di Carlo Benedetti

Mosca. Quaranta anni dalla prima pietra che gettò le basi di una moderna industria automobilistica nell’Urss. Allora avvenne sotto l’egida di un italiano entrato nel mito della storia sovietica - Piero Savoretti, uomo della Fiat - e di un sovietico come Alexei Kosighin, allora primo ministro del Cremlino. Nasceva, in quei tempi, sulle rive del fiume Volga (e con la benedizione dei due) la città di “Volgograd” destinata ad ospitare l’azienda automobilistica che avrebbe prodotto le “Gigulì”, versione sovietica delle nostre“Fiat 124”.

Passano gli anni e la Fiat perde la corsa in quella Unione Sovietica che si appresta al trapasso. Intanto, con la Russia, arrivano fabbriche, auto, sedi di rappresentanza e vendita da ogni parte del mondo... Renault, Mercedes, Toyota, Volvo, Volkswagen, Nissan, Peugeot, Smart. La Fiat segna il passo. Ma ora, sulla scia di Savoretti, compare Sergio Marchionne. E’ lui che - a nome dell’industria torinese - sigla con il Cremlino una nuova joint venture, che non prevede soltanto l’assemblaggio di un veicolo Fiat (la “Linea”, progettata per i mercati emergenti), ma anche una vera e propria piattaforma di ultima generazione per sfornare nove nuovi modelli in fase di individuazione: auto Fiat dei segmenti B, C e D, Suv e Jeep della Chrysler. Il tutto grazie all’ampliamento dello stabilimento di Città Togliatti, che ora ha una capacità produttiva di 75mila veicoli l’anno e un parco tecnologico per la realizzazione della componentistica (cambi e  motori).

Il nuovo partner si chiama Sollers, che fa parte del gruppo russo Severstal e con il quale nel 2005 il Lingotto aveva già stretto un’alleanza per distribuire le auto italiane. La nuova joint venture paritetica siglata nella città di Naberezhni Cielni, nella Repubblica autonoma del Tatarstan - mille chilometri a est di Mosca - prevede l’assemblaggio della “Linea” e di altri nove modelli FiatChrysler. La nuova joint venture è basata sullo scambio tra il know how tecnologico italiano e i preziosi finanziamenti statali russi.

Ora al posto di Kosighin c’è Putin, che segna un punto a suo favore avviando la nuova era dell’industria automobilistica. E al posto del mitico Savoretti c’è Sergio Marchionne. Il premier russo benedice un’intesa da oltre due miliardi di euro per produrre fino a 500mila veicoli Fiat-Chrysler all’anno entro il 2016, facendo dell’alleanza Fiat-Sollers il secondo gruppo automobilistico in Russia, dietro a Avtovas-Renault.

«La presenza della Fiat in Russia ha un lungo passato alle spalle che, con alterne fortune, risale a quasi cento anni fa», dichiara Marchionne davanti a Putin, nella fabbrica della Sollers. «Ma la giornata di oggi - aggiunge l’amministratore delegato del Lingotto - segna anche una svolta nella presenza della Fiat e della Chrysler in Russia perché getta le basi per un solido futuro». «Si tratta - dice - di una delle più grandi alleanze raggiunte dal nostro gruppo, una vera alleanza globale, in uno dei mercati con il più alto potenziale di sviluppo». «Questa partnership s’inserisce nella strategia del nostro rafforzamento internazionale e ci offre l’opportunità per valorizzare il know how delle nostre aziende, espandere la loro presenza geografica, aumentare l’offerta di prodotti e contenere i costi», spiega poi il manager del Gruppo torinese, reduce dalla presentazione della nuova Fiat 500 in Messico.

L’obiettivo ora consiste nel portare l’attuale esigua quota nel mercato russo (1%) fino al 17% entro il 2016, inseguendo Avtovas- Renault, ora al 25%. Ma per Marchionne non è una replica della finale Italia-Francia ai mondiali di calcio del 2006. Per questo insiste: «Vorrei vincesse la Russia, siamo qui per far ripartire la sua industria automobilistica». Piuttosto è «una questione di orgoglio» perché «hanno scelto noi, riconoscendo le nostre capacità».

Intanto sulla scena automobilistica della Russia si affaccia un chiacchierato oligarca locale. Il suo nome è Michail Prochorov che sbatte in faccia al Cremlino di Putin i suoi miliardi (un capitale privato che secondo la rivista russa Finans raggiunge 14,1 miliardi di dollari) dicendo di essere pronto ad avviare la produzione di un’auto elettrica “per le masse”. Dovrebbe essere “una berlina compatta, grande quanto una Fiat Bravo o una Volkswagen Golf e con la carrozzeria in plastica”. Prezzo previsto quello di 8.800 euro. E Prochorov sarebbe intenzionato a finanziare in prima persona il progetto per i primi due anni. Si dice che Putin abbia ascoltato attentamente le linee annunciate dall’oligarca.

Ma rimane da definire il sito produttivo. La compagnia di Prochorov, la Onexim Group, al momento non risulta proprietaria di alcuno stabilimento automobilistico. Ancora, quindi, è da chiarire se il miliardario russo stia pianificando delle acquisizioni o se, invece, abbia intenzione di trovare un partner industriale. Infine, nessun dettaglio è trapelato circa possibili concessioni di denaro pubblico.

Nel frattempo Anastasya Aksenty, portavoce della Yarovit (un’azienda produttrice di camion di San Pietroburgo) dichiara che sarà proprio la sua azienda a occuparsi della produzione e che Prochorov sarà l’investitore principale. E su questa mole d’informazioni relative all’eventuale sviluppo dell’industria dell’auto arrivano i dati statistici. Si apprende che dopo il crollo del 49% registrato nello scorso anno le vendite di auto in Russia dovrebbero crescere del 2,7% a 1,5 milioni nel 2010. Lo afferma l'Associazione delle imprese europee. Si tratta di un risultato simile a quello del 2009, quando le vendite dei veicoli raggiunsero quota 1,46 milioni. Allora furono la diminuzione dei redditi reali e il balzo dei tassi attivi le ragioni del calo delle vendite. Ed ora ecco che riparte - sotto l’occhio vigile di una Fiat targata Marchionne - l’avventura automobilistica della Russia.

 

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