di Michele Paris

Le conseguenze del colpo di stato di settimana scorsa alle Maldive continuano a farsi sentire nel panorama politico dell’arcipelago nell’Oceano Indiano. Mentre il deposto presidente, Mohamed Nasheed, insiste nel chiedere elezioni anticipate e il nuovo regime sta dando vita ad un governo di unità nazionale per consolidare il potere, nella capitale Malé sono giunti in questi giorni inviati delle Nazioni Unite e delle potenze con i maggiori interessi nell’arcipelago (India e Stati Uniti) per fare chiarezza sulla situazione e negoziare un’uscita pacifica dalla crisi.

A precipitare le Maldive nel caos erano state le dimissioni forzate martedì scorso del presidente Nasheed, eletto democraticamente nel 2008 dopo 30 anni di governo autocratico di Maumoon Abdul Gayoom. Nasheed era apparso in diretta TV annunciando la sua intenzione di farsi da parte in seguito alle insistite proteste di piazza organizzate da alcune settimane dall’opposizione. Il giorno successivo, tuttavia, Nasheed ha dichiarato alla stampa internazionale di essere stato costretto alle dimissioni dalle forze di polizia fedeli a Gayoom. Lo stesso vice-presidente che ha preso il suo posto alla guida del paese, Mohamed Waheed Hassan Manik, è stato accusato di aver cospirato contro di lui assieme all’ex uomo forte maldiviano, in questi giorni impegnato in un viaggio in Malaysia.

In risposta al golpe, a Malé sono scesi in piazza centinaia di sostenitori di Nasheed e del suo Partito Democratico delle Maldive (MDP), contro i quali le forze di sicurezza hanno risposto con cariche e gas lacrimogeni. Giovedì, poi, il Tribunale Criminale delle Maldive ha emesso un ordine di arresto per Nasheed e per il suo ormai ex ministro della Difesa. Il nuovo regime non ha però manifestato l’intenzione di applicare l’ordine di arresto, così che l’ex presidente continua a rimanere in libertà nella capitale e, anzi, sempre giovedì ha guidato una nuova manifestazione di piazza.

Venerdì, inoltre, Nasheed ha puntato nuovamente il dito contro la polizia e l’esercito, accusandoli di aver picchiato e arrestato parlamentari e sostenitori del suo partito nel corso delle proteste. Negli ultimi giorni, in ogni caso, nella capitale è sembrata prevalere la calma, anche se alcuni scontri sono stati segnalati nella città meridionale di Addu.

Già attivista per i diritti umani, Mohamed Nasheed aveva trionfato nelle prime elezioni multipartitiche della storia maldiviana nel 2008, conquistando la presidenza con quasi il 54% dei consensi ed estromettendo Maumoon Abdul Gayoom, al potere dal 1978. Durante il regime di quest’ultimo, Nasheed era stato più volte imprigionato, nonché costretto a vivere per parecchi anni in esilio in Gran Bretagna e Sri Lanka.

Le Maldive sono un arcipelago composto da quasi 1.200 isole nell’Oceano Indiano e contano poco meno di 400 mila abitanti, a larga maggioranza musulmani sunniti. Nonostante le isole siano una famosa meta per il turismo di lusso, la gran parte della popolazione vive in condizioni di povertà.

A partire dalla metà di gennaio, i principali partiti dell’opposizione maldiviana - tra cui il Partito Progressista delle Maldive (PPM) di Gayoom e il partito islamico DQP (Dhivehi Qaumee) - avevano indetto una serie di manifestazioni di protesta dopo che il presidente Nasheed aveva ordinato l’arresto del giudice Abdulla Mohamed, accusato di corruzione. Il giudice Mohamed aveva in precedenza ottenuto la scarcerazione del vice-presidente del partito DQP, Mohamed Jameel Ahmed, a sua volta accusato di diffamazione nei confronti del presidente.

Sia la Corte Suprema che il Procuratore Generale delle Maldive avevano dichiarato illegale l’arresto del giudice Mohamed, innescando di fatto una crisi costituzionale. Membri del governo di Nasheed, peraltro, hanno poi sostenuto che lo stesso giudice era più volte intervenuto nel recente passato per far naufragare procedimenti legali contro membri dell’opposizione. A novembre, ad esempio, Mohamed avrebbe fatto uscire dal carcere il figlio di Gayoom, Gassan Maumoon, arrestato per tentato omicidio.

Già a dicembre, in realtà, alcuni partiti islamici maldiviani avevano cercato di mobilitare i propri sostenitori contro Nasheed, accusato a loro dire di non aver rispettato a sufficienza i principi religiosi. Da tempo, negli ambienti religiosi si chiede un’interpretazione più rigorosa dell’Islam nel paese, una tendenza emersa con l’arrivo nell’arcipelago di predicatori fondamentalisti dal Medio Oriente. La diffusione dell’Islam nelle Maldive va fatta risalire probabilmente al dodicesimo secolo, quando i sovrani buddisti decisero di convertirsi, anche se l’applicazione dei principi religiosi è sempre stata piuttosto blanda.

Le origini del malcontento nel paese sono però da ricercare principalmente nelle mancate promesse elettorali del presidente Nasheed. Dal 2008 a oggi il livello di inflazione è salito vertiginosamente, mentre dure misure di austerity sono state implementate su richiesta del Fondo Monetario Internazionale. Le opposizioni, soprattutto islamiche, hanno così sfruttato i malumori diffusi nei confronti del presidente, cercando di mobilitare la popolazione. Quando alle proteste dell’opposizione si sono unite le forze di polizia e alcune sezioni dell’esercito, per il presidente Nasheed è stata la fine.

Insediato alla guida del paese già martedì scorso, l’ex vice-presidente Waheed domenica ha così inaugurato un governo di unità nazionale per ristabilire l’ordine nel paese in vista delle elezioni presidenziali del 2013, mentre, su richiesta della comunità internazionale, il giorno precedente aveva annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta per fare luce sui fatti delle ultime settimane che hanno portato alla rimozione di Nasheed. Quest’ultimo, da parte sua, non solo ha respinto l’offerta di entrare nel nuovo governo ma continua a chiedere elezioni anticipate.

Le Maldive sono situate in una posizione strategica nell’Oceano Indiano, al centro di rotte marittime commerciali fondamentali per gli interessi delle potenze regionali (India e Cina) e degli Stati Uniti. Soprattutto l’India ha tradizionalmente un’influenza particolare sull’arcipelago, come dimostra il fatto che Nasheed ha fatto appello proprio a Nuova Delhi quando sono iniziate le protese contro il suo esecutivo. Il governo indiano, però, si è rifiutato di fornirgli appoggio e settimana scorsa ha invece riconosciuto come legittimo il nuovo regime di Waheed. Anche da Washington era giunto l’immediato riconoscimento del golpe ma il Dipartimento di Stato ha fatto poi marcia indietro, sostenendo che andava fatta maggiore chiarezza sulla situazione nel paese.

Che le Maldive non siano un angolo di Oceano Indiano del tutto trascurabile per gli equilibri geo-strategici del continente asiatico è confermato anche dal fatto che l’amministrazione Obama ha inviato a Malé l’assistente al Segretario di Stato, Robert Blake, il quale sabato ha incontrato sia il nuovo presidente Waheed che il deposto Nasheed e altri leader politici locali. Al termine della sua vista, Blake ha confermato che gli USA non sono nella posizione di stabilire se Nasheed sia stato vittima di un golpe e, in ogni caso, ha affermato che le Maldive non sono pronte per elezioni anticipate, di fatto fornendo il proprio sostegno al neo-presidente Waheed.

Anche a Nuova Delhi sono ampiamente diffuse le preoccupazione per il caos nel paese e, soprattutto, per la radicalizzazione della società e della scena politica maldiviana. In un susseguirsi sui media indiani di editoriali che esprimono le apprensioni per l’incapacità di Nuova Delhi di risolvere una crisi politica in un paese d’importanza apparentemente secondaria, anche il governo di Manmohan Singh ha inviato un proprio rappresentante alle Maldive.

Per il loro interesse strategico, anche le Maldive sono così al centro delle rivalità delle varie potenze della regione. Nonostante il tradizionale ascendente dell’India, la Cina negli ultimi anni ha ad esempio intensificato i legami con Malé. Pechino ha infatti costruito il palazzo del Ministero degli Esteri nella capitale, così come il Museo Nazionale. I rapporti commerciali tra i due paesi sono inoltre aumentati di oltre il 50% tra il 2009 e il 2010, mentre una serie di importanti accordi di cooperazione sono stati siglati durante la presidenza dell’ormai deposto Mohamed Nasheed.

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