di Luca Mazzucato

NEW YORK. “Vogliamo mostrare al mondo che non tutti gli ebrei sono d'accordo con le politiche del governo israeliano.” Così Richard Kuper, uno degli organizzatori inglesi della nave in rotta verso Gaza. Tra le numerose flotillas in procinto di sfondare l'embargo israeliano su Gaza, una simbolica novità: Irene, undici persone a bordo, tutti attivisti ebrei. Arrivata martedì mattina nei pressi di Gaza, la nave è stata abbordata senza scontri dall'esercito israeliano e dirottata al porto di Ashdod.

A quattro mesi dal massacro a bordo della Gaza Flotilla, quando l'esercito israeliano aprì il fuoco sugli attivisti turchi uccidendone nove, un nuovo round di navi europee e americane tentano di sfondare l'embargo sulla Striscia di Gaza. Per evitare di essere bloccati prima ancora di togliere l'ancora, gli organizzatori di Irene, una nave di dieci metri, hanno tenuto segreta fino all'ultimo la località di partenza.

È già capitato che analoghe iniziative siano abortite sul nascere, ogni volta che le autorità locali, piegando la testa ai diktat israeliani, negano l'autorizzazione a lasciare i propri porti e sequestrano le navi in partenza, rimpatriando gli attivisti. Che hanno capito l'antifona e ora mantengono lo stretto riserbo sui preparativi.

A bordo di Irene, finanziata da donatori privati e dal Link Partei tedesco, gli attivisti trasportano un carico di giocattoli per bambini, strumenti musicali, libri, reti da pesca per i pescatori e protesi ortopediche per i pazienti degli ospedali di Gaza, in disperato bisogno di materiale medico dopo anni di embargo. Una bandiera arcobaleno della pace sventolerà in cima al pennone, con su scritti i nomi di decine di ebrei che hanno finanziato l'iniziativa da tutto il mondo.

“Questa nave ebraica per Gaza è un atto simbolico di protesta contro l'occupazione israeliana dei Territori palestinesi e contro l'assedio di Gaza,” dice Richard Kuper, intervistato da Al Jazeera. La composizione dell'equipaggio è infatti emblematica. Secondo Yonatan Shapira, pilota militare israeliano e membro della spedizione, nessuno a bordo cerca lo scontro con l'IDF. “Siamo non-violenti, ma se l'esercito israeliano fermerà la nave, non li aiuteremo a portarci al porto di Ashdod [città portuale israeliana a ridosso della Striscia di Gaza, ndr].”

Reuven Moskovitz ha ottantadue anni ed è un sopravvissuto dell'Olocausto: “È un dovere sacro per me, come sopravvissuto, protestare contro la persecuzione, l'oppressione e l'imprigionamento di così tante persone a Gaza, tra cui più di 800.000 bambini.” Secondo Moskovitz, lo Stato d'Israele era un grande sogno che è diventato realtà. “Ma dobbiamo fare in modo che non diventi un incubo. Sono sionista,” prosegue l'ottuagenario attivista a bordo della nave, “e credo che noi ebrei abbiamo il diritto di vivere qui, ma non di rubare ai palestinesi la loro terra e cancellare i diritti di un milione e mezzo di persone. Siamo due popoli ma il nostro futuro è uno.”

Anche secondo Rami Elhanan aiutare i palestinesi di Gaza è un dovere morale e il percorso più sicuro verso la pace. La figlia di Rami venne assassinata in un attacco suicida ad un centro commerciale a Gerusalemme nel 1997. “Il milione e mezzo di persone a Gaza sono vittime tanto quanto lo sono io,” conclude Rami.

La notizia della nave, riportata sul sito del quotidiano di sinistra Ha'aretz, ha dato il La ad una violenta polemica. La maggior parte dei commenti dei lettori sono spietati nei confronti degli attivisti, chiamati “traditori” e “agenti di Hamas,” mentre alcuni si augurano persino che la nave venga affondata dall'esercito: “Solo perché sono etnicamente ebrei non vuol dire che le loro opinioni abbiano alcun valore,” dice un lettore.

La nave “Ebrei per la Giustizia” ha lasciato il porto di Famagosta, nella parte turca di Cipro, nella giornata di domenica. È arrivata in vista della costa di Gaza martedì mattina. È stata subito intercettata da una flotta della marina militare israeliana. Poiché gli attivisti si sono rifiutati di eseguire gli ordini dell'IDF, che intimava loro di cambiare rotta verso il porto israeliano di Ashdod, una nave militare ha accostato la Irene e i soldati hanno preso il controllo della nave pacifista.

Secondo il portavoce dell'esercito, “la loro intenzione era di generare attenzione mediatica e mettere in scena una provocazione. Una situazione particolarmente deplorevole, in quanto stiamo parlando di un gruppo di ebrei e cittadini israeliani e persino qualcuno che ha vestito i panni dell'ufficiale dell'IDF.”

 

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