di Michele Paris

Con l’approvazione di una mozione di sfiducia presentata in Parlamento dall’opposizione socialdemocratica, il primo ministro della Repubblica Ceca e presidente di turno dell’Unione Europea nel semestre in corso – Mirek Topolanek – ha incassato una pesante sconfitta per il proprio governo nel bel mezzo di una gravissima crisi economica che sta colpendo in maniera particolare i paesi dell’ex blocco sovietico. A determinare il crollo dell’esecutivo ceco non sono state tuttavia questioni legate alla situazione dell’economia, bensì, almeno a prima vista, dispute politiche interne. La crisi di governo in realtà colpisce duramente una coalizione ed un partito conservatore – il Partito Democratico Civico (ODS) – che ha suscitato un profondo dissenso nel paese in seguito al perseguimento ossessivo di politiche neo-liberiste e, più recentemente, a causa di una trattativa con gli Stati Uniti – ora messa in stand-by dall’amministrazione Obama – per la creazione di uno scudo missilistico sul proprio territorio. Proprio quest’ultima questione è al centro di accese discussioni che stanno rischiando di incrinare ulteriormente le già deteriorate relazioni tra USA e Russia. Il piano di difesa – che prevede la costruzione di una struttura radar in Repubblica Ceca e l’installazione di una batteria di missili intercettori in Polonia – era stato fortemente voluto da George W. Bush come deterrente nei confronti dell’Iran nell’ipotesi dello sviluppo di armamenti nucleari da parte di Teheran in un prossimo futuro. Le reazioni di Mosca per l’invasione di quella che era fino a pochi anni fa la propria sfera di influenza erano state veementi e a nulla aveva condotto una proposta di installare una parte del sistema difensivo sul proprio territorio, così da dimostrare concretamente – come lo stesso ex presidente americano aveva ripetutamente assicurato – che esso non era da intendersi in funzione anti-russa.

Il cambio della guardia a Washington ha avuto tuttavia come conseguenza un ripensamento dell’intero progetto. A conferma di ciò, lo scorso mese di febbraio Barack Obama ha inviato una lettera al presidente russo Dmitry Medvedev, proponendogli una sorta di scambio. Gli Stati Uniti non avrebbero cioè bisogno dello scudo missilistico in Repubblica Ceca se la Russia fosse in grado di utilizzare la propria influenza sull’Iran per interrompere il programma di realizzazione di armi nucleari a lungo raggio. Mentre ulteriori sviluppi della vicenda si avranno verosimilmente nel corso del primo faccia a faccia tra Obama e Medvedev al summit del G-20 di Londra ai primi di aprile, le reazioni preoccupate di Cechia e Polonia non si sono fatte attendere. Dal momento che i governi di questi paesi avevano investito buona parte del proprio capitale politico nella cooperazione militare con gli USA, malgrado l’opposizione di ampi strati dell’opinione pubblica, la mossa del neo-presidente americano ha finito per indebolirli non poco sul piano interno.

Nel caso della Repubblica Ceca, ad un paio di settimane della visita di Obama a Praga, è così giunta addirittura la sfiducia al governo di centro-destra in seguito al passaggio della mozione del leader del Partito Socialdemocratico (?SSD) – Jiri Paroubek – con 101 voti a favore dei 200 che compongono la camera bassa del Parlamento ceco. Nonostante la fine politica di Topolanek, è improbabile che vengano indette a breve nuove elezioni o che il presidente Vaclav Klaus scelga il suo successore prima dell’estate. Ciò permetterà all’attuale capo di governo di mantenere il proprio incarico almeno fino a giugno, quando terminerà il semestre di presidenza ceca dell’Unione Europea.

Oltre all’imbarazzo di una crisi di governo nel bel mezzo della presidenza dell’UE, il voto di sfiducia potrebbe contribuire a diffondere una maggiore diffidenza tra gli investitori stranieri in Repubblica Ceca, la cui economia aveva invece finora resistito relativamente meglio alle scosse della crisi globale rispetto ad altri paesi dell’Europa Orientale come Ungheria o Romania. Il nuovo scenario politico ceco minaccia inoltre di mettere definitivamente la parola fine sul progetto dello scudo spaziale americano che era uno dei punti centrali della politica estera di Topolanek. In risposta alle perplessità sollevate dall’opposizione – e nel paese – il governo aveva peraltro deciso pochi giorni fa di sospendere la procedura di ratifica in Parlamento del trattato di installazione.

In attesa dei nuovi sviluppi nel panorama politico ceco, alla ribalta tornerà ora il presidente Klaus, convinto euro-scettico, al quale sono in molti a riconoscergli un successo personale nella caduta di Topolanek, con cui aveva fondato il Partito Democratico Civico nel 1991 ma dal quale si era recentemente allontanato proprio a causa del sostegno incondizionato del premier all’integrazione del paese nell’Unione Europea.

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