di Carlo Benedetti

Il senatore americano Richard Lugar, uno stretto collaboratore di Obama, é stato recentemente a Mosca per sondare il Cremlino, cercando di capire le eventuali e nuove mosse che il presidente Dmitrij Medvedev (classe 1965) metterà in campo nei confronti del presidente degli Usa Barack Obama (classe 1961). Ed è appunto sulla base di questa missione - che si colloca nel quadro di un’evoluzione globale disseminata di percorsi contorti e cambiamenti improvvisi - che i cremlinologi d’oltreoceano hanno creduto d'intravedere alcune soluzioni reciprocamente accettabili. Facendo leva, soprattutto, sull’idea di un mondo sempre più articolato che dovrebbe muoversi, ad esempio, insieme all’Europa concordando anche con la Russia una nuova agenda comune con l’obiettivo di creare un mondo più stabile ancorato ad una comunità di potenze altamente responsabili. Per ora le ipotesi più accreditate fanno riferimento ad un processo distensivo che dovrebbe caratterizzare Mosca e Washington anche in vista della scadenza del Trattato SALT-1 prevista per la fine del prossimo anno. Ma è chiaro, al momento, che l’attenzione dei politologi russi (riuniti nei maggiori istituti dell’Accademia delle scienze e negli enti collegati al ministero degli Esteri) si concentra sull’attività di Obama. E così la recentissima intervista al Time del neo-presidente diviene oggetto di studio.

A Mosca, in particolare, si pone l’accento su quella parte dove si da atto dell’esistenza di una Russia che sarebbe diventata “più sicura di sé rispetto ad alcuni anni fa” tanto da poter essere considerata come “un paese del tutto diverso”. Si tratta, in sintesi, di un passo avanti attuato dalla nuova leadership statunitense e che il Cremlino non sottovaluta. Anzi: apprezza. Tenendo conto del fatto che nelle alte sfere politiche americane sono ancora forti le idee secondo cui Washington può dialogare con Mosca da posizione di forza come avveniva nei primi anni della Russia post-sovietica.

Si impongono all’attenzione quelle parole di Obama secondo cui la Russia sarà una delle direzioni prioritarie nella politica estera della nuova Casa Bianca. Tutto evidenziato da una serie di circostanze obiettive che renderanno sempre più lo stretto partenariato russo-americano inevitabile ed eccezionalmente importante non solo per i popoli dei due paesi ma anche per tutta la comunità internazionale. La Russia e gli Usa sono, infatti, le maggiori potenze nucleari da cui dipendono in larga misura le sorti della pace, della stabilità sul pianeta e del processo di disarmo nucleare. Ed è ovvio che lo scambio dei segnali positivi tra Mosca e Washington creerà uno sfondo favorevole per il prossimo incontro dei presidenti Medvedev ed Obama sul quale ci sarebbe già un accordo di massima.

C’è da sperare - risulta dai commenti diffusi dai vari canali televisivi russi - che i due leader riescano a superare le divergenze esistenti nei rapporti bilaterali. Per il momento è, però estremamente importante trovare un compromesso relativamente ai piani antimissili degli USA in Europa contro cui si pronuncia la Russia nonché in relazione alla sorte del Trattato Salt-1. E cioè quel “vecchio” documento che nel 1967 fu proposto dal presidente americano Lyndon Johnson e sottoscritto a Mosca da Nixon e dal segretario del Pcus Breznev.

I problemi del rapporto Mosca-Washington sono anche altri e riguardano, soprattutto, l’atteggiamento che le due diplomazie dovranno avere nel quadro di un rapporto leale e pacifico. Mosca mostra molto pragmatismo e Obama, dal canto suo, cerca di studiare le linee del duo Putin-Medvedev proprio mentre si esibisce con un dialogo a distanza con l’altra grande potenza, la Cina. Ma i russi sanno che il nuovo inquilino della Casa Bianca ha anche a che fare con pro¬blemi enormi: la disoccupazione negli Usa aumenta, la recessione globale è preoccupante e dovrebbe durare per anni. C’è il rischio che i problemi interni isolino gli Stati Uniti dal resto del mondo. E secondo gli analisti del Cremlino Obama, per uscire dalla spirale della crisi, potrebbe mettere da parte le questioni globali e puntare la sua strategia sugli affari interni.

Ma è anche vero che le questioni dell’energia, dell’ambiente e delle nuove tecnologie, sono tematiche globali. Naturale, quindi, che Obama sia chiamato a tenere d’occhio le mosse di un Cremlino che non può essere sempre considerato come un impero del male… Si dovrebbe andare, pertanto, a rapporti più distesi. Ed Obama - pur se afflitto dalle questioni interne - dovrà riorganizzare la strategia politica statunitense soprattutto in Medio Oriente. Qui per Mosca e per Washington occorrono nuovi sforzi proprio per risolvere la questione israelo-palestinese. Ci sarà, di conseguenza, uno spostamento d’impegno dall’Iraq all’Afghanistan. Ma servirà soprattutto una riorganizzazione dei rapporti fra gli Usa e quella vasta regione asiatica che va da Israele alla Palestina, sino al Pakistan.

Di conseguenza - ha scritto in questi giorni il quotidiano moscovita Izvestija - l’America dovrà negoziare un nuovo rapporto con la Russia, anche a costo di ritirare il progetto anti-missilistico in Europa. Non solo, ma Obama non dovrà tirare la corda e per quanto riguarda il contenzioso del Caucaso sarà costretto a trovare un accordo per venire incontro alle pretese egemoniche russe sui territori ex-sovietici come la Georgia e l’Ucraina. E potrà avere in cambio il sostegno della Russia sui problemi delle risorse energetiche e dei rapporti con l’Iran. Ora nello scenario mondiale si impongono i risultati di quella che è definita come la “nuova era” dell’Asia orientale che ha preso avvio a Fukuoka dove si è svolto il primo vertice trilaterale assoluto Giappone-Cina-Corea.

Tre paesi, questi, che al recente vertice nella città portuale giapponese affacciata sul continente, hanno lanciato le basi non solo per una più stretta collaborazione economico-finanziaria, ma per l'avvio di una nuova fase delle relazioni internazionali destinata ad avere profonde ripercussioni su scala globale. Il summit, comunque, è stato solo l’inizio di un percorso. Perché gli appuntamenti saranno annuali (i prossimi incontri si terranno nel 2009 in Cina e nel 2010 in Corea) e, come minimo, contribuiranno a smussare eventuali circostanze future di tensione bilaterale anche con l’avvio di minivertici periodici - sempre a tre - che vedranno la partecipazione dei rispettivi ministri degli Esteri e dei governatori delle banche centrali. In tale contesto nel 2009 sarà costituito un "Cyber-Segretariato" per aggiornare e monitorare i progressi nella cooperazione.

Tutto questo mentre sul fronte ambientale, si parla del futuro lancio di una "East Asia Climate Partnership". E così Mosca mentre guarda ad Obama cerca di approntare una sua strategia politico-diplomatica che tenda sempre più ad eliminare le contraddizioni ideologiche del passato. Tutto favorito dall’apparire sulla scena di personaggi come Obama e Medvedev che dovrebbero essere consapevoli del fatto che la situazione mondiale è oggi resa meno governabile dalla mancanza di cooperazione tra le grandi potenze presenti nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Di positivo, intanto, c’è il fatto che i due non hanno sulle spalle il peso di quella “guerra fredda” che ha segnato troppe pagine di storia sia a Mosca che a Washington.

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