di Giovanni Gnazzi

Si è spento la notte scorsa nella "città santa" sciita di Qom, a 130 chilometri a sud di Teheran. l'ayatollah Hossein Ali Montazeri, uno dei religiosi iraniani più critici del regime, ex successore designato dell'ayatollah Ruhollah Khomeini alla guida della Repubblica islamica. Ne ha dato notizia un take di poche sillabe dell’agenzia di stampa Irna. Aveva 87 anni e, se negli ultimi anni il nome il suo nome era divenuto sinonimo di opposizione al regime, ben diverso era stato il suo ruolo nella lotta contro la dittatura di Rheza Phalevi.

Hoseyn Ali Montazeri era uno dei più importanti esponenti religiosi sciiti e, durante la Rivoluzione e nei primi anni della Repubblica Islamica, fu uno dei leader spirituali più ascoltati. Prima della caduta della monarchia dello Scià, infatti, Montazeri organizzò proteste pubbliche in apoggio a Khomeini. Venne arrestato e torturato in numerose occasioni.

Durante l’esilio di Khomeini, Montazeri fu nominato suo rappresentante all’interno del Paese e, successivamente, designato come successore. Malgrado però il suo alto grado religioso, Montazeri era stato poi escluso dalla successione a Khomeini dopo avere criticato apertamente sia alcune scelte dello stesso come una parte delle politiche del regime. Da allora, è vissuto a Qom, quasi come un recluso, costantemente sorvegliato dagli apparati di sicurezza. Dal 1997 ha anche trascorso cinque anni agli arresti domiciliari, per avere duramente contestato l'attuale Guida, l'ayatollah Ali Khamenei.

La morte di Montazeri é una pessima notizia per il cosiddetto “movimento verde” che nei mesi scorsi ha affollato le strade di Teheran scontrandosi con gli sgherri dei Pasdaran. L'ayatollah Montazeri, infatti, non si era tirato indietro nel sommare la sua voce al movimento, arrivando persino a lanciare una Fatwa di riprovazione verso Ahmadinejiad e, il fatto che godesse ancora di una vasta popolarità nel Paese, mise certamente in difficoltà il regime di Teheran. Il lancio della Fatwa non fu l’unico scontro con il regime. Nello scorso agosto, proprio dopo le contestate elezioni che confermarono alla presidenza Mahmud Ahmadinejad, l’ayatollah Montazeri aveva preso decisamente posizione al fianco del movimento di protesta, guidato dall'ex candidato moderato Mir Hossein Moussavi e da quello riformista Mehdi Karrubi.

L’ayatollah dissidente accusò i dirigenti iraniani d’imporre un regime autoritario in nome dell’Islam, regime che definì “una dittatura”. Fu proprio nel 1997, però, che Montazeri aprò lo scontro con il regime sciita, mettendo in discussione la legittimità dei poteri assegnati all’ayatollah Khamenei, successore di Khomeini. Come conseguenza di questa opposizione, le autorità chiusero la sua scuola religiosa, distrussero il suo ufficio e lo condannarono a sei anni di arresti domiciliari.

Sono migliaia gli iraniani che, avuta notizia della sua morte, si sono avviati a Qom per rendere omaggio alla salma dell’ayatollah dissidente. Ai suoi funerali, previsti oggi, si recheranno quasi certamente Mussavi e Karrubi, i due leader dell'opposizione iraniana, che hanno proclamato un giorno di lutto nazionale e hanno fatto un appello ai loro sostenitori affinché partecipino compatti ai funerali. Con la morte di Montazeri, il movimento verde vede certamente un suo ridimensionamento nei settori più religiosi del paese che, pure, sono contrari al governo di Ahmadinejiad. Montazeri era infatti un punto di riferimento per ci vuole sì una trasformazione del regime in funzione liberale, ma tutta interna al sistema di potere religioso.

E’ presto per vedere se il movimento si riposizionerà in funzione più laica, ma certo che la morte di Montazeri lo indebolisce in termini di autorevolezza. In previsione di funerali che si trasformeranno quasi certamente in una enorme manifestazione contro il regime, il governo di Teheran ha mobilitato ingenti forze di polizia e vietato l’accesso ai corrispondenti stranieri. Lontano dalle telecamere, si picchia meglio.


 

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