di Michele Paris


Tra l’entusiasmo della comunità scientifica americana, Barack Obama ha firmato un ordine esecutivo che pone fine al blocco dei finanziamenti federali a favore della ricerca sulle cellule staminali embrionali. In quello che rappresenta solo il più recente di una serie di atti volti a ribaltare l’attività legislativa di George W. Bush, il neo-inquilino della Casa Bianca si è detto convinto di agire – da persona di fede – per alleviare la sofferenza umana, criticando apertamente quella che finora è stata la falsa necessità del governo di dove operare una scelta tra scienza e morale. Il provvedimento, che tiene fede ad una promessa elettorale di Obama ed ha già suscitato le violente reazioni di una parte del Partito Repubblicano, delle associazioni anti-abortiste e dello stesso Vaticano, non stabilisce alcun vincolo specifico, lasciando all’Istituto Nazionale della Sanità il compito di fissare le delicate linee guida e al Congresso la responsabilità di realizzare una legge esaustiva. La promessa del presidente è quella di ricondurre le azioni del governo in linea con la ricerca scientifica e di permettere agli Stati Uniti di tornare a svolgere un ruolo chiave nell’ambito della ricerca sulle cellule staminali embrionali. I limiti posti in questo ambito dal suo predecessore avevano infatti spinto molti ricercatori americani verso laboratori esteri, in primo luogo in Gran Bretagna. Rispondendo alle pressioni della destra radicale e dei cristiani conservatori che solo pochi mesi prima avevano contribuito in maniera decisiva alla sua conquista della presidenza, George W. Bush il 9 agosto del 2001 aveva stabilito che non sarebbero stati messi a disposizione finanziamenti pubblici per le staminali embrionali, ad eccezione di quelle già esistenti a quella data.

La questione delle cellule staminali e la loro distinzione tra embrionali e adulte, come ha riconosciuto lo stesso Obama, continua a provocare profonde divisioni all’interno dell’opinione pubblica d’oltreoceano. La decisione dall’evidente connotazione ideologica e politica del suo predecessore all’epoca aveva peraltro contribuito anche a rimuovere, almeno in parte, un ostacolo alla ricerca sulle cellule staminali. Il cosiddetto “Dickey-Wicker amendment”, in vigore dal 1996 e rinnovato dal Congresso di anno in anno, proibiva infatti il finanziamento pubblico destinato alla ricerca per la creazione di embrioni umani (da distruggere una volta estratte le cellule staminali). Nel 2001, come già ricordato, Bush aveva invece consentito quanto meno l’impiego di denaro proveniente dalle casse federali per lo studio delle staminali embrionali già esistenti. Non veniva tuttavia finanziata dal governo l’estrazione di cellule da nuovi embrioni, i quali sarebbero stati appunto eliminati nel corso del processo. Proprio quest’ultimo aspetto risulta come il più controverso e allo stesso tempo il più delicato dal punto di vista prettamente scientifico.

Le cellule staminali ottenute dagli embrioni possono infatti evolversi in un qualsiasi genere di cellula o tessuto corporeo, permettendo così – secondo l’opinione di molti ricercatori – di venire a conoscenza delle cause di numerose malattie e, conseguentemente, di trovare più facilmente le possibili cure. Tra le varie patologie che potrebbero essere curate, vi sono l’Alzheimer, il Parkinson, il diabete, ma anche le cardiopatie e alcuni danni alla colonna vertebrale. Al contrario, le cosiddette cellule staminali adulte – il cui studio era stato promosso dalla stessa amministrazione Bush, in quanto non necessitava della distruzione di embrioni – sarebbero in grado di riprodurre unicamente un certo tipo di cellula. Dal momento che quest’ultima tesi è stata messa in discussione da qualche tempo – anche le cellule staminali adulte potrebbero cioè essere sottoposte ad un processo di differenziazione simile alle cellule embrionali – i sostenitori della posizione dell’ex presidente avevano così promosso la limitazione della ricerca alle sole cellule staminali adulte, in modo da evitare la distruzione di embrioni umani.

Il ripristino del primato della ricerca scientifica, ha assicurato in ogni caso Obama, sarà corredato da principi ben precisi per evitare abusi ed eccessi, tra cui la clonazione per la riproduzione umana. Toccherà comunque a Senato e Camera dei Rappresentanti farsi carico di un impianto legislativo che potrebbe però addirittura allentare ulteriormente le restrizioni alla ricerca sulle staminali rispetto a quanto annunciato dal presidente, anche se i suoi auspici sono ancora una volta per un accordo bipartisan tra democratici repubblicani.

Al di là delle ferme, e ampiamente previste, proteste dell’ala repubblicana più conservatrice – il deputato del New Jersey Christopher Smith, ad esempio, ha addirittura definito Obama “il presidente dell’aborto” – non sono pochi gli esponenti di minoranza che appoggiano la fine del divieto del finanziamento federale alla ricerca sulle staminali embrionali. A favore dell’attenuamento delle attuali limitazioni, secondo un recente sondaggio di ABC News e Washington Post, sarebbe anche il 60% degli americani, percentuale che si impenna in maniera sensibile se si considerano gli elettori democratici e gli indipendenti.

Ad accompagnare il provvedimento sulle cellule staminali, è giunta anche l’emanazione di una direttiva presidenziale rivolta al capo dell’Ufficio della Casa Bianca competente sui temi della scienza e della tecnologia – il dottor John Holdren – e che ha nuovamente tutta l’aria di un ulteriore schiaffo alla politicizzazione della ricerca scientifica operata da George W. Bush. In essa viene disposto lo “sviluppo di una strategia volta a restituire credibilità scientifica alle decisioni prese dal governo”. Una inequivocabile indicazione che torna ad assegnare un fondamento scientifico all’operato del governo e, nelle parole dello stesso Obama, assicura che d’ora in poi “quanti saranno chiamati ad operare in ambito scientifico per conto della nuova amministrazione verranno scelti esclusivamente in base a competenze ed esperienza e non al loro orientamento politico o ideologico”.

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