di Carlo Benedetti

MOSCA. Personaggio manzoniano, simile all’Innominato. E’ una delle figure più complesse ed anche tragicamente più interessanti nell’arena post-sovietica. Viene presentato dai suoi nemici come uomo malvagio: più che ripugnanza, incute rispetto e timore. E’ descritto come un despota che s’ispira all’Urss; neri i pochi capelli che gli restano segnati dal riporto; faccia tirata; a prima vista, gli si possono dare circa sessant'anni, ma il contegno, le mosse, la durezza risentita dei lineamenti, il lampeggiar sinistro, ma vivo degli occhi, indicano una forza di corpo e d'animo.

Da un punto di vista psicologico, con gli occhi che riflettono molta diffidenza e poca meraviglia, appare subito come una figura misteriosa: temperamento volitivo da vero campagnolo, Innominato fin dall'adolescenza, con l'ansia di esser superiore a tutti d'ardore e di costanza; le parole e le frasi che ne ritraggono l'esistenza hanno tutte una forza e un colorito fantastico particolare. Ha parecchi uomini di fiducia, grazie ai quali tutti i potenti locali sono costretti a scendere a patti con lui.

E lui è il (rieletto) Presidente della Repubblica Belarus, Aleksandr  Grigor'evich Lukashenko, sposato (due figli Viktor e Dmitrij), nato il 30 agosto del 1954 nel villaggio di Kopyc’, provincia di Orsha,  nella regione di Vitebsk (quella che diede i natali a Chagall...). Cresciuto ed educato senza il padre, fin dall’adolescenza ha dovuto portare sulle proprie spalle una parte significativa nella cura della famiglia.

Due lauree: nel 1975 presso l’Università Statale di Mogilev “A.A. Kuleshova” e nel 1985 presso l’Accademia Bielorussa di Agricoltura. Storico ed Economista. Negli anni 1975-77 e dopo nel 1980-82 ha svolto il servizio militare nelle guardie di frontiera (Kgb) e nell’esercito sovietico. Nel 1978-79 e dopo il 1982 lavora in vari organismi, quindi entra nella sfera dell'attività economica occupando varie posizioni in imprese dell’industria dei materiali da costruzione e del complesso agro-industriale della Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia.

Nel 1990 diviene deputato e viene eletto al Soviet Supremo della Repubblica. L’incarico di Presidente della Commissione del Soviet Supremo per la lotta alla corruzione, svolto in maniera autorevole dall’aprile 1993 al luglio 1994 lo rende noto al grande pubblico. Il 10 luglio 1994, dopo una dura battaglia elettorale con altri 5 candidati rappresentanti di tutto lo spettro delle forze politiche del Paese, è eletto Presidente della Repubblica con oltre l’80% dei voti.

Il suo obiettivo - stando a pubbliche dichiarazioni - consisterà nel dare forma al nuovo Stato nazionale, a riorganizzare e riformare gli elementi fondamentali che caratterizzano un moderno stato democratico e, infine,  affrontare i vari problemi socio-economici del paese. E’ poi noto che con i referendum del 1995 e del 1996 è stata approvata la Costituzione, si sono decisi i problemi linguistici (con l’introduzione di due lingue statali: il russo e il bielorusso), sono stati ratificati i simboli statali (viene introdotta l’attuale bandiera rosso-verde con la decorazione verticale sul lato sinistro, riprendendo quindi, la bandiera dei tempi della repubblica sovietica, e viene introdotto l’attuale stemma della Repubblica), è stato poi dato un inequivocabile parere favorevole all’unione con la Russia.

Il 7 settembre del 2001, al primo turno delle elezioni presidenziali, Lukashenko è rieletto per la seconda volta Presidente della Repubblica con il 75.65% dei voti. Andando ad occupare, ancora una volta, gli incarichi di “Comandante Supremo delle Forze Armate della Repubblica Belarus”, di presidente  del "Consiglio di Difesa della Repubblica Belarus", e del “Consiglio Statale Supremo dell’Unione degli Stati di Belarus e Russia". E, di elezione in elezione, si è ritrovato ancora una volta a comandare sull’intero paese.

Si caratterizza con una gestione personale ed autoritaria. Reprime il dissenso e non lascia spazio agli oppositori politici. Segue una politica “sovietica” e si caratterizza per un nazionalismo sfrenato. Mostra evidente l’orgoglio di una nazione che durante gli anni dell’Unione Sovietica veniva coniderata come una filiale di Mosca. Ed oggi - tra scontri ed aperte contestazioni - ottiene l’investitura ufficiale, pur se gli ambasciatori dei paesi accreditati a Minsk non assistono alla cerimonia e lasciano il Paese in segno di protesta contro le repressioni.

Ed è boicottaggio anche da parte dell'ambasciatore Usa, che non è presente all’investitura e sceglie una visita di piacere in una città della Bielorussia occidentale. Mentre la Russia mostra un basso profilo mandando solo il suo ambasciatore Aleksandr Surikov ad ossequiare il nuovo presidente.

Ora agli osservatori diplomatici non resta che tirare le somme di questa partita geopolitica che si gioca nel cuore di una Europa dove vige il dogma del potere assoluto. E mentre le orchestre del sistema suonano le fanfare che annunciano l’insediamento nel tavolo della presidenza bielorussa si accumulano i dossier negativi.

Dal Parlamento Europeo arriva infatti una risoluzione che esorta all’immediata introduzione di sanzioni contro i massimi dirigenti di Minsk. Al Consiglio d’Europa si raccomanda, in particolare, di negare il visto d’ingresso e congelare gli averi dei massimi dirigenti bielorussi nei paesi comunitari. Ciò riguarda funzionari, collaboratori degli organi giudiziari e degli organi di pubblica sicurezza che, secondo l’Ue, portano la responsabilità per la falsificazione dei risultati delle elezioni presidenziali di dicembre nonché per le repressioni nei confronti dell’opposizione.

Mosca, in tale contesto, si trova ad operare in una zona incerta e pericolosa: cerca di attenuare i vari aspetti della crisi. Come sempre punta a non isolare un paese che, tutto sommato, è amico e vicino al Cremlino. Di conseguenza la direzione russa risparmia alla Bielorussia l'isolamento internazionale: con Putin che torna a far sapere che concederà ai "cugini" bielorussi sussidi per il settore petrolifero per 4,124 miliardi di dollari e con Medvedev che ribadisce che per la Russia la Bielorussia è sempre uno dei paesi più vicini, culturalmente e storicamente, chiunque sia alla sua guida.

In questo quadro generale Lukashenko avvia la sua nuova era presidenziale rifacendosi alla procedura del “silenzio-assenso”. Si rivela sempre più come un personaggio dinamico, un Innominato che non mostra paura: cambia pelle, passa da una sponda all’altra. E all’opposizione, che viene regolarmente repressa, non resta che fare il bilancio con i suoi tre candidati - Sannikov, Statkevic, Kostusev - arrestati. Mentre si parla già del possibile scioglimento di alcune strutture politiche e mediatiche - “Combattenti per i diritti e la liberta” e “Carta ’97” - ostili alla presidenza attuale.

Gli Usa, intanto, continuano la loro guerra diplomatica e mediatica contro il potere di Minsk. Il Dipartimento di Stato definisce Lukashenko “l’ultimo dittatore d’Europa” collocando la Bielorussia tra gli “avamposti della tirannia”. Per il portavoce della Casa Bianca, Scott McClellan, il voto bielorusso è segnato da “un clima di paura”. Duro anche il giudizio dell’Ocse, che per bocca del presidente della sua Assemblea parlamentare, Alcee L. Hastings, definisce ufficialmente la consultazione bielorussa “non in linea con i criteri internazionali richiesti per elezioni libere e giuste”. E su tutto questo c’è sempre quella Condoleeza Rice che definì la Bielorussia di Lukashenko un “avamposto di tirannia”.

Dal canto suo il ministro degli Esteri austriaco Ursula Plassnik a nome della Presidenza europea ha parlato di “clima di intimidazione”. E il commissario alle Relazioni estere della stessa Unione Europea, Benita Ferrero-Waldner, annuncia sanzioni, pur rassicurando che non s’intende “fare del male al popolo bielorusso”.

Intanto lui, l’Innominato di Minsk, vive i giorni del trionfo. Ottenuti mettendo a ferro e fuoco gli oppositori e una parte dell’intellighentsia. Punta a farsi forte con i suoi contadini ed operai che vedono in lui il continuatore di una politica di stabilità tipica degli anni della “stagnazione” brezneviana e sempre segnata da comportamenti pomposi, ottusi ed arroganti.

 

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