di Carlo Musilli

A Berlino come ad Atene è stato un fine settimana al cardiopalma. Proprio mentre mancavano poche ore all'incontro che deciderà il destino della Grecia, il Paese leader dell'Eurozona - quello con maggior potere nelle trattative per il salvataggio - è sprofondato all'improvviso nel caos politico. Con lo spettro della bancarotta che si avvicina (14,4 miliardi di bond in scadenza il 20 marzo), ormai da settimane il Paese ellenico sta pregando per l'arrivo di due intese decisive: il via libera al nuovo pacchetto di aiuti internazionali da 130 miliardi di euro e l'accordo con i creditori privati per la ristrutturazione del debito.

Angela Merkel vorrebbe risolvere entrambe le questioni nella riunione dell'Eurogruppo di oggi pomeriggio, in modo da non lasciare nulla in sospeso e dare finalmente una linea certa. Al mercato come agli elettori. Ma se è vero che la sopravvivenza dei greci è legata a doppio filo alle bizze della politica interna tedesca, l'ultimo ciclone che ha travolto la cancelliera non poteva arrivare in un momento peggiore.

Venerdì frau Merkel ha ricevuto un colpo durissimo. Il presidente della Repubblica da lei sponsorizzato nel 2010, Christian Wulff, è stato costretto alle dimissioni da una patetica vicenda fatta di prestiti agevolati e vacanze regalate. La leadership della cancelliera viene così ulteriormente indebolita proprio quando le spaccature nel suo governo sulla questione greca sono ai massimi livelli.

Secondo il Financial Times, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, è alla testa dei "falchi" che vorrebbero lasciar fallire Atene, ipotesi alla quale Merkel si oppone strenuamente. L'indiscrezione è stata sommersa da un fiume inevitabile di smentite, ma a Bruxelles come nel resto d'Europa rimangono dubbi su come la Germania affronterà il dilemma greco dopo l'ultima tempesta interna.

Il tracollo di Wulff indurrà i tedeschi a essere ancora più rigidi nelle trattative per il salvataggio? Oppure, in piena crisi, Merkel preferirà non intralciare ancora una volta i negoziati? La prima strada riavvicinerebbe il governo a quell'ampia fetta di elettorato che non accetta di dover continuare a pagare per gli errori commessi da un altro paese. La seconda consentirebbe invece di trovare delle importanti stampelle politiche sul fronte interno (l'opposizione socialdemocratica) come su quello estero.

A giudicare dalle ultime esternazioni, sembrerebbe proprio che la cancelliera abbia optato per la seconda opzione: "Farò tutto il possibile per arrivare a un accordo con la Grecia lunedì", ha detto in teleconferenza con il nostro Mario Monti e con il primo ministro di Atene, Lucas Papademos. A Palazzo Chigi hanno "rilevato un atteggiamento più morbido e disponibile" da parte tedesca, tanto da essere "fiduciosi che lunedì all'Eurogruppo potrà essere raggiunto l'accordo".

Ora, che Merkel riesca a convincere i membri del suo governo fan della bancarotta senza subirne i condizionamenti è tutto da dimostrare. Com'è da dimostrare che questa soluzione sia davvero la migliore per il popolo greco. L'ultima bozza d'intesa messa a punto dai funzionari europei prevede infatti un commissariamento di ferro per il Paese ellenico. Il testo contiene dei vincoli finora mai imposti ad uno Stato sovrano.

Innanzitutto, si tratterebbe di creare un fondo speciale con i soldi necessari a ripagare il debito greco in scadenza nei prossimi 9-12 mesi. Come a dire: "Di voi non ci fidiamo. Facciamo noi. Quindi obbedite". Se a un certo punto questo fondo non fosse più sufficiente, allora si attingerà alle risorse prestate alla Grecia per far funzionare la macchina pubblica (stipendi, pensioni, sanità...). Altra bella pistola alla tempia. Dulcis in fundo, sarà nominata una commissione di esperti che sorveglierà la politica economica del governo ellenico. Per di più con diritto di veto. Con tanti saluti all'atteggiamento "morbido e disponibile".

Nel frattempo comincia a venire a galla qualcuno dei grossolani errori dell'Europa. Se la Grecia è ancora in queste condizioni, lo deve anche agli obiettivi di bilancio assurdi che Bruxelles gli ha imposto. Aspettando l'Eurogruppo, Commissione europea e troika (Ue, Bce, Fmi) si sono finalmente accorte che Atene non riuscirà mai a ridurre il suo debito pubblico al 120% del Pil entro il 2020 (oggi è oltre il 170%). Nel loro ultimo rapporto parlano del 125-129%, ed è ancora un'ipotesi ottimistica. Un esercito di studiosi ha dimostrato che, anche a quel livello, il debito greco sarebbe tutt'altro che sostenibile. Come a dire che, senza il default, Bruxelles rimarrà la vera capitale della Grecia ancora per molto tempo. Qualunque cosa succeda, il dilemma non si risolverà oggi.

 

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