di Carlo Benedetti 

MOSCA. Arriva al Cremlino, direttamente dalle valli del Caucaso del Nord, un video di guerra che annuncia nuovi atti di terrorismo (“sangue e lacrime per tutta la Russia”) per ribadire la volontà d’indipendenza della già martoriata regione cecena. Il volto dello speaker della morte è quello del leader degli insorti di Grozny, l’emiro Doku Chamatovic Umarov. Un personaggio temuto e leggendario. Ricercato da tutti i servizi segreti di Mosca per una catena di omicidi e di attentati, di questa “primula rossa” (tinta però dal verde dell’Islam) non si hanno notizie attendibili.

Tutto quello che lo riguarda è avvolto nella nebbia. E’ stato dato per morto più volte e l’ultimo annuncio funebre è del 2 gennaio scorso. Ma questo Bin Laden in salsa cecena continua a dar segni di vita a colpi di minacce e di veri attentati. Ora, sulla scia della strage del 24 gennaio nell’aeroporto “Domodiedovo” della capitale (5 chilogrammi di tritolo fatti esplodere tra i passeggeri nella grande sala d’imbarco), alza ancora il tiro e annuncia nuovi passi nella strategia del terrore.

Il segnale piomba su un paese che già vive in stato d’allarme con la polizia (sino a ieri definita milizia) che pattuglia ovunque, con i kalashnikov a portata di mano e con i piccoli blindati sempre in moto, mentre nelle caserme sono stati richiamati i riservisti.

La situazione scotta: questo Doku tiene sveglio il Cremlino. E un pur allenato Putin (che nella guerra contro la Cecenia ha sempre un ruolo di comandante in capo) mostra di avere i nervi a fior di pelle nei confronti di questa “primula” del Caucaso che risorge e fa paura. Seguiamo dall’inizio la vicenda di questo emiro che attacca l’orso russo.

Doku nasce a Kharsenoi (nel “teip” di Malkov, distretto di Shatovsky nella Cecenia meridionale) il 13 aprile 1964. Si laurea con ottimi voti in ingegneria edile, a Grozny. E’ in questi anni che entra in contatto con gli schieramenti che predicano la secessione da Mosca. Nazionalista e fervente religioso diviene uno degli esponenti di spicco della resistenza, forte anche della sua qualifica di emiro di quello che definì “Emirato del Caucaso” e cioè un territorio che doveva comprendere una grossa porzione della Russia meridionale e l’intera regione del Volga. Intanto Doku entra nell’esercito russo e si distingue per il suo coraggio.

Inizia quindi la scalata nella nuova nomenklatura dell’indipendentismo caucasico. Dal 2006 al 2007 è presidente della “Repubblica Ichkeria”, cioè la Cecenia dei ceceni. Fonda poi il nuovo Emirato del Caucaso settentrionale, uno Stato islamico che non verrà però riconosciuto. Ma la linea è già chiara. La “scelta” è quella del terrorismo a tutto campo oltre i confini della Cecenia. Inizia una tragica escalation con l’attentato del 29 marzo 2010 alla Metropolitana di Mosca dove una bomba - firmata dall’emiro - uccide 40 passeggeri.

L’attacco della guerriglia è quindi diretto al cuore della Russia. Con il Cremlino che tenta la strada della sottovalutazione della questione caucasica credendo di risolvere il problema confidando nel quisling Roman Kadyrov sistemato alla presidenza di una Cecena filorussa direttamente da Putin. Intanto l’emiro Doku torna a far parlare di se, ma questa volta perché annuncia (via Youtube) di lasciare la guida delle forze secessioniste passando il testimone a un leader più giovane: “Aslambek Vadalov, più energico di me”. “Ma questo non vuol dire - nota poi l’emiro - che mi ritiro dalla jihad”. Gli fa eco, subito il presidente della Cecenia filorussa, il quale afferma che Doku ”è malato, si nasconde in una tana come un ratto a schiacciare le pulci, non ha più denti e non è più in grado di comandare”.

Quanto all’attuale erede si sa che è un veterano della prima guerra, quella scatenata da Eltsin nel periodo 1994-1996 e che si è poi distinto combattendo contro le forze di Putin nel 1999 a fianco dell’emiro Ibn Al-Khattab. Il nuovo personaggio è ora nel mirino dei servizi russi che lo studiano attentamente. E per ora è guerra di nervi.

C’è, infine, in queste storie caucasiche, un’appendice italiana. Perché le autorità russe nei giorni scorsi avevano chiesto all'Italia di fornire tutte le informazioni sull'arresto di un ceceno - Ruslan Umarov di 35 anni - ritenuto il fratello di Doku Umarov. Ma si è poi accertato che l’uomo ricercato dai “servizi” russi non era ceceno, ma il daghestano Anvar Sharipov fratello di una delle kamikaze dell'attentato al metrò di Mosca avvenuto il 29 marzo 2010.


 

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