L'ultimo grande spettacolo, prima della pausa che terminerà con la ripresa del campionato di calcio, sta ancora impegnando i nostri schermi, ma ancora nessuno sembra averne indagata la natura. In effetti ci sarà chi si chiede stupito a cosa serva il G8 e perché caspita quest'anno sembri tanto un grande evento. In fin dei conti dei 34 incontri precedenti se ne ricorda forse uno solo proprio nel nostro paese, perché ci è scappato il morto. Questioni importanti, non fosse per l'importanza dei convenuti, scivolano via senza che la grande giostra dell'informazione riesca ad afferrarle e mostrarle ai cittadini che basiti assistono da casa. Si tratta di un summit – informale - perché esistono già sedi sedi - formalizzate - dove ci si riunisce per decidere davvero degli accordi internazionali, eppure è promosso con molta più foga di tanti appuntamenti più importanti.
Il primo concetto da fissare è che questo grande vertice internazionale, trasformato dal solito megalomane in vertice di vertici e infine in vertigine, non serve a decidere niente. Zero, meno di niente. Il principale prodotto del vertice, il risultato ufficiale e ultimo, è la “dichiarazione”. Consiste in un assemblaggio cautissimo di frasi contrattate dagli ormai famosi sherpa, che inevitabilmente enumera una serie di grandi decisioni prese dai “grandi”. Il problema principale con la dichiarazione è che di solito è composta da dichiarazioni di principio e dichiarazioni d'impegno in misura estremamente sbilanciata a favore delle prime. Il problema secondario con la dichiarazione è che gli impegni sottoscritti dagli stati sono di solito simbolici e, ancora più spesso, non vengono rispettati. La “dichiarazione” paradigmatica del senso del G8 è quella con la quale si annuncia che dopo una fruttuosa discussione sul tema del giorno, i “Grandi” hanno deciso di impegnarsi a discuterne tra un anno o anche di più. Ecco perché il G8 ha smesso da tempo di essere un incontro nel quale si fa la storia, se mai lo è stato.
Accertato che l'evento non serve lo scopo a cui è formalmente preposto e appurato che la sua inutilità è confermata da una serie storica impressionante per costanza e coerenza, resta da capire perché un sacco di gente, che ha sicuramente di meglio da fare, si ritrovi periodicamente per questa sceneggiata, ed è proprio il termine sceneggiata che ci porta sulla pista giusta. Alzi la mano chi può negare che questo incontro sia un enorme spot per Silvio Berlusconi.
Mentre aspettiamo, possiamo sicuramente analizzare l'incontro dal punto di vista spettacolare, operazione che sembra avere senso e un discreto radicamento nella realtà. Inteso come spettacolo, il G8 è addirittura trasparente per quanto c’è familiare e non potrebbe essere altrimenti, sono anni che l'impresario che lo organizza si preoccupa di fare lo stesso con la televisione e i media italiani. C'è anche da ricordare, per non fare torti a nessuno, che i leader che si prestano allo spot dell'italiano sono i primi ad aderire e a promuovere questo modello, Berlusconi non è il solo che si sta facendo pubblicità.
Il G8 è puro stile Mediaset, è coperto ossessivamente da Raiset ed è organizzato e allestito seguendo il manuale del Grande Fratello. Niente è lasciato al caso, dalle inquadrature televisive fino ai dettagli più sottili della sceneggiatura. Il format include anche le tipiche “prove” che punteggiano i reality, prove spesso di dubbio gusto, come quella del similatore del terremoto in mezzo alle rovine del terremoto. Lo stile delle location e i colori degli interni sono gli stessi e il programma risente della formazione di Berlusconi nel mondo delle crociere: “Regola numero uno: tienili impegnati”. In effetti il copione originale prevedeva proprio la crociera in Sardegna, ma traslocarlo in Abruzzo è stato più facile del prevedibile, perché in fin dei conti la zona offre le stesse possibilità di segregazione dell'arcipelago della Maddalena.
Così ai leader convenuti, confinati in un ambiente circoscritto e coperto ossessivamente dalle telecamere, è stato proposto un programma di eventi serrati e inclini a un'escalation narrativa che traspare anche dai numeri: G8, G14 e poi G20. I protagonisti arrivano sul palcoscenico con tempi diversi per evitare sovrapposizioni e mantenere la tensione narrativa e l'impressione di un positivo aumento di leader che accorrono a firmare “la dichiarazione” del giorno. È comprensibile che Berlusconi abbia equivocato quando la stampa estera ha accusato l'Italia di non aver preparato l'agenda a dovere, in realtà lui il programma della crociera l'ha spremuto allo spasimo e l'agenda politica è inutile come il vertice. Perché perderci tempo?
Tanto intenso è il programma, che i leader convenuti sembrano avere qualche difficoltà a reggere fisicamente la giostra che si conclude a tarda sera dopo inevitabili cene obbligatorie. Rinchiusi nella G8land come se fossero su Love Boat ( o forse su Fantasy Island), sono prigionieri di un set e esposti alle telecamere del grande impresario, che con quelle riprese ci fa quello che vuole e che è anche quello che vende le riprese che gireranno per il mondo. La star dello spettacolo è indubbiamente il presidente americano Obama, prima di tutto perché è il presidente americano e poi perché “vende” benissimo quasi ovunque. Obama fa gradimento e allora Obama giorno e notte e, quando non c'è, via con la moglie e le figlie. A promuoverlo continuamente, non richiesto, c'è proprio Berlusconi che cerca di raccoglierne ogni barlume di lustro riflesso, così che i suoi stessi giornali possano fare il titolo con “Obama e Berlusconi”: mica fichi, un grande leader mondiale. Obama, per conto suo, ha parecchio da fare, viene da Mosca, andrà in Ghana e poi a casa dove lo attende l'orrore, ringrazia per lo spot cercando di cavarne quel che può e di mostrarsi amico di tutti. Esigenze spettacolari convergenti, comuni a quasi tutti i leader.
Nella Casa del GF di Coppito gli hanno anche messo lì un campo da basket come esplicito gesto di cortesia e tentazione maligna e lui ovviamente si è esibito in favore di telecamere per “far simpatia”, che l'America ne ha bisogno. Non è mancato il ralenty e non sono mancati i commenti “tecnici” sullo stile presidenziale, per fortuna nessuno ha detto che i neri ce l'hanno nel sangue, di questi tempi è già un risultato. Qualche ora se ne va per descrivere i cambi d'abito “della Michelle” e delle sue pupette macerando nell'attesa dell'arrivo di Carlà, che arriva dopo perché di spettacolo se ne intende, evitando sovrapposizioni e competizioni, senza perdersi l'Haute Couture à Paris. Guest star George Clooney, che appare al G8 in un cameo per pubblicizzare il suo film, passava per caso. Molto a suo agio Gheddafi, che ormai è un affezionato dello “Yes I camp” nel nostro paese e che quando c'è da dare spettacolo è una certezza.
Richiamato alla realtà, il leader cinese ha lasciato il G8 sapendo di non perdere molto, i problemi in patria sono seri e il suo non era un ruolo da star. Non che Hu Jintao disprezzi l'uso dello spettacolare; i carri armati e i blindati cinesi schierati in città per arrestare i pogrom reciproci tra han e uyguri oggi sono dipinti di bianco e il governo si preoccupa di offrire al mondo una versione sostenibile dei fatti. Il cambiamento formale nel registro spettacolare cinese è stato netto quanto il suo sprint mercantile che ha investito anche il selvaggio Ovest cinese, che in questo caso coincide con l'estremo e mitico Est delle popolazioni turcofone. La tensione inter-etnica nella regione ha rotto il patto narrativo e con esso il patto sociale, ci vorrà qualcosa di più della propaganda per rimettere insieme i cocci.
A L'Aquila lo show non ne ha risentito. Tempesta perfetta di celebrità, ritmo, lusso contenuto e tanta pubblicità. Pubblicità per Berlusconi; che ne è avido a prescindere dalla sua sfortunata contingenza politica; pubblicità per i prodotti dei gentili sponsor che vengono ricordati ad ogni collegamento senza neanche avvertire che è pubblicità e non giornalismo. Al posto dell'Ikea questa volta c'è l'arredamento italiano di gamma alta, il cibo italiano, l'artigianato italiano, le auto italiane, la biancheria italiana e pure le pacchianate italiane a incrinare un'immagine che si vorrebbe d'eleganza, come nel caso dei bauli che racchiudono le preziosissime penne (italiane) offerte ai leader per firmare “la dichiarazione” del giorno.
Pubblicità anche per gli abruzzesi, che segnano un punto con lo “Yes we camp”, che raggiunge i quattro angoli del globo, ma che non possono sfuggire alla complicità forzata con il premier nel suo numero peggiore: quello del venditore di pentole. Trascinando gli ospiti in un'incursione nella “Tv del dolore”, il geniale organizzatore della crociera costringe i pur scafati colleghi a comprare il pacco predisposto, un cul-de-sac dal quale non si può uscire mostrandosi ingenerosi verso i terremotati che ti raccontano con dignità le loro disgrazie in mondovisione. È ancora troppo presto per fare i conti della colletta, ma sufficientemente tardi per ritenerla poco dignitosa. Un governo micragnoso con i propri cittadini e con gli stessi terremotati, che estorce la carità ai gentili ospiti, non è un bel vedere.
Il demone del venditore bauscia lo possiede e lo ha convinto che potrà vantare la generosità degli altri come un risultato proprio, schiere di fedeli stanno già cercando di convincere noi e i nostri cari di questa bizzarria mentre ascrivono a Berlusconi ogni merito. Lui per parte sua mette la firma su qualsiasi cosa, dalle aiuole al menù, fino a rasentare la psicopatia con il “president parka”, giaccone millesimato di un noto produttore italiano, firmato (davvero, c'è la sua firma sopra) da Berlusconi e regalato a signori e signore leader. Qui ci sarebbe anche l'incongruenza tra l'immagine di un governo che piange miseria sul palcoscenico internazionale per giustificare il tradimento della promessa di aiuti ai paesi poveri, e per chiedere la carità per i terremotati, con quella sfacciatamente ottimista di Berlusconi che nega l'esistenza di un gravissimo stato di crisi, rimuovendola di fatto dal dibattito pubblico italiano, ma a questo punto sono sofismi. Come l'incongruenza di un governo che è accusato diffusamente emanare leggi razziste contro i migranti e di non dare un euro ai paesi poveri, che si spaccia proprio per paladino di quei popoli, ipocrisia mercantile all'ingrosso.
Il grande spettacolo sembra scorrere senza scosse, i set sono blindati e l'unica delusione è per la mancata apparizione dei “violenti”. Ci sono stati alcuni arresti “preventivi” a caso e il fermo di quattro “stranieri” che avevano “mazze da baseball e spranghe” nel loro camper e al telegiornale hanno confermato mentre mostravano le immagini due (2) rami e tre (tre) tubi cromati e forati del genere da campeggio esibiti per i giornalisti. Non c'è proprio niente da fare, dall'altra parte hanno imparato a sfuggire lo scontro provocato e preparato a favore di telecamere dal grande impresario. Fanno finta di niente, ma ci sono rimasti malissimo, non si trova uno straccio di “terrorista” o di “criminale” disposto a fare da sparring-partner.
Hanno provato l'impossibile, comprese le cariche a freddo a manifestazioni assolutamente inoffensive, uguali a decine di altre che non hanno mai attirato la violenza delle forze del (dis)ordine. Hanno anche inscenato la sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione per niente, una delle tante spese inutili a produrre stupore e allarme spettacolare. Hanno blindato il paese per niente sapendo che non era necessario e che non c'era alcuna minaccia d'invasione. Scontata e già vista anche questa.
Il tempo dedicato alla presentazione discussione dei temi formalmente all'attenzione del vertice è ovviamente una frazione di quello dedicato all'insieme dell'evento, che è così ricco di spunti da mobilitare i media al gran completo, ce n'è per tutti ed è il trionfo del gossip. Tutti i media parleranno del G8 e nessuno saprà dire cosa hanno deciso al G8, se non forse che Obama ha giocato a basket e che per gli abruzzesi hanno raccolto l'elemosina. Intanto il grande impresario danza sugli schermi e saltella accanto a Napolitano mentre riceve gli ospiti per la cena, anche qui la scena è rubata da Fantasy Island con il presidente che fa il direttore e l'altro più basso che fa da spalla spiritosa, saltellando smanioso e assumendo posizioni ed espressioni buffe, ancora l'esigenza di firmare l'istante con la sua presenza ossessiva.
Finito lo spettacolo quando Obama se ne va, il programma prevede di smontare tutto e di andare in vacanza, il ragioniere dello stato staccherà idealmente un assegno da cinquecento milioni di euro (mille miliardi di una volta) e il grande impresario andrà a ritemprarsi, lo ha già annunciato, sperando che tutto questo stupore sparso a piene mani basti a disorientare o a fiaccare gli avversari. Resterà solo Rete4 a mandare in onda, ancora per un po', lunghissime registrazioni integrali in perfetto stile sovietico.
Il grande successo dello show dovrebbe, nelle intenzioni, assurgere a manifestazione auto-evidente della solidità di Berlusconi nel ruolo di somma vedette spettacolare - e quindi trionfante - sulla narrazione pecoreccia che ha minato la sua capacità di sostenere il ruolo. In questo senso si può dire che l'eroe spettacolare (nel nostro caso auto-investito del ruolo), la vera star della narrazione seriale dominante e integrata, sta lottando per non mollare a dispetto dello scandalo e che cerca lucidamente di proiettarsi oltre il format, allontanando le sue disgrazie con una ricca diversione realizzata con un grande dispendio di mezzi.
Diversione alla quale l'opposizione assiste silente, c'è il superiore “bene del paese” in ballo e quindi disturbare l'osceno spot sarebbe da gente che non ha a cuore la patria. Ma questo appartiene a un altro spettacolo, a una vecchia serie in onda dagli anni '70 e dedicata alle sventure della grande famiglia della sinistra italiana, non c'è da stupirsi quindi che gran parte del pubblico italiano non tributi grande attenzione all'epopea dei congressi (ri)fondativi della sinistra. I copioni sempre uguali, il mancato uso dello stupor e la clamorosa scarsità di gnocca, ne fanno un genere riservato a un pubblico di amatori di una certa età.
Compreso il significato spettacolare del G8, non resta che augurarsi che la maratona pubblicitaria di Berlusconi si riveli inutile e incapace di soffocare il nuovo filone soft-porno che si è dimostrato capace di inciderne pesantemente l'immagine di miglior leader che c'è agli occhi di tanti italiani. I gusti sedimentati negli italiani negli ultimi due decenni e la complice rilassatezza estiva, potrebbero al contrario rilanciare la new wave con un classico bombardamento a tappeto in stile Novella2000 sotto gli ombrelloni, vanificando così l'effetto dello spot e riconsegnando a settembre, e alla realtà della crisi del paese, un capo del governo ancora più in mutande di quanto non fosse a giugno.
LO SPETTACOLO DEL G-8
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