di Michele Paris

Con i consueti caucus dell’Iowa, negli Stati Uniti si è aperta la stagione delle primarie del partito repubblicano che decideranno lo sfidante di Barack Obama nelle presidenziali del prossimo novembre. In una sfida caratterizzata come sempre da un’affluenza irrisoria e da campagne milionarie, a spuntarla per una manciata di voti è stato il favorito per la nomination, l’ex governatore del Massachusetts Mitt Romney, il quale tuttavia non è stato in grado di superare le profonde perplessità che la sua candidatura suscita ancora in molti ambienti del partito.

Come avevano indicato i sondaggi della vigilia, Romney ha quindi fallito l’obiettivo di conquistare una vittoria limpida e scrollarsi di dosso i rivali più agguerriti già dalle prime battute della competizione per guardare con maggiore tranquillità agli appuntamenti futuri. Alla chiusura dei seggi nello stato del Midwest, è apparso subito chiaro che a giocarsi il primo posto sarebbero stati Romney e l’ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, per quasi tutta la notte separati da pochissimi voti. Solo dopo la mezzanotte il partito repubblicano dell’Iowa ha potuto dichiarare Romney vincitore con otto voti di vantaggio sull’immediato rivale. Il primo ha alla fine collezionato 30.015 voti (24,6%), mentre Santorum si è fermato a 30.007 (24,5%).

Per Romney si tratta di una rivincita in uno Stato dove, quattro anni fa, aveva assistito all’inizio della fine delle sue speranze di conquistare la nomination repubblicana. In quell’occasione, Romney era giunto secondo dietro all’ex governatore dell’Arkansas, Mike Huckabee, dopo aver investito parecchi milioni di dollari nella competizione. Assimilata la lezione del 2008, quest’anno Romney ha invece mantenuto un basso profilo in Iowa fino a novembre, quando i sondaggi e i guai dei rivali repubblicani hanno fatto intravedere un’occasione che il suo staff ha colto al volo per intensificare l’impegno nello stato.

Dopo la rapida ascesa e l’altrettanto immediata caduta nei sondaggi di svariati candidati considerati alternativi ad un Romney non ancora completamente accettato dall’ala conservatrice del partito, nei giorni precedenti i caucus dell’Iowa era toccato a Rick Santorum godere del proprio momento di popolarità. Vero e proprio outsider nella corsa alla nomination, l’ex senatore cattolico ultra-conservatore aveva tuttavia potuto contare su una solida organizzazione nello Stato, grazie alla quale il messaggio di una campagna elettorale condotta quasi interamente su temi sociali come l’opposizione all’aborto e ai matrimoni gay - legali in Iowa da quasi tre anni - ha trovato terreno fertile tra molti elettori.

Ai caucus repubblicani dell’Iowa, infatti, partecipano tradizionalmente soprattutto i settori più retrogradi e conservatori del partito che quest’anno hanno appunto favorito in larga misura Santorum. I risultati finali, in ogni caso, dimostrano come il voto dei fondamentalisti cristiani non si sia del tutto coagulato attorno ad un unico candidato, com’era accaduto nel 2008 con Huckabee, ma si sia in parte disperso, favorendo così il successo di Romney.

L’affermazione più che stentata di quest’ultimo, d’altro canto, conferma le sue difficoltà ad affermarsi come front-runner indiscusso, soprattutto perché gli elettori più conservatori appaiono quest’anno meno disposti a turarsi il naso e a votare per un candidato relativamente moderato rispetto a quattro anni fa, quando appoggiarono John McCain. Il punto di forza di Romney rimane comunque, oltre alla netta superiorità delle risorse finanziarie a disposizione, la cosiddetta “eleggibilità”, cioè la presunta capacità di fare appello agli elettori indipendenti in un’ipotetica sfida contro Obama.

Dietro a Romney e a Santorum (il quale difficilmente sarà in grado di tenere il passo di altri candidati meglio finanziati nelle prossime settimane) si è classificato il deputato libertario del Texas, Ron Paul, con il 21,4% dei consensi. Il 76enne candidato indipendente alla Casa Bianca nel 2008 ha beneficiato di una rete di sostenitori molto agguerrita nello Stato e, in particolare, il suo pacifismo e la contrarietà all’interventismo USA all’estero hanno fatto presa sugli elettori più giovani. Pur essendo il candidato che si batte maggiormente per un modello ultraliberista e per la riduzione estrema delle prerogative del governo, Ron Paul è attestato su posizioni che lo collocano addirittura a sinistra di Obama sui temi della sicurezza nazionale e perciò diametralmente opposte a quelle della maggior parte dei repubblicani.

I caucus dell’Iowa hanno anche fatto segnare le prime probabili vittime della corsa alla Casa Bianca del 2012, a cominciare dal governatore del Texas ed ex favorito della scorsa estate, Rick Perry. Già penalizzato da una serie di pessime figure nel corso dei dibattiti televisivi dello scorso anno, Perry ha chiuso i caucus al quinto posto con un misero 10,3%, nonostante fosse il candidato che ha speso di più nello Stato assieme a Romney. Perry ha annunciato di voler tornare in Texas per riflettere sulla sua candidatura, una dichiarazione che spesso rappresenta l’anticamera del ritiro.

Molto male è andata anche per un’altra ex beniamina dei Tea Party, la deputata del Minnesota Michele Bachmann. Gli elettori che hanno votato per lei in Iowa sono stati appena sei mila (5%) dopo che lo scorso mese di agosto aveva vinto il cosiddetto “Ames Straw Poll”, una consultazione informale tra i sostenitori repubblicani che si tiene nel campus dell’università statale dell’Iowa. Malgrado la batosta e le misere prospettive, la Bachmann aveva inizialmente promesso ai suoi sostenitori di volerrimanere in corsa, per poi decidere mercoledì di lasciare definitivamente.

Il primo appuntamento elettorale del 2012 negli Stati Uniti era atteso altresì per valutare l’impatto delle “Super PAC”, quei gruppi cioè che fanno campagna elettorale per un determinato candidato pur non potendo coordinare con quest’ultimo la loro attività di propaganda. Dietro alle Super PAC ci sono in genere ricchi finanziatori ai quali una storica sentenza della Corte Suprema del gennaio 2010 (“Citizens United contro Commissione Elettorale Federale”) ha dato facoltà di spendere in maniera illimitata senza alcun obbligo di rivelare la loro identità.

In Iowa queste Super PAC (Political Action Committee) hanno infatti speso più dei candidati stessi e a farne le spese è stato soprattutto Newt Gingrich. Dopo un’imprevista impennata nel gradimento in questo Stato, l’ex speaker della Camera è stato bersagliato da una valanga di messaggi pubblicitari negativi finanziati dalle Super PAC vicine a Mitt Romney e a Rick Perry, le quali hanno incessantemente ricordato agli elettori il suo passato di lobbista e una parcella da 1,6 milioni di dollari che aveva ricevuto dal gigante semi-pubblico dei mutui Freddie Mac per un’attività di consulenza. In seguito a questi attacchi, Gingrich è finito al quarto posto nei caucus (13,3%), anche se ha promesso battaglia nei prossimi appuntamenti elettorali.

Gingrich è dato infatti in vantaggio in Carolina del Sud, dove le importanti primarie sono in programma il 21 gennaio. Questo Stato non sarà decisivo solo per lui, ma anche per gli altri candidati che intendono raccogliere i voti dei conservatori. Per lo stesso Romney, dato invece per sicuro vincitore nelle primarie del New Hampshire del 10 gennaio, la Carolina del Sud sarà un test importante, dal momento che qui si misurerà la sua capacità di fare appello ad una fetta dell’elettorato che nutre ancora parecchi dubbi sulla sua candidatura.

Per quanta attenzione i media d’oltreoceano abbiano dedicato alla competizione in Iowa, va detto che la partecipazione ai caucus è stata minima. Ai seggi si sono recate poco più di 120 mila persone - più o meno come nel 2008 - vale a dire appena il 4 per cento della popolazione dello Stato. Numerosi sono stati infatti gli eventi organizzati dai vari candidati nei quali erano presenti più giornalisti che sostenitori e potenziali elettori. A conferma della scarsa attenzione prestata all’evento dalla stragrande maggioranza degli abitanti, inoltre, il vincitore dei caucus, Mitt Romney, ha incassato quest’anno solo 66 voti in più rispetto al 2008, quando fu staccato di quasi dieci punti percentuali da Huckabee.

A rendere ancora più anti-democratico il processo di selezione del prossimo candidato repubblicano alla Casa Bianca è stato poi il ruolo decisivo giocato dalle enormi quantità di denaro sborsate nel corso della campagna elettorale. Secondo i dati ufficiali, i contendenti repubblicani hanno speso quest’anno in Iowa la cifra record di 12,5 milioni di dollari, ovvero più di 100 dollari per ogni voto espresso.

L’aspetto più desolante, infine, è stata la totale assenza dal dibattito politico dei reali problemi che affliggono la maggioranza degli americani costretta a fare i conti con la crisi economica in atto. I veri bisogni della massa di disoccupati, lavoratori al limite della povertà e classe media in affanno, non sono stati minimamente presi in considerazione da una schiera di candidati che si sono resi protagonisti, piuttosto, di una gara a chi prometteva più tagli alla spesa pubblica e alle tasse per quella minoranza di privilegiati di cui unicamente rappresentano gli interessi.

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