di Daniele John Angrisani

Il più grande database al mondo. Così è stato definito dagli stessi spioni dell'NSA. Un immenso catalogo delle chiamate effettuate negli ultimi anni dagli utenti americani di Verizon, AT&T e BellSouth Corporation in perfetto stile Grande Fratello orwelliano.
La dimostrazione che il delirio di onnipotenza dell'Amministrazione americana, guidata da "colui che è stato scelto da Dio" non ha confini. In nome della guerra contro il terrorismo tutto è permesso, compreso fare ciò che nessun presidente americano aveva mai osato fare, ovvero spiare i propri concittadini nella loro privacy, una volta considerata inviolabile. Allo stesso tempo la principale arma politica è diventato il mentire in tutti i modi, il negare l'innegabile, anche di fronte ai fatti che dimostrano in modo palese e chiaro per tutti il contrario.
Come quando dinanzi al Congresso ed al popolo americano venne affermato "con assoluta certezza" che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa e che era pronto ad usarle contro gli Stati Uniti d'America, così oggi Bush ha il coraggio di affermare che il programma di spionaggio dell'NSA era in essere solo quando "uno dei terminali della telefonata" era "fuori dai confini degli Stati Uniti". Mente e sa di mentire. Eppure nulla e nessuno è riuscito a fermarlo ed a fermare allo stesso momento la folle corsa di un Paese verso il baratro. La squadra presidenziale americana ha perso i suoi cavalli di razza per strada: Lewis I. "Scooter" Libby, ex capo dello staff di Cheney e mente di molte delle decisioni prese da questa Amministrazione, è sotto indagine per aver riferito, su richiesta del suo capo, informazioni riservate sul lavoro alla CIA di Valerie Plame, la cui unica colpa è stata quella di essere la moglie di un diplomatico che aveva osato esplicitare pubblicamente le sue critiche nei confronti dell'Amministrazione Bush. La mafia eretta come metodo di governo insomma, e qualcosa ne sa pure Karl Rove, l'ex onnipotente ed onnipresente "mente" di Bush, anche lui ad altissimo rischio di essere messo sotto accusa per lo stesso motivo di "Scooter" Libby.

Anche lavorare come portavoce della Casa Bianca deve essere alquanto stressante ultimamente, visto che si sono dimessi in due nel giro di un anno. Prima Ari Fleischer, detto anche "Ari il comico" per le sue assurde difese dell'indifendibile e poi Scott McClellan, hanno gettato la spugna. Il cerino è quindi rimasto nelle mani di Tony Snow, conosciuto fino ad ora per le sue filippiche pro Bush sulla televisione Fox News di Murdoch (lo stesso che ora, sentendo l'aria che tira, ha iniziato a raggranellare finanziamenti elettorali per Hillary Clinton). Ma quanto durerà anche lui dinanzi al continuo rullo di tamburo degli scandali che stanno scuotendo dalla base le fondamenta del sistema di potere che ha permesso a Bush ed ai suoi accoliti di regnare indisturbati fino ad ora? Si aprono scommesse.
Ciò che si è distrutto ormai non è solo la fiducia degli americani nei confronti del loro presidente, scesa ormai al 29%, un a livello mai raggiunto prima da alcun presidente americano nei sondaggi d'opinione. E' l'immagine stessa degli Stati Uniti d'America nel mondo che si è sciolta nel fango delle immagini vergognose di Abu Ghraib e di Guantanamo. Il Paese che una volta si vantava di essere il "faro della libertà" nel mondo, è ora universalmente riconosciuto come quello che, nel nome della lotta al terrorismo, ha sdoganato l'uso della tortura e ha messo in atto un numero innumerevole di violazioni delle libertà personali e dei diritti umani, tanto da non riuscire neppure ad essere eletto al Consiglio sui Diritti Umani delle Nazioni Unite e da essere accusato, formalmente, di "crimini contro l'umanità" da Amnesty International. E la cosa più grave è che nessuno urla al mondo la propria vergogna, dinanzi a tutto questo.

Il risultato di tutto questo è che, di fronte alle grandi sfide del futuro, Washington risulta essere un gigante che cammina bendato e non sa dove sta rischiando di sbattere. La Cina ogni anno diventa sempre più forte economicamente e politicamente, mentre la Russia di Putin, grazie al caro petrolio, si è ripresa in pochi anni dallo sfacelo del 1998, diventando di nuovo un importante giocatore sullo scacchiere mondiale. Allo stesso tempo s'impongono, per motivi diversi, anche il Venezuela di Chavez, l'Iran di Ahmadinejad e, nello sfondo l'India, un gigante che sta crescendo con molta calma, ma che ben presto, secondo le opinioni dei maggiori esperti di geopolitica internazionale, diverrà un attore fondamentale nella scena mondiale. Gli Stati Uniti invece marciscono nelle paludi irachene e nelle sabbie mobili di un debito pubblico sempre più alto che li ha resi sempre più dipendenti della volontà di Paesi stranieri di continuare a finanziare la follia militarista americana ed il suicidio di una ormai quasi ex superpotenza.

Come ha detto lo stesso Thomas Friedman sul New York Times, "il mondo della post-guerra fredda è finito. Stiamo entrando nel mondo del post-post-guerra fredda, un mondo caratterizzato dalla multipolarità, nel quale gli Stati Uniti saranno forse ancora i più forti, ma non più l'unica superpotenza mondiale". Bisogna prenderne atto, è un cambiamento epocale con cui tutti dovremo imparare a convivere. Ma prima di tutto c'è bisogno che a Washington il governo torni in mano a colui che, secondo quella Costituzione americana troppe volte calpestata in questi anni, ha il diritto di scegliere i propri rappresentanti: il popolo americano e non le corporation multinazionali.

Di fronte allo sfacelo dell'America attuale, alla svendita di tutti gli ideali ed alla morte della dignità, il Senato degli Stati Uniti d'America ha il dovere morale e politico di aprire una inchiesta ufficiale, come richiesto da più parti, su ciò che sono stati davvero questi ultimi cinque anni. Come è stato fatto già ai tempi di Nixon, bisogna che il Senato ponga il suo sguardo sul marciume politico ed affarista che ha circondato questa Amministrazione. Sarebbe l'unico modo reale di ottenere quella rivolta morale che potrebbe finalmente portare alle dimissioni o all'impeachment di colui che è stato, senza dubbio, il peggiore dei presidenti americani degli ultimi decenni. E' l'unico modo che gli Stati Uniti hanno per uscire a testa alta dall'incubo che ha infestato il mondo dal 2001 ad oggi.

"Let's Impeach the President" canta con la sua voce melodica Neil Young nel suo bellissimo ultimo album "Living With War". Il tempo e la vita ci hanno dimostrato che la speranza non è mai l'ultima a morire. Ma è ora di agire al più presto, altrimenti sarà davvero troppo tardi e non ci resterà che piangere lacrime di coccodrillo per ciò che andava fatto e non si è fatto quando ancora si poteva.

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