di mazzetta

ahmadinejad Nell'epoca di Internet le distanze dovrebbero aver perso la loro influenza sulla circolazione delle notizie, e nulla dovrebbe essere di ostacolo al farsi un'opinione ragionevole dello stato di un paese e del suo momento politico, specialmente se si tratta di un paese importante come l'Iran; eppure, per i casi strani di un mondo strano, quel che succede in Iran può essere tenuto nascosto alle opinioni pubbliche occidentali, qualora convenga, risultando trasparente alle occhiute migliaia di libere testate, che sono il vanto del mondo libero. L'Iran con l'affermazione di Ahmadinejad è stato colpito da una scossa, ma tutti si sono ben presto accordi che il nuovo presidente non è stata una buona scelta. Ahmadinejad ha per ora un governo incompleto, nel quale mancano ancora quattro ministri fondamentali, quelli del Petrolio, dell'Istruzione, della Sicurezza Sociale e Welfare; un governo che ha dovuto ereditare anche il ministero degli esteri al completo, dove non è stato cambiato nessuno, nemmeno il ministro. Il presidente è riuscito solo a sostituire figure di secondo piano, e si è sfogato facendo strage degli ambasciatori all'estero. Nel complesso suk parlamentar-teocratico iraniano le sue proposte non sono riuscite a prevalere sulle opposizioni. Con la sua dichiarata ostilità a quelle che definisce elite corrotte, Ahmadinejad , non piace alla classe dirigente iraniana, e anche Khamenei ha evidentemente deciso che la sua elezione sia stato un errore da rimediare. Ugualmente non piace ai giovani, come non piace alla borghesia persiana. Piace solo ai derelitti, e a i fanatici che ancora si sentono guardiani di una rivoluzione ormai dimenticata, nonostante i tentativi di rianimarla.
Dalla sua elezione, complici questo impasse, che ha determinato anche un rallentamento del business petrolifero, l'economia iraniana ha rallentato vistosamente.

Agli inizi del mese di ottobre in Iran c'è stato, di conseguenza, quello che si potrebbe definire come un colpo di stato istituzionale. Non si tratta di un colpo di stato solo perché in Iran la massima autorità è teocratica e anche fonte primaria di legge.
Nella più totale indifferenza dell'Occidente, il leader Khamenei ha di fatto cambiato l'assetto costituzionale e affidato il potere nel paese ad un organismo oligarchico.

Il 4 ottobre è stato operato un "trasferimento di poteri" da parte di Khamenei, che li possiede tutti al massimo grado, all'Assemblea del Discernimento degli Interessi dello Stato (ADIS per questo o SEC in altri testi = Security Expediency Council).
I poteri sono quelli per i quali la SEC sovrintenderà a tutte le macro-politiche ed ai piani a lungo termine, e all'organizzazione dello stato, che da allora ricadono sotto la sua autorità.

Il Leader Supremo ha trasformato un gruppo che precedentemente funzionava da organo consultivo e di mediazione tra il Parlamento (Majlis) ed il Consiglio dei Guardiani, in un governo oligarchico al di fuori e al di sopra di ogni formalità, e in posizione superiore rispetto a tutti gli organismi che partecipano al potere esecutivo, legislativo e giudiziario.
E' in effetti un golpe, in quanto pone a capo dell'Assemblea/Consiglio di 32 membri l'ex presidente Rafsanjani, che era uscito sconfitto alle ultime elezioni, il quale ha immediatamente chiamato a farne parte anche Khatami, la vecchia speranza delusa di chi attende da anni una politica in grado sollevare il paese dalla morsa clericale.
Rafsanjani ha dichiarato che l'Assemblea non avrà contatti con l'esecutivo " La Sec ha sempre avuto un ruolo di supervisione, ma ora questo ruolo è diventato del supremo leader, e noi riferiamo i cattivi comportamenti a lui".

Il segretario della Sec, Mohsen Rezaee, ha comunque dichiarato che ora la Sec supervisiona le tre branche del potere costituzionale; rendendo esplicita la sfiducia di Khamenei nel nuovo presidente e nelle sue capacità.
Il 5 ottobre, il giorno dopo il provvedimento, il governo britannico accusava incredibilmente l'Iran di: "Introdurre la tecnica degli attentati suicidi in Iraq fornendo a terroristi iracheni le conoscenze necessarie agli attentati suicidi e alla costruzione di "Ordigni esplosivi" più potenti. Nonché di infiltrarsi nel Sud dell'Iraq.

L'incredulità nasce dal fatto che si parli di una tecnologia primitiva, già utilizzata da oltre 50 anni in molti paesi al mondo, presentandola come una esclusiva iraniana; anche la detonazione a mezzo telefonino o telecomando non è certo un segreto militare, senza considerare che si tratta di tecnologia nota in Iraq fin dai primi mesi successivi all'invasione.
L'accusa di infiltrazione stupisce ancora di più, sono decine di migliaia i cittadini iraniani che sono entrati in Iraq alla luce del sole; le frontiere tra i due paesi sono aperte.

Il Guardian ha riportato, da fonte della Difesa inglese , una dichiarazione secondo la quale rimproverare gli iraniani di importare tecnologia esplosiva, significa esagerare, un eufemismo vista la totale assenza di senso di tali dichiarazioni. Questo senza voler considerare che la Gran Bretagna ospita e incita pubblicamente gli autori degli attentati di Ahwaz, nella provincia meridionale del Khuzestan, provincia accanto alla zona di Nassirya (I separatisti arabo-iraniani, che furono nutriti per anni da Saddam e sono presenti a Londra fin dagli anni '70, chiamano la zona del Sud di Iraq ed Iran: Arabistan).

Nella provincia nella quale sono stati catturati, e poi restituiti, anche diversi militari inglesi in missione. Anche la Siria è soggetta a infiltrazioni dall'Iraq, ed è stata bersaglio delle stesse accuse, cioè di fornire "tecnologia" per gli attentati.
Un'accusa strumentale quanto comprensibile dato il momento di Blair e Bush, che reagiscono agitando lo spettro del nemico siriano e di quello iraniano per nascondere i fallimenti in Iraq ed Afghanistan.

La sconfitta del tentativo di accusare l'Iran per lo sviluppo del suo programma nucleare , il premio Nobel assegnato ad El Baradei non hanno certo fatto deflettere da questi riflessi scontati la propaanda anglofona. Nel mezzo di una lotta interna di questo genere e importanza, l'Occidente infatti alza il livello dello scontro verso il governo iraniano, finora collaborativo; favorendo di fatto il capo del governo in difficoltà. Poche settimane fa Ahmadinejad ha tuonato contro Israele dicendo che è giusto cancellarlo; e ha suscitato lo scandalo internazionale. Poi si è ripetuto, e a stretto giro di posta è stato stroncato da una lettera di Rafsanji. Ora siamo giunti al punto che ogni volta che il presidente iraniano riesuma l'ormai dimenticata litania khomeinista in comizi rivolti al suo target politico, una minoranza religiosa che rappresenta l'Iran più arretrato, tutto l'Occidente più compromesso con Washington si agita ed impenna come fosse davanti al male fatto persona.

La migliore dimostrazione dell'avvenuto trasferimento di potere, e di quanto questo sia reale, è che Rafsanji parla in nome e per conto del paese, smentendo rumorosamente il capo del governo, e che viene immediatamente sostenuto dalla guida spirituale che rappresenta il potere divino in terra, guida spirituale che non ha esitato a correggere le sparate del presidente; rendendo chiaro a tutti gli iraniani che il presidente è già in disgrazia.

I nostri giornali e Tv si indignano per le parole grosse dello spodestato, preferiscono guardare il dito che strilla, piuttosto della luna che si trova dietro di lui. La politica prosegue dichiarante ignara della realtà. La realtà è quella di un capo del governo già privato potere che gli spetterebbe, che strilla per polarizzare l'attenzione e per ottenere il sostegno dei suoi.

In questo Ahmadinejad è molto simile a Bush, è rovinato e le spara grosse; una grida alla vittoria, l'altro si appella alla rivoluzione. La reazione di Rafsanji è stata interpretata in Occidente come sintomo di un dissenso politico nulla più; le parole di Khamenei addirittura come un segno di debolezza; nessuno si pare essersi accorto del cambio di potere a Teheran, almeno non dalle nostre parti.

Il potere è tornato nelle mani della parte più pragmatica e meno ideologizzata dell'elite iraniana, gente che ha scelto da tempo una politica di buoni rapporti ed affari convenienti, persino con la Halliburton. Collaborazione reale, anche se alla fine l'affare è stato sanzionato in USA come in Iran; Halliburton è stata condannata negli USA per aver violato l'embargo (nonostante lo schermo di una consociata delle Isole Cayman) e la controparte iraniana per corruzione in Iran.
C'è da sperare che la diplomazia internazionale afferri la situazione e non si presti al gioco di Usa e Gran Bretagna, inclini ad approfittare dell'inatteso assist e a preferirlo alla stabilità nella regione.
Non è certo utile a nessuno dipingere la politica iraniana attraverso le urla del trombato, specialmente se il trombato è uno un po' agitato e poco capace come il populista ex-sindaco di Teheran, ormai ridotto trascorrere il suo tempo organizzando manifestazioni e a gridando slogan.
Le due parti sembrano cani che si abbaiano reciprocamente, l'amministrazione Usa non ha spazio politico per attaccare l'Iran, come Ahmadinejad non ha alcuna speranza o interesse nel dar corso alle sue minacce. Al momento conviene ad entrambi, ma il gioco è destinato a durare poco, già si annuncia un cambio di strategia occidentale.

Dopo decenni passati a deplorare la teocrazia iraniana, improvvisamente ci si dimentica che è una teocrazia e del potere reale del clero, che non si riconosce in Ahmadinejad, per privilegiare una lettura utile. Nessuno in Occidente, tra centinaia di sedicenti analisti ha fatto notare il golpe iraniano, nessuno ne ha sottolineato l'originalità ed il senso. Nessuno ha detto che Ahmadinejad ha perso buona parte del suo potere. Nessuno pare essersi neppure accorto dell'intervista a Newsweek, nella quale l'esperto ambasciatore in Iraq, Khalilzad, ha reso noto a fine novembre che l'Amministrazione lo ha autorizzato a stabilire contatti diplomatici diretti con l'Iran, allo stesso modo nessuno ha notato la riabilitazione di Chalabi, cacciato del governo dell'Iraq perché corrotto, il politico iracheno da sempre vicino a Teheran è volato a Washington ed è stato ricevuto da Cheney e Rice. Negli stessi giorni l'attuale premier Jafari, lasciando la conferenza della Lega Araba volava direttamente a Teheran. Conferenza alla quale la Rice era giunta chiedendo piccole riforme ai paesi arabi che le sono state rifiutate dall'opposizione dell'Egitto, evento al quale si è aggiunta la prima dichiarazione congiunta di tutti i rappresentanti iracheni che chiede il ritiro di tutte le truppe non-arabe dal paese.

Ancora una volta all'opinione pubblica viene fornito uno scenario assolutamente falsato, al fine di creare un nemico pauroso contro il quale sollecitarne la solidarietà verso governanti che non la meritano.

L'ostilità verso Iran e Siria si spiega solo con il procedere per inerzia sull'abbrivio di piani molto simili a quelli che hanno interessato l'Iraq, sul solco di anni passati a costruire accuse e pretesti per mettere in cattiva luce Iran e Siria ben oltre quanto giustificato dalla realtà. Piani ed accuse che tra poco vedremo forse dimenticati nell'ennesimo voltafaccia delle alleanze americane; e magari tra qualche tempo sentiremo alcuni degli infuocati censori dell'Iran ricordarci che, in fondo, il regime iraniano è più democratico di quello dell'Arabia Saudita.

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