di Emanuela Pessina

BERLINO. Nelle recenti elezioni presidenziali, l’Austria ha rinnovato la fiducia a Heinz Fischer e ha negato il trionfo alla controversa leader dell’estrema destra, Barbara Rosenkranz (FPOe). Il risultato è giunto felicemente inaspettato, visti gli esiti delle legislative del 2008, in cui un austriaco su tre aveva votato per le destre radicali di Joerg Haider (BZOe), morto in un incidente stradale nell’autunno 2008, e Heinz-Christian Strache (FPOe), provocando l’imbarazzo di tutta l’Europa. E, tuttavia, le presidenziali in Austria hanno lasciato un po’ d’amaro in bocca: rivelando zone d’ombra che sono ormai tipiche di tutte le democrazie contemporanee.

Il mandato di Heinz Fischer, 71 anni, è stato confermato per i prossimi sei anni con il 78,9 % delle preferenze: una maggioranza che non lascia intravedere incertezze di sorta. Come già nel 2004, anche stavolta Fischer si è presentato come indipendente. Poco prima delle precedenti presidenziali, infatti, l’allora candidato alla più alta carica della Repubblica aveva rinunciato ufficialmente a tutti i suoi incarichi all’interno del Partito Socialdemocratico d’Austria (SPOe), dopo quasi trent’anni di militanza: la sua formazione dell’attuale Presidente resta comunque socialdemocratica.

D’altra parte, il successo schiacciante di Fischer ha precluso il trionfo a Barbara Rosenkranz, madrina dell’FPOe, lo storico partito nazionalista e liberale, che ha guadagnato sempre più importanza negli ultimi anni, facendo appunto sperare il Partito in un ottimo risultato. La Rosenkranz ha conquistato il 15,6% dei consensi: nulla, se si considera che i due partiti di estrema destra, BZOe e FPOe, si sono assicurati quasi il 30% dei voti alle ultime legislative, affermandosi tra le forze maggiori della politica austriaca.

Barbara Rosenkranz, tuttavia, si è distinta in quest’ultima campagna elettorale per alcune dichiarazioni - per usare un eufemismo - poco felici. La sua comprensione, in particolare, si è rivolta a quei gruppi che agiscono in nome di ideologie neonaziste e che arrivano a negare, in alcuni casi, l’Olocausto. La legge impedisce e punisce queste attività come illegali: la Rosenkranz, 51 anni, le vorrebbe permettere in nome della “libertà di espressione”.

Per avere un quadro completo della situazione bisogna forse ricordare che il marito di Barbara, Horst Jakob Rosenkranz, è stato membro dell’NPD, partito - inutile dirlo - di estrema destra, attualmente proibito dalla legge. La Rosenkranz è madre di dieci figli, a ognuno dei quali è stato assicurato un nome di antica e nobile provenienza germanica. Candidare Barbara Rosenkranz a una carica così importante e nobile non è stata forse, per l’FPOe, l’idea migliore.

Terzo e ultimo candidato di questa sessione era Rudolf Gehring (CPOe), del Partito Cristiano, che ha ottenuto il 5,4% dei voti. Anche Gehring, in realtà, si è presentato in modo abbastanza curioso: ha aperto la sua campagna con una messa e lotta per una maggiore presenza della cristianità nella res politica, non mancando di pronunciarsi contro l’aborto e l’omosessualità (considerata molto grossolanamente come “smarrimento”).

Ma c’è anche chi, per queste presidenziali così particolari, ha scelto di non presentare candidati. Il Partito Popolare Austriaco (OeVP), da parte sua, non ha avuto il coraggio di mettersi contro Fischer e si è mostrato più che confuso: gli elettori non hanno mancato di punire i conservativi in maniera crudele. Se alcuni Popolari si sono espressi a favore della Rosenkranz, altri hanno invitato i propri elettori a consegnare le schede elettorali in bianco in segno di protesta: ed è quello che ha fatto uno sparuto 7% dell’elettorato. Certo, da un partito che alle ultime elezioni aveva ottenuto il 25% dei consensi, ci si aspettava di più.

Anche i Verdi si sono rifiutati di presentarsi con un proprio candidato: la campagna elettorale è troppo cara, hanno accusato pubblicamente, e il partito dei Verdi non se l’è potuta permettere. Il loro sostegno è andato apertamente a Fischer, in nome dei diritti umani e della lotta contro l’estrema destra. Ma l’accusa rimane: è giusto che in Paese democratico la campagna elettorale diventi una questione di soldi?

Ma gli austriaci, da parte loro, non hanno potuto fare a meno di notare la “particolarità” di queste elezioni: alle urne si è presentato, infatti, solo il 49,2% dell’elettorato, toccando il minimo storico dell’Austria e portando avanti la tendenza dell’Europa intera. Perché nella democrazia attuale, forse, l’unica decisione degna di rispetto sembra quella del non-voto.

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