L'undici settembre del 2001 ha segnato più di ogni altro evento recente la storia del pianeta; quel giorno ero davanti alla televisione che trasmetteva in edizione straordinaria le immagini della prima torre del WTC in fiamme, quando si materializzò un secondo aereo che colpì la seconda torre. In quel momento fu chiaro a tutti che non si trattasse di un incidente, ma di un clamoroso attentato. Immediatamente il mio pensiero andò alla reazione americana e non ebbi alcun dubbio che la risposta dell'amministrazione Bush sarebbe stata a mano armata. Le due torri erano ancora in piedi, e ancora non si avevano notizie degli altri due aerei dirottati, ma non ebbi nessun dubbio che le due torri in fiamme colpite da due aerei di linea dirottati sarebbero state interpretate come un atto di guerra, al quale gli americani avrebbero risposto con la guerra. Poi successe altro: altri due aerei dirottati, il Pentagono colpito, il crollo delle torri. L'amministrazione Bush subì quel giorno la peggior sconfitta che fosse mai stata inferta agli Stati Uniti e al suo poderoso apparato militare: per la prima volta il territorio americano veniva attaccato in grande stile e la nazione si scoprì nuda ed impotente di fronte alla determinazione di un nemico lontano e modesto; un nemico che grazie alla sua determinazione e al sacrificio di alcuni uomini aveva per la prima volta risposto militarmente colpendo il suo territorio metropolitano, provocando una strage spettacolare diffusa in diretta su tutti gli schermi del pianeta. Nei giorni immediatamente successivi agli attentati gli USA raccolsero solidarietà da tutti i paesi del mondo, anche da quei governi che non erano esattamente amici, ma che non potevano permettersi di avallare e legittimare un atto di guerra praticato attraverso il dirottamento di aerei civili. Tutto quell'enorme capitale di solidarietà internazionale è stato oggi dilapidato dalle successive decisioni dell'amministrazione. Se ne sono accorti tutti da tempo, per primi proprio gli americani; valgano per tutti le parole dell'ex-presidente Carter alla convenzione democratica per l'investitura a candidato presidenziale di John Kerry, nel luglio del 2004: " La verità è il fondamento della nostra leadership globale, ma la nostra credibilità è stata gettata e siamo rimasti sempre più isolati e vulnerabili in un mondo ostile. Senza verità, senza fiducia, l'America non può fiorire. La fiducia è il fondamento della democrazia, il sacro legame tra il Presidente ed il popolo. Quando questa fiducia viene violata, gli impegni reciproci che tengono insieme la nostra repubblica si indeboliscono. Dopo il 9/11 l'America era orgogliosa, ferita, ma determinata. Un attacco vigliacco a civili innocenti - ha proseguito l'ex presidente Usa - ci aveva portato un livello di cooperazione e comprensione internazionale senza precedenti. Ma, dopo solo 34 mesi abbiamo visto, con grande disappunto, come tutta questa positività sia stata cancellata da una serie virtualmente ininterrotta di errori e calcoli sbagliati. Atti e richieste unilaterali hanno isolato gli Stati Uniti da gran parte dei paesi che avevamo bisogno si unissero nella lotta al terrorismo."
Gli effetti dell'attentato dell'undici settembre sono stati terrificanti per il pianeta, perché hanno colpito un paese che era, ed è, guidato dalla peggior amministrazione che l'America abbia mai conosciuto e che già da tempo teorizzava la necessità di intervenire militarmente nel mondo per dare vita a un "nuovo secolo americano". Un'amministrazione che quindi non ha esitato a cogliere a pretesto l'attentato per perseguire gli interessi di una oligarchia, e che lo ha fatto disintegrando non solo la credibilità degli Stati Uniti ma anche quella del diritto internazionale. Ha violato le libertà civili dei suoi stessi cittadini e ha operato compiendo estesi crimini, violando tutte le leggi esistenti, commettendo crimini di guerra su vasta scala, facendo stracci dei diritti umani e violando la sovranità di numerosi paesi.
Oggi, anche nel nostro paese, quel che resta dell'undici settembre e del dibattito
su quei giorni è rappresentato dalla discussione animata da quelli che
sostengono che l'undici settembre non andò come abbiamo visto, e che
quel giorno negli Stati Uniti fu messa in atto una colossale mistificazione;
anche negli Stati Uniti l'ipotesi si diffonde tra quanti preferiscono credere
che la loro superpotenza non avrebbe potuto essere umiliata senza un tradimento
interno.
A dire il vero fin dai primi giorni successivi agli attentati ci fu chi affermò
cose simili, mestatori seriali si affrettarono a diffondere la notizia, falsa,
secondo la quale gli ebrei erano stati avvertiti dell'attentato e avevano disertato
i luoghi degli attentati; si diffuse allora anche la notizia che Silverstein,
ebreo e proprietario del WTC, aveva tratto un grande vantaggio dall'attentato
e che quindi
Nulla di strano, negli Stati Uniti esiste una robusta destra
nazionalista che considera il governo (qualsiasi governo) come un'emanazione
di poteri oscuri che sottomettono l'America buona agli interessi di un gruppo
di traditori della patria e di banchieri con il naso adunco. Quelle voci furono
e sono giustamente ignorate.
L'enorme numero di menzogne e crimini commessi in seguito dall'amministrazione Bush ha però alimentato in seguito la fioritura di una serie di teorie alternative sul 9/11, che ora si affacciano al mainstream sostenendo che quel giorno fu appunto messa in opera una colossale mistificazione. Teorie che oggi hanno grande diffusione nel nostro paese, che non sono sostenute solo da nazisti e che ora sono giunte all'attenzione dei grandi giornali e di alcuni tra i più importanti programmi di intrattenimento.
Il fenomeno affascina centinaia di migliaia di persone e spinge molti ad accettare
con grande superficialità le ipotesi più strampalate, anche se
è mia opinione che si tratti di una enorme produzione di pattume.
Tutto trae origine da un sillogismo, per il quale avendo l'amministrazione americana
mentito diffusamente su tutto, è inevitabile che abbia mentito anche
sul 9/11. Un altro artificio retorico vastamente impiegato è che spetti
all'amministrazione americana dimostrare di non essere colpevole di quanto le
viene attribuito, perché sarebbe "evidente" che i fatti non
si siano svolti come narrato; viene cioè richiesta la più classica
"probatio diabolica", quella per la quale spetterebbe all'assassino
dimostrare di non aver commesso il delitto solo perché esiste un movente,
e non a chi lo accusa fornirne le prove del suo crimine. Fortunatamente nei
tribunali non funziona così. L'effetto di questa logica perversa ha dato
vita ad un pastone di sciocchezze che ora è diventato l'oggetto principale
del dibattito attorno agli ultimi anni e alle tragedie che lo hanno caratterizzato.
Fin dall'inizio ho seguito lo sviluppo di questo filone d'indagine e posso dire
che fino ad ora dall'enorme massa di "prove" portate dai sostenitori
di queste tesi non ho trovato nulla che fosse realmente incontestabile. Al contrario
ho letto e visto una imponente produzione di falsi.
Falsi sostenuti da affermazione apodittiche e artifici retorici, da mezze frasi estrapolate ad arte, da considerazioni tecniche infondate e da una massiccia opera di disinformazione, troppo massiccia per essere solamente il frutto di impreparazione, troppo articolata per poter credere che si tratti di una genuina ricerca di verità. Certamente tra i sostenitori della teoria alternativa ci sono persone in buona fede, ma ci sono anche persone in cerca di notorietà, propagandisti senza vergogna e un buon numero di persone che dimenticano a casa il cervello quando si tratta di "misteri & complotti".
Quello che non funziona, quello che rende inaccettabili le teorie alternative non è tanto la massiccia produzione di falsi, e nemmeno il fatto che una volta rivelatisi tali continuino ad essere riproposti, ma il fatto che nessuno allarghi un attimo le sue osservazioni all'immagine complessiva che queste restituiscono. Il framing, o lo spezzettare le analisi fino alle dimensioni per la quale una frase fuori contesto diventa una prova, è una tecnica classica della propaganda, impiegata anche dai sostenitori di quella americana e stupisce che nemmeno i grandi organi d'informazione, che pure ne hanno fatto un uso molto esteso per sostenere l'invasione irachena e ora ne fanno uso per diffamare oltre ogni ragione l'Iran, riescano a sollevare lo sguardo dall'analisi del particolare per annichilire come meriterebbero certe ipotesi davvero non ricevibili.
Se alziamo lo sguardo dalle singole ricostruzioni alternative e proviamo ad
analizzarle nel complesso, appare subito chiara la loro inconsistenza, o meglio
la vera e propria impossibilità che le cose si siano svolte come ci assicurano
i loro fautori. Se anche ci limitiamo ad analizzare l'ultima produzione di successo
sul tema, il video Loose Change, ci accorgiamo che, come per il libro
di Messyan, non possa trattarsi che di una fiction fatta abbastanza male.
Prescindendo dalle tante inesattezze e da alcune evidenti falsità contenute
in queste operazioni editoriali è evidente che non si possa trattare
che di ricostruzioni ingannevoli.
Se la storia fosse andata come racconta il video, o come racconta Messyan, il problema non sarebbe tanto nell'accettare l'ipotesi dell'auto-attentato, quanto nell'evidenza dell'impossibilità dell'ipotesi alternativa; eppure nessuno mostra di rendersi conto che se i fatti si fossero svolti come ipotizzato, compiere le azioni alternative alla storia ufficiale avrebbe comportato il coinvolgimento di centinaia di persone.
L'attiva complicità di molte persone sarebbe stata necessaria per minare le torri, molte persone sarebbero state necessarie per fingere i dirottamenti degli aerei, molte persone dovrebbero essere state coinvolte per sostenere che al Pentagono avevano visto schiantarsi un aereo di linea, ancora altre persone (nell'ipotesi che i "veri" aerei di linea siano stati sostituiti da altri simili) sarebbero state comunque necessarie per falsare le comunicazioni provenienti dagli aerei falsamente dirottati e ingannare i loro parenti. E, infine, altre persone avrebbero dovuto applicare i "telecomandi" agli aerei, altre persone ancora sarebbero state impiegate per ritardare la risposta del sistema di difesa americano, altre ancora per comandare gli aerei falsi, altre ancora per falsare tutte le analisi successive all'evento, per riconoscere cadaveri che non c'erano, pezzi che non appartenevano agli aerei "veri" e altro ancora.
Poco importa che nessuno sia mai riuscito a spiegare come sarebbe stato possibile minare le torri all'altezza precisa alla quale hanno impattato gli aerei senza che nessuno se ne accorgesse, o come avrebbero potuto le cariche d'esplosivo, ma anche i sistemi per comandarle, resistere all'impatto e agli incendi successivi senza esplodere o senza sciogliersi per il calore; poco importa che nessuno abbia ancora spiegato chi avrebbe portato i resti visibili dell'aereo finito sul Pentagono in loco, o dove sarebbero finiti gli aerei decollati quella mattina per essere sostituiti da altri aerei simili, ma telecomandati, visto che la loro sparizione avrebbe comportato la complicità di decine di radaristi civili e militari e di quanti si fossero occupati della loro "sparizione". Poco importa che nelle ipotesi alternative si dica allo stesso tempo che un aereo al Pentagono non ci poteva essere perché "in quel buco" non poteva sparire e allo stesso tempo si ipotizzi che ce ne fosse uno simile, ugualmente grande, ma diverso.
Quello che nessuno mette in evidenza è che per realizzare le ipotesi alternative l'amministrazione avrebbe dovuto coinvolgere, addestrare, e comandare qualche centinaio di persone se non di più. Non solo: anche nell'ipotesi che questi abbiano operato come "agenti inconsapevoli", non conoscendo cioè gli scopi delle azioni che li avrebbero resi protagonisti quella mattina, come sarebbe stato possibile costringerli tutti al silenzio perenne una volta che si fossero resi conto di aver contribuito a tradire il proprio paese e ad uccidere qualche migliaio di americani?
Un'ipotesi insostenibile, posto che se mai l'amministrazione avesse organizzato in proprio il 9/11 non poteva certo permettersi neppure il rischio teorico di essere scoperta, pena l'impiccagione sulla pubblica piazza. Un'ipotesi insostenibile anche per chi non voglia scartare del tutto l'ipotesi di complicità della stessa amministrazione negli attentati, perché nessuno dei fautori delle teorie alternative accenna minimamente all'ipotesi più "realistica" in tal senso, pur sostenendo che Bush e Bin Laden siano complici da tempo.
In tal caso la logica vorrebbe che Bin Laden per parte sua si sia impegnato ad addestrare e plagiare il gruppo suicida, mentre dall'altra parte all'amministrazione sarebbe bastato predisporre le "inefficienze" che lo hanno reso possibile attraverso qualche ordine di servizio, ignorando gli avvertimenti che pure ci furono o tenendo lontano gli investigatori dal gruppo. In questo caso la conoscenza dell'operazione sarebbe stata a conoscenza solo del terrorista saudita e di pochi elementi dell'amministrazione americana. Un'ipotesi che non si può illustrare montando un video, ma certamente più realistica e "praticabile" dell'insieme assurdo che presenta Loose Change e delle affermazioni di quanti sostengono le teorie alternative. Un'ipotesi compatibile con il "complotto", ma alla quale gli "alternativi" non sembrano interessati. Esiste inoltre un'altra ipotesi, che non prevede la complicità del saudita - o di chi per lui - e che non viene neppure presa in considerazione: l'amministrazione, almeno in teoria, avrebbe potuto essere al corrente (magari non nei dettagli), che gli attentati erano in preparazione e aver "lasciato fare"; nemmeno questa viene presa in considerazione dai portatori di ipotesi alternative. Sicuramente su queste due ipotesi sarebbe molto difficile scrivere un libro di successo o mettere insieme un video che con la forza delle immagini (più o meno lavorate) la sostenga.
Un'altra evidenza logica che ci dice le ipotesi di Loose Change sono impossibili è data dall'eccessiva ridondanza dell'attentato, perché se il piano fosse stato quello di costruire un casus belli, già lo schianto dei due aerei sulle torri sarebbe stato più che sufficiente a legittimare la reazione americana, anche se queste non fossero crollate; al di là del danno e della perdita di vite umane infatti, la spettacolarità dell'evento e la violazione dell'invulnerabilità del territorio americano sarebbero state un casus belli sufficiente, non meno del risultato finale. Non c'era quindi bisogno di esagerare aumentando esponenzialmente i rischi di disvelamento del "complotto", minando le torri, colpendo il Pentagono in un modo tanto particolare e dirottando o facendo precipitare un quarto aereo; tanto più che il "successo" alle torri sarebbe stato garantito da complicità già predisposte. Una ridondanza comprensibile invece dal punto di vista degli attentatori, che difficilmente potevano pensare di portare tutti e quattro gli equipaggi in meta e che riuscendo a realizzare il loro piano al 75% sono andati probabilmente al di là delle loro stesse aspettative.
Oggi invece anche il mainstream accoglie e accetta di discutere questo pattume, anche e soprattutto quel mainstream che si è bevuto le menzogne di Bush anche quando erano evidenti. Paradossalmente sono proprio le testate che hanno sostenuto la narrazione falsificata che ha consentito la realizzazione della War on Terror che ora diffondono e contestano debolmente operazioni come Loose Change. In realtà non c'è nulla di paradossale; è perfettamente comprensibile che il mainstream embedded nel modello di guerra occidentale preferisca occuparsi di fantasie evidenti piuttosto che della tragica realtà sul campo e degli evidenti crimini commessi dall'amministrazione americana. Non è strano che trasmissioni come Matrix preferiscano dedicare due serate al buffo dibattito sulle ipotesi alternative, o che il Corriere della Sera e Repubblica se ne occupino senza curarsi di demolirle seriamente, preferendo trattarle con leggerezza e al contempo mantenerle vive e vitali nell'opinione di chi ci crede, diffondendole anche presso chi non le conosce perché non frequenta Internet dove queste si sono sviluppate negli anni.
Molto meglio per queste testate riempire le pagine con l'innocua ipotesi del complotto impossibile che con la realtà della strage di Haditha o con quella dell'impiego di armi di distruzione di massa o della sperimentazione sugli iracheni delle armi ad energia, sulle rendition, sugli abusi e sulle torture, o ancora quella del tragico fallimento che vede Iraq ed Afghanistan consegnati al controllo degli "islamici" dopo anni di occupazione e decine (se non centinaia) di migliaia di vittime, feriti e profughi, nonostante la spesa di cifre iperboliche per assecondare una politica che si sapeva fallimentare ed infondata fin dall'inizio. Molto meglio discutere di Loose Change che discutere se il nostro paese sia o meno complice di una banda di criminali e dei loro crimini.
Meglio non allarmare l'opinione pubblica con le immagini di paesi in fiamme, decine di morti al giorno, o con i reportage sui nostri soldati impegnati in "missione di pace", agli ordini degli americani a fare un centinaio di morti nella "battaglia dei ponti" o assediati nei loro compound da afghani e iracheni armati, incazzati e stanchi dell'occupazione. Molto meglio inseguire le fantasie sul complotto e, al contempo, sostenere altre fantasie su quanto l'Iran sia un pessimo paese meritevole di essere attaccato, piuttosto che cominciare a fare i conti con la realtà e ammettere le proprie enormi responsabilità nel sostenere guerre illegali e illogiche, fondate su balle sesquipedali per l'acritica diffusione delle quali nessuna delle testate sunnominate ha mai ritenuto di scusarsi con i propri lettori e spettatori.
Ancora una volta vince la disinformazione, ancora una volta persone genuinamente contrarie alle guerre americane si lasciano strumentalizzare e spendono energie in un'operazione che rischia di bollare come stupidi antiamericani non solo chi si appassiona al complotto, ma anche chi ha investigato con rigore e ha denunciato negli anni i crimini reali di Bush e della sua cricca. Ancora una volta alcuni pensano di menare le danze e di aver bucato il mainstream con una operazione rozza e malfatta, senza rendersi conto che l'enorme professionalità di chi presidia l'informazione li utilizzerà per distogliere l'attenzione e il dibattito dai crimini gravissimi - numerosissimi ed evidenti - commessi da Bush e avallati dai suoi alleati e dallo stesso mainstream che ora fa audience portando all'attenzione dell'opinione pubblica ipotesi assurde pur di evitare la scomoda realtà.
Un meccanismo simile al dibattito sul Codice da Vinci, che focalizza il dibattito su ipotesi di fantasia e al contempo evita alla chiesa cattolica di essere chiamata in causa per aver sostenuto e promosso massacri nei secoli o per avere, ai giorni nostri, protetto il clero pedofilo, sostenuto Berlusconi e benedetto le armi degli esportatori di democrazia, sostenuto le deliranti teorie sullo "scontro di civiltà", o ancora per l'incredibile silenzio sull'esplosione di razzismo verso i musulmani in Occidente.
Se l'undici settembre ci sono state complicità da parte americana, non verranno certo svelate aggiungendo balle alle balle di Bush o diffondendo pessima propaganda; se vi fu un complotto sicuramente non si è svolto come insinuano gli autori di Loose Change e i promotori dell'appello per una nuova inchiesta sul 9/11 (che però, inspiegabilmente, o forse no, nell'appello si guardano bene dal parlare di torri demolite e di aerei fantasma); e neanche potrà essere svelato montando e rimontando a piacere i filmati di quella giornata o veicolando affermazioni di "autorevoli esperti", o fondandosi sul fatto che l'amministrazione Bush sia maestra di propaganda. Perché le guerre di propaganda le vince chi ha le chiavi del mainstream e, in questo caso, la propaganda si sconfigge solo attraverso la verità e le inchieste rigorose, non certo rincorrendo l'audience o producendo fiction.