ala conservatrice (Samuel Alito, Antonin Scalia, Anthony Kennedy e il presidente John Roberts). I quattro moderati (Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor e Elena Kagan) si schiereranno invece quasi sicuramente a favore del mandato individuale, mentre l’altro giudice conservatore, Clarence Thomas, dovrebbe esprimere parere contrario.

Come già ricordato, la riforma voluta dal presidente democratico prevede che tutti gli americani attualmente senza copertura sanitaria, per non incorrere in una sanzione, debbano stipulare una polizza entro il 2014, tramite il proprio datore di lavoro, un programma pubblico o con l’acquisto individuale in un mercato delle assicurazioni (“exchange”), creato appositamente dai singoli stati. Parallelamente, le aziende con più di 50 addetti dovranno offrire loro una copertura sanitaria oppure pagare una sanzione minima, pari a 2.000 dollari per ogni dipendente.

Proprio quest’ultimo punto rappresenta uno degli aspetti più negativi della riforma. Come ha messo in luce recentemente uno studio dell’Ufficio per il Budget del Congresso, entro la fine di questo decennio fino a 20 milioni di americani potrebbero perdere la copertura assicurativa attualmente garantita dai datori di lavoro, ovviamente incentivati a pagare una sanzione insignificante piuttosto che accollarsi costosi piani di assistenza sanitaria. Coloro che resteranno privi della copertura in questo modo saranno costretti ad acquistare di tasca propria una polizza sul mercato regolato dagli stati (“exchange”), con ogni probabilità costituito da piani decisamente meno vantaggiosi.

Più in generale, nonostante la riforma di Obama sia stata presentata come una conquista fondamentale per gli americani senza una copertura sanitaria, in realtà essa rappresenta pressoché esclusivamente un regalo alle compagnie assicurative private. Queste ultime hanno infatti abbandonato la loro ferma opposizione alla nuova legge nel momento in cui l’amministrazione Obama aveva rinunciato ad ogni tentativo di introdurre un piano pubblico nel sistema sanitario degli Stati Uniti. Grazie al provvedimento finale, così, queste compagnie si sono ritrovate con decine di milioni di nuovi potenziali clienti, obbligati per legge ad acquistare una polizza assicurativa.

Anche se la riforma si basa dunque quasi del tutto sul settore privato, il Partito Repubblicano e gli ambienti di estrema destra hanno criticato duramente da subito il provvedimento e, in particolare, l’obbligo individuale di ottenere un’assicurazione, definito, contro ogni logica ed evidenza, il primo passo verso un sistema sanitario di stampo “socialista”.

Lo stesso Obama, anzi, aveva fin dall’inizio messo in chiaro che lo scopo della riforma non era la creazione di un sistema universale nel quale l’accesso a cure sanitarie adeguate veniva considerato un diritto fondamentale. Al contrario, gli obiettivi principali sono sempre stati la riduzione dei costi per il governo federale e l’aumento dei profitti per le compagnie private, con il conseguente deterioramento dei servizi offerti.

Con queste premesse, qualsiasi decisione prenderanno i nove giudici della Corte Suprema di qui a tre mesi servirà solo ad alterare gli equilibri nello scontro tra i due principali partiti americani e i grandi interessi economici e finanziari a cui essi fanno riferimento.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy