di Carlo Benedetti

MOSCA. Scricchiolano gli equilibri geopolitici interni: si parla sempre più di due Zar (Medvedev e Putin) obbligati a condividere una poltrona unica mentre si vanno imponendo, sulla scena socio-economica, nuovi oligarchi venuti alla luce dopo Eltsin. Si fanno sempre più complessi i rapporti con i paesi dello “spazio post-sovietico” e la Csi - quella struttura che secondo il Cremlino doveva rimpiazzare il sistema del controllo sovietico - non svolge nessun ruolo dirigente.

C’è poi il campo della politica estera che al momento non brilla per idee e soluzioni. Non si comprende bene, infatti, quale sia il rapporto reale con gli Usa di Barack Obama e con la Cina di Hu Jintao. Ed è con questo bagaglio di problemi che il cronista - in una Mosca sempre coperta dalla neve e con punte di meno venti - va alla scoperta di eventuali soluzioni relative, appunto, alla conduzione geopolitica del Cremlino. Si entra, quindi, nei santuari delle accademie e degli istituti politici. E come prima questione sul tappeto si scopre che si è alla vigilia di una importante decisione del Cremlino relativa al rapporto con il mondo musulmano.

I dati attuali sono più che mai notevoli e degni di attenzione. Perchè sono oltre 20 milioni gli islamici presenti in Russia ed è chiaro che i think tank del Cremlino sono obbligati a tener d’occhio questa realtà. Ecco, quindi, che prende forma concreta quell’idea che il presidente Medvedev avanzò due anni fa: la realizzazione di un canale televisivo russo tutto dedicato ai musulmani, alla loro vita, alle loro tradizioni, al loro credo.

Si è alla vigilia del lancio ufficiale di questa rete (Febbraio) che, in primo luogo, si rivolgerà ai giovani promuovendo - come spiega il capo mufti russo, Ravil Gaynutdin - la tolleranza e i concetti di democrazia e convivenza tra religioni diverse. Ma è anche chiaro che l’idea del Cremlino consiste anche nel controbattere l’altra faccia della propaganda. Quella che viene dalle trasmissioni della tv cecena “Put” che, creata tre anni fa, si rivolge soprattutto alle popolazione del nord Caucaso con programmi e letture del Corano a ciclo continuo.

Il problema, qui, rischia di aggravarsi sempre più. Pensiamo, ad esempio, che una città come Grozny, capitale della Cecenia, contava, dodici anni fa, un 60% di slavi ed adesso ne conta appena un 6%. E questo fa capire come la situazione non sia delle più felici. Di conseguenza il Cremlino - viene fatto notare a Mosca - punta sempre più ad un buon rapporto con le popolazioni musulmane.

Ma nell’agenda delle priorità c’è anche la questione degli slavi-ortodossi. I quali, oggi come oggi, si attestano al 79%, mentre solamente dieci anni fa se ne contavano un 83% sulla popolazione totale. In questo contesto gli uomini del Cremlino addetti allo studio e all’esame dei rapporti interetnici ricordano che l'ortodossia si differenzia dalla religione cattolica in due caratteristiche: non viene riconosciuta l'infallibilità del Papa e a livello liturgico non viene riconosciuta la cresima (discesa dello spirito santo sull'uomo) perchè giudicata un doppione del battesimo. Per il resto valgono le regole delle due Chiese.

E sempre sul fronte religioso si evidenzia quel  dialogo teologico teso al superamento degli ostacoli ancora esistenti. Grande è stata così l’attenzione del Cremlino nei confronti dei lavori di una importante riunione che ha visto riuniti a Vienna esponenti dell’ortodossia e della Chiesa cattolica. Il tema affrontato - quello relativo al dialogo teologico - ha visto impegnati i rappresentanti delle quattordici Chiese ortodosse autocefale (Patriarcato ecumenico, Patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Mosca, Serbia, Romania, Bulgaria, Georgia, Chiese di Cipro, Grecia, Polonia, Albania e delle Terre di Cechia e di Slovacchia), da altrettanti rappresentanti della Chiesa cattolica impegnati sul fronte della promozione dell'unità dei cristiani e del metropolita di Pergamo, Ioannis (Zizioulas), del Patriarcato ecumenico.

Non si è però trovata una comune piattaforma d’intesa. Ma al Cremlino - che di diplomazia e di trattative comuni se ne intende - si fa notare che le speranze per la prosecuzione del dialogo sono ben avviate e che, dunque, si spera che con la possibile presenza a Mosca del Papa tedesco si possano raggiungere posizioni accettabili.

Quanto alle linee di politica estera, le fonti più vicine al potere del duo Medvedev-Putin mostrano attenzione nei confronti dell’attuale vertice presidenziale alla Casa Bianca. Qui l’atteggiamento dei maggiori specialisti è improntato al pragmatismo più ferreo. Si parla delle tensioni valutarie tra dollaro e yuan che preoccupano anche il Cremlino. Ma si pone l’accento anche sul tema della Corea del Nord. E l’orientalista russo Sergej Lusianin - che da anni segue l’andamento delle relazioni tra Mosca, Pechino e Pyeongyang - fa notare in proposito che il conflitto fra le due Coree, cosi come la tensione su Taiwan, i contenziosi fra Cina e Giappone, Russia e Giappone, aggravano il clima in una  regione segnata da “una carenza di fiducia”.

A consolidarla punta però, nota l’esperto, l’iniziativa russo-cinese che prevede inoltre la nascita di strutture regionali per prevenire i conflitti che possono andare oltre i confini dell’Asia e del Pacifico. Comunque, questo, è soltanto il primo passo su una lunga strada verso il consenso multilaterale e la diversificazione dei legami economici.

L’anno che si è da poco concluso - dichiara Lusianin - ha registrato un salto di qualità, passando alla cooperazione nell’energetica nucleare ed elettrica, alle forniture del gas liquefatto, alla costruzione di condutture. Ci sono, infatti, alcuni contratti importanti nella metalmeccanica per mettere a punto attrezzature per questo settore con l’applicazione di alte tecnologie. Inoltre c’è da mettere nel conto gli investimenti cinesi nello sfruttamento dei giacimenti siberiani insieme alle società russe.

L’anno appena trascorso ha pertanto rafforzato i legami d’investimento e ha evidenziato una nuova tendenza: “La piccola e media impresa russa prende in affitto i terreni, compra società, lancia vari progetti. La nostra imprenditoria - nota sempre il russo Lusianin - va volentieri in Cina, in quanto questa economia propone regole di gioco chiare e ben precise. E così nel 2011 si punterà alla diversificazione dei legami economici, innanzitutto nelle alte tecnologie.

Ma Mosca, nonostante queste previsioni, teme pur sempre che si possa giungere ad un asse Usa-Cina e per questo studia attentamente le parole del segretario di Stato Hillary Clinton e del Consigliere per la sicurezza nazionale Tom Donilon. E in particolare si prendono in esame i discorsi dei capi di Microsoft, Steve Ballmer, di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, di General Electric, Jeff Immelt, di Coca Cola, Muhtar Kent e di Boeing, Jim McNerney.

I russi, inoltre, cercano di pesare attentamente (con l’aiuto di esperti in lingua cinese) il senso reale delle affermazioni dei dirigenti economici di Pechino al tavolo della Casa Bianca: il presidente di Lenovo, Liu Chuanzhi, l'acquirente cinese della divisione pc di Ibm, Lou Jiwei, presidente della China Investement Corporation, Lu Guanqiu di Wanxiang Group e Zhang Ruimin di Haier. Sulla base di tutti i dossier che i russi esaminano ora e sui quali intendono far sapere la loro posizione si può notare che la Cina è  oggi il primo creditore estero americano con 895,6 miliardi di dollari in novembre, l'1,2 per cento in meno rispetto al mese precedente.

Intanto, per chiarire clima e speranze del rapporto Washington-Pechino il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha spiegato alla televisione cinese che "apertura e trasparenza" sono due elementi essenziali per stabilire una relazione di fiducia tra Stati Uniti e Cina. "Vogliamo avviare un dialogo aperto con la ricerca di un terreno d’intesa e poi appianare i punti di disaccordo", ha spiegato il capo della diplomazia americana, senza nascondersi che "da entrambe le parti vi sono posizioni molto nette. Ma noi auspichiamo che nulla interferisca sulla nostra volontà di continuare a discutere e ricercare un terreno d'intesa". Parole, queste, che Mosca sembra sottoscrivere in pieno.

Non mancano - in questa sintetica panoramica di relazioni internazionali viste da Mosca - le questioni relative alla sicurezza nell’Asia, alla cooperazione energetica e a quel vero e proprio boom  che sta attraversando la piccola e media impresa russa in Cina.

Si può concludere questa panoramica con un certo ottimismo? E’ ovvio che risposte dettagliate non possono essere fornite. Si possono avanzare solo alcune riflessioni da inquadrare, tutte, in un complesso scenario che lascia da parte verità a tutto tondo. Uno scenario che è pur sempre dominato da complicati rapporti politici ed economici.

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