di Fabrizio Casari

E' diffuso convincimento che la guerra é una cosa troppo seria per farla fare ai generali. Altrettanto diffuso è il convincimento che l'informazione la debbano fare i giornalisti, o almeno dovrebbero. Ma visto dal punto di vista del Pentagono, questo refrain ha un significato diverso; i militari fanno le guerre e producono l'informazione necessaria a farle vincere. Ma come è possibile determinare uno schieramento assoluto da parte dei media a sostegno dei militari e delle scelte politiche che li muovono?
Alla fine di gennaio del 2006, il National Secutity Archive, ha pubblicato un documento declassificato del Pentagono che bene illustra come l'informazione sia annoverata tra gli obbiettivi di guerra dell'Amministrazione Bush.
Intitolato Information Operation Roadmap, il documento, a firma di Donald Rumsfield e datato 30 ottobre del 2003, prende in esame tutte le possibili attività militari relazionate all'obiettivo di controllare l'informazione. Guerra elettronica, intossicazione dei media, operazioni psicologiche e, soprattutto, "guerra ad Internet", sono le operazioni che i militari statunitensi hanno pianificato - e realizzato - con lo scopo di produrre punti di vista favorevoli alla politica del governo degli Stati Uniti. Nel documento si afferma che "l'importanza del dominio dell'informazione spiega l'obiettivo di trasformazione delle Operazioni d'Informazione per fare delle stesse un arma come lo sono l'esercito, l'aviazione, la marina o le forze speciali".
Il progetto nacque in seguito all'11 Settembre, quando apparve chiaro che le deficienze nel lavoro investigativo preventivo e le incongruenze palesi nella ricostruzione della dinamica dell'attentato, unite alla campagna in gestazione sulle armi di sterminio di massa che l'Iraq avrebbe posseduto, rischiavano di tenere alta la soglia di vigilanza degli operatori dell'informazione, statunitensi e non, tanto sui media ufficiali che nel cyber spazio.
Le successive bugie propagandate in sede di Consiglio di Sicurezza dell'Onu e nell'insieme dell'informazione planetaria, confermano del resto la preoccupazione dell'Amministrazione, nonostante tutto smentita - se non dai media - dai fatti.
In totale segreto l'Amministrazione Bush creò un organismo denominato "Ufficio per l'Influenza Strategica" - Office for the Strategic Influence (OSI), una vera e propria agenzia di propaganda incaricata d'intossicare il sistema dei media a livello planetario, al fine di generare consenso nei confronti dell'Amministrazione Usa nella sua "guerra al terrorismo".
Ma negli Usa, paese complesso e dalle mille sfaccettature, ricco di energie informative che spesso sfuggono al controllo politico, non tutto andò come ipotizzato dai propagandisti in uniforme. Apparvero sulla stampa rivelazioni ed indiscrezioni sulla neonata agenzia di propaganda e il Segretario alla Difesa, Rumsfield, incalzato dai media che denunciavano la totale incostituzionalità dell'Office for the Strategic Influence, dovette annunciarne pubblicamente la chiusura. L'operazione era tra l'altro in palese violazione dello Smith-Mundt act che, non a caso, proibisce la realizzazione di campagne di disinformazione che abbiano come obiettivo il pubblico statunitense.

Del resto, se diffondere il verbo Usa è stata da sempre l'ossessione delle diverse Amministrazioni, che da Freedom House al NED hanno investito risorse infinite per le campagne mediatiche di propaganda e di menzogne vere e proprie destinate a costruire il consenso dell'opinione pubblica internazionale alla politica estera ed al modello americano, per quanto attiene alla propaganda verso l'interno degli States tutto diventa più difficile. Perché se sulle libertà dei popoli del mondo l'americano medio chiude volentieri un occhio, non tollera però che vengano occultate le sue.
Il Pentagono, poco abituato a tenere in considerazione il Diritto Internazionale, decise che anche su quello statunitense si poteva sorvolare e, come già in mille altre occasioni, decise di aggirare l'ostacolo. L'OSI venne quindi sostituito dal Nothern Gulf Affaire Office. Creata nel settembre del 2002 e messa sotto la supervisione del Sottosegretario alla Difesa William Luti, la struttura ebbe come compito immediato quello di preparare il terreno all'intervento in Iraq, spacciando le menzogne sulle armi di distruzione di massa e sui vincoli del regime di Baghdad con il terrorismo internazionale. Ovviamente, nessuna delle due cose era vera, anzi era vero l'esatto contrario. Ma l'attività del neonato ufficio partì con il piede pigiato sull'accelleratore, per muovere una campagna internazionale che rendesse ininfluente o comunque non determinante l'avversità dell'opinione pubblica mondiale, che avrebbe potuto far recedere i rispettivi governi dalla partecipazione alla campagna irachena.

Fino all'11 settembre la disinformazione e la propaganda erano stati destinati al campo di attività proprie del Dipartimento di Stato, significativamente al "The Under Secretary for Public Diplomacy and Public Affairs", vero e proprio ministero incaricato di diffondere la dottrina Usa al mondo intero, tramite stampa, radio e televisioni direttamente controllate (ad esempio Voice of America e Radio e Tv Martì). Ma dopo l'attentato alle Torri gemelle il Pentagono decise di dotarsi di una sua struttura. Infatti, il documento declassificato afferma che "le principali attività in materia d'informazione del Dipartimento della Difesa comprendono gli affari pubblici, l'appoggio militare alla diplomazia pubblica e le operazioni psicologiche".

Sembra schiarirsi ulteriormente lo scandalo che ha coinvolto lo stesso Pentagono ed una società appaltatrice, il "Lincoln Group" che aveva per oggetto proprio la redazione di articoli da parte di militari e la loro successiva diffusione sui media iracheni, che presentano la situazione in Iraq in termini favorevoli per gli Usa. D'altra parte è proprio il Pentagono che, nel documento declassificato, sostiene la necessità di "sviluppare un sito web al servizio degli obiettivi di comunicazione degli Stati Uniti. I contenuti arriveranno fondamentalmente da terzi e per tanto saranno più credibili per il pubblico internazionale di quanto lo sarebbero se fossero redatti da personale militare statunitense". E nel caso le posizioni di assoluta coincidenza dovessero risultare scarse? Non importa, perché ciò che conta - cita il documento - "è il diffondere punti di vista terzi che appoggino le posizioni statunitensi. Le fonti, proprio perché "terze", potrebbero riflettere posizioni non del tutto coincidenti, ma potrebbero comunque esercitare un'influenza positiva".

Ma è proprio Internet, questo straordinario strumento d'informazione e di comunicazione planetaria così difficile da controllare che preoccupa gli Stranamore a stelle e striscie: "Il Dipartimento - si legge nel documento - lotterà contro Internet come lo farebbe contro un sistema d'armamento". Internet dunque come nemico, vista la difficoltà a tenere sotto controllo le sue diverse reti di comunicazione e d'informazione che lo hanno ormai consacrato ad elemento strategico nell'influenza dell'opinione pubblica.

Ma pare di poter affermare che nemmeno cotanto sforzo ed i relativi investimenti abbiano ottenuto lo scopo desiderato, almeno in patria: il livello di credibilità dell'Amministrazione Bush è ai minimi storici e le sue avventure militari non brillano certo per performance migliori. Un sistema composto da un reticolo d'interessi inconfessabili, presentati attraverso una ideologia anacronistica contenente tratti di follia mistica, che pretende d'imporsi come sistema valoriale e modello di democrazia, è destinato ad andare a fondo. Con o senza il controllo della Rete.

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