di Carlo Benedetti

Il tempo della "atomnaja stanzija" di Chernobyl non si è fermato. E così il cronista che ha vissuto i giorni della catastrofe va a rileggere il diario dell'epoca per tornare a riflettere su quella che era stata una catastrofe annunciata. Proprio perché quanto avvenne all'una di notte del 26 aprile 1986, in uno sconosciuto villaggio dell'Ucraina sovietica, era già stato narrato, con tremenda e diabolica forza anticipatrice, da un fine artista come il regista Andreij Tarkovskij il quale, con il film "Stalker", aveva descritto una catastrofe epocale che aveva isolato dal mondo un'intera regione. Allora si parlò del film come di un viaggio spirituale di conoscenza in un panorama di fantascienza. E tutto fu incasellato nella cineteca delle opere da non dimenticare. Ma proprio nel giorno dell'apocalisse nucleare nessuno ricordò l'ammonimento di Tarkovskij. Perché in quella notte le "autorità" dell'Ucraina sovietica tennero nascosta la notizia a tutti. Alla gente del posto che aveva, forse, sentito il "botto" fu detto che si era trattato di un semplice incidente e che, comunque, ogni cosa era sotto controllo. Cominciava, invece, proprio in quei momenti il tempo di Chernobyl. Con la vicenda che fu nascosta anche dalle fonti più autorevoli del Cremlino, a partire da Gorbaciov. Nessuna notizia, nessun allarme. Furono solo alcune emittenti occidentali che, dal nord Europa, lanciarono un primo allarme. Ma nell'Urss ufficiale non si credette a niente. Il cronista rilegge gli appunti di quelle ore. Non trova una riga sulla Pravda e resta ancora attonito ricordando che, nella serata del 29 aprile, lo speaker del telegiornale centrale Vremija annunciò: "La propaganda borghese sta alzando molta polvere su chernobyl" e andò poi avanti dicendo che erano "false le notizie su migliaia di morti". Disse allora che "le vittime sono solo due e i ricoverati 197". Per il resto la tv presentò una foto della centrale dopo l'esplosione affermando che "come si vede i danni sono minimi". Tutto si svolse, quindi, con una perfetta sceneggiatura. Il perché era semplice: il paese si stava preparando alla Festa del Primo maggio. E così le strade delle città e dei villaggi dell'intero paese erano già coperte di bandiere. E a Kiev - ad appena 150 chilometri da chernobyl - si doveva svolgere la tradizionale parata con donne, bambini e uomini in festa.

E fu proprio l'organo del Cremlino - Izvestija - che nell'edizione serale del 1 maggio titolò su una Ucraina "felice, colorata dai tulipani e dal rosso delle bandiere". Ma la domanda che si poneva già allora a livello generale era questa: perché Gorbaciov tace? L'informazione, la chiarezza, la glasnost e la sincerità non sono forse i suoi cavalli di battaglia? Tutto, invece, veniva ovattato mentre su tutta l'Europa si diffondeva l'allarme per il rischio di contaminazione radioattiva. Tra la popolazione si registrava la corsa all'accaparramento di scorte alimentari. Il Cremlino si vedeva costretto ad emanare una serie di disposizioni che proibivano la vendita delle verdure e la somministrazione di latte fresco alle gestanti e ai bambini. E così, a poco a poco, si scopriva la tragica realtà: la nube radioattiva proveniente da chernobyl contaminava già in maniera seria 150.000 km quadrati attorno alla centrale, un'area popolata da circa di 7 milioni di persone. Venti e piogge la spingevano fino all'Europa Occidentale. Con l'area attorno alla centrale - un raggio di 30 km - che veniva a poco a poco evacuata mentre la nube radioattiva contaminava in maniera seria 150.000 km quadrati attorno alla centrale. Perché il silenzio su circa 7 milioni di persone contaminate in uno scenario apocalittico con 15 mila morti e 50 mila invalidi?

Le risposte su chernobyl e sulla gestione dell'intera vicenda sono - purtroppo - ancora difficili da pronosticare. Proprio perché durata ed esito dell'avventura sono ancora capitoli aperti. In ballo c'è sempre quell'aspetto fondamentale del "sistema" di gestione del potere che si è andato affermando nell'intera Unione Sovietica: la sindrome dell'accerchiamento e la paura dell'incognito. In sintesi: la teoria del complotto. chernobyl è stato l'aspetto più agghiacciante di tali teorie. Il burocrate "sovietico" che si è trovato a gestire la contingenza ha preferito nascondere subito l'evidenza. Un niet immediato, un mettersi al riparo. Un dire a tutta voce che non era successo niente e che se qualcosa era avvenuto si era pur trattato di un minimo incidente. E lo stesso Gorbaciov - appena all'inizio di successivi e massicci processi - si era subito allineato ricorrendo, indirettamente, alla teoria che rifiuta che la "fantasia" possa anticipare la realtà. Del resto l'Urss di quegli anni ha poi avuto altri esempi eclatanti. Come non ricordare quell'aereo coreano che fu abbattuto dai Mig sovietici? Allora si disse che era un aereo-spia e l'aviazione di Mosca scelse la via più facile. E ancora: come reagire nei confronti del terrorismo? Il caso del teatro Dubrovka a Mosca è ancora sotto i nostri occhi. Allora per eliminare i terroristi si lanciarono gas che non potevano essere controllati. E così si mandarono all'altro mondo assaliti ed assalitori. La logica non ha diritto di cittadinanza?

Certo è che anche oggi non ci sono fasci di luce sulle piaghe dolorose del recente passato sovietico-russo. Anche Putin è figlio di queste tradizioni che confermano una incapacità di gestire l'informazione. Anzi, meglio: la paura di gestire l'informazione. Ricordiamo, ad esempio, che per decenni e decenni tutti i media dell'Urss ricevevano dalla agenzia di stato, Tass, le uniche notizie da rendere note e che tutte avevano lo stesso titolo: "La Tass informa che". Mai un titolo autonomo con evidenziata la notizia. Si è creata così una vera scuola tesa a minimizzare ogni evento. Venendo poi agli eventi più recenti come non ricordare la vicenda drammatica e sconvolgente del sommergibile "Kursk" sepolto negli abissi? Anche in quel caso un silenzio iniziale. Eppure il "fatto" non era una finzione cinematografica. Ed ora il capo del Cremlino nasconde gli orrori della Cecenia presentando ogni azione di guerra come una lotta al terrorismo. E trova alleati negli Usa, così come, sino a ieri, li ha trovati nel nostro Paese. E' proprio vero: il tempo di chernobyl - pur se battuto da un vecchio orologio - non si è fermato.

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