di Carlo Benedetti 

MOSCA. Dieci chilogrammi di tritolo esplodono nel nuovo aeroporto “Domodedovo”. Sono le 16,40 ora di Mosca (le 14,40 italiane). E’ una strage. A terra restano 35 vittime squarciate dalle schegge, 130 i feriti gravi. L’intero edificio - è la zona della consegna dei bagagli delle linee internazionali - è ridotto a un cumulo di rovine. Il caos è incredibile. Migliaia di persone si aggirano tra gli spezzoni della struttura di cemento armato, tra corpi dilaniati e bagagli sventrati. Tutto questo mentre la polizia - in un clima da apocalisse - cerca di arginare la folla.

Intanto sul posto, per i primi soccorsi, sono all’opera oltre duecento uomini dei servizi di sicurezza dell’aeroporto, i medici della Croce Rossa e i Vigili del fuoco. E dalla grande arteria, quella che unisce “Domodiedovo” alla capitale snodandosi tra la boscaglia, arrivano colonne di automezzi militari, auto della polizia e decine di ambulanze mobilitate per questa tragedia nazionale. E’ difficile, impossibile, farsi largo in questo caos.

Ovunque urla e pianti con la polizia che cerca di fare ordine in questa notte moscovita, fredda e tragica. Con la luce dei riflettori che sbatte in faccia la realtà e con il sangue che colora la neve. Nelle sedi ufficiali del potere, intanto, comincia l’altalena delle ipotesi, degli ordini per le indagini, del coordinamento dei soccorsi. Medvedev (che ha  deciso di rinviare la sua partenza per Davos, dove era atteso per tenere il discorso che mercoledì avrebbe aperto l’edizione 2011 del World Economic Forum) convoca una riunione d’emergenza e parla in diretta alla tv, rendendo noto che stando alle informazioni ricevute dagli organi della sicurezza quanto avvenuto all’aeroporto “é un atto terroristico”.

E di conseguenza viene dichiarato lo stato d’assedio in tutti gli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie dell’intero paese. Subito si da il via ad un “regime di sicurezza speciale” che investe anche la metropolitana di Mosca, che porta ancora i segni di quell’attentato del marzo scorso quando morirono 49 passeggeri coinvolti in una serie di tragiche esplosioni.

I servizi della sicurezza statale, l’FSb, intanto ipotizzano che la bomba di “Domodedovo” (due esplosioni) sia opera di un gruppo di kamikaze. Ci sarebbero tre ricercati. Lo rende noto Vladimir Markin, un alto graduato che si occupa delle indagini sul posto e al quale fanno riferimento gli agenti delle sicurezza. L’attenzione degli inquirenti si concentra sui tanti “caucasici” che vivono nella capitale e che sono scesi in campo contro i nazionalisti russi. Si aggiunge così - se questi fatti venissero confermati - una tragedia nella tragedia.

Prende il via una lotta bestiale per il controllo del territorio. E in questa situazione è difficile stabilire la verità. Perchè la Mosca di queste ore rischia di cadere nella “trappola” delle vicende nazionaliste, dei contrasti tra russi e non russi. Tutto avviene anche per il fatto che l’aeroporto di “Domodedovo” è proprio quello che segna il transito dalle repubbliche asiatiche e caucasiche.

Intanto si mobilita anche l’ambasciata italiana a Mosca. Si verifica, attraverso le strutture consolari e le agenzie di viaggi, se vi sono italiani tra le vittime. E questo pur se a “Domodiedovo” - di regola - non fanno scalo gli aerei che provengono dall’occidente e dall’Italia in particolare. Ora, mentre tutti gli ospedali della capitale sono presi d’assalto, Mosca vive il lutto e si appresta a registrare una notte di paura. Dal ministero degli Interni arriva la direttiva di controllare tutte le persone sospette, di tenere sotto controllo gruppi ed associazioni che operano nell’illegalità. Sono solo i primi ordini, le prime indicazioni. Dove porteranno e come evolveranno è presto per dirlo.


 

 

 

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