di Mariavittoria Orsolato

Gli studenti bellicosi e anche solo quelli che speravano si rassegnino: la riforma Gelmini dell’Università e della Ricerca è ormai legge. E’ stata approvata ieri con 281 voti a favore, 196 contrari e 26 astenuti dichiarati in casa Udc come segno di "un'apertura di credito nei confronti del ministro Gelmini". Dopo il vincolante voto di fiducia posto lo scorso lunedì alla Camera dei deputati - l’ennesimo sgambetto alla democrazia da parte dell’esecutivo Berlusconi - la ministra bresciana che fa gli esami a Reggio Calabria è riuscita nella sua battaglia “contro la mediocrità e gli sprechi” ed è riuscita a far approvare la sua riforma giusto il giorno prima del termine ultimo per la conversione in legge. A nulla sono valse le fioche lamentele dell’opposizione sull’impossibilità di dibattere (com’è lecito e consigliato) una finanziaria travestita da riforma. Il miliardo e mezzo di tagli all’Università e all’apparato della ricerca è infatti ancora sul piatto. Nonostante i continui spot, addirittura on-line, della nostra affezionatissima Maria Stella Gelmini tranquillizzassero studenti, professori e rettori in merito a fondi extra per gli atenei virtuosi, nella relazione presentata alla Camera si riporta che “la fissazione di una quota da distribuire in forma premiale (…) rischia di essere vanificata dagli impegni di spesa ad esso (il Fondo di finanziamento ordinario ndr.) sottesi e di porre un ulteriore elemento di irrigidimento delle assegnazioni ”.

Vale a dire che sebbene i premi siano stati promessi, i rubinetti del ministero (causa crisi varie) saranno sigillati entro i limiti di spesa imposti dalla finanziaria e se i conti non quadreranno - come la stessa relazione tiene a paventare - i 500 milioni di euro promessi alle università che non spendono il 90% del loro Ffo in stipendi ma lasciano qualche briciola alla ricerca, potrebbero svanire tutti o in buona parte. Staremo a vedere. Nel frattempo verrà stilata la classifica dei “bravi” in base ai parametri espressi dal Civr (Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca) e dal Cnvsu (Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario).

Grandi novità (è un eufemismo, of course) sul fonte dei concorsi. Si ritorna al caro vecchio sorteggio: d’ora in poi le commissioni che giudicheranno gli aspiranti professori universitari di prima e seconda fascia saranno composte da 4 docenti, sorteggiati da un elenco di commissari eletti a loro volta da una lista di ordinari del settore disciplinare oggetto del bando e da un solo professore ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando. Stessa sorte per le commissioni valutanti dei ricercatori. Il fine ultimo è quello di evitare i ben noti magheggi all’italiana, ma abbiamo visto con gli scandali di Calciopoli che l’urna, per quanto giri, riesce a finire perfettamente dove la si vuole far finire.

Nella versione finale della legge c’è poi l’intenzione di costituire l’Anagrafe nazionale dei professori e ricercatori universitari, un registro in cui verranno appuntate tutte le pubblicazioni scientifiche prodotte dagli iscritti e che dal 2011 servirà da parametro per giudicarne l’operato. Se infatti nel biennio precedente al giudizio non si sono registrate pubblicazioni a qualsiasi titolo, il professore in questione non potrà far parte delle commissioni giudicatrici dei concorsi, oltre a ritrovarsi gli scatti stipendiali dimezzati.

Si fa meno spinosa, invece, la situazione del turnover. Il blocco al 20% stabilito dalla finanziaria 2009 ha subito un ritocco che l’ha innalzato al 50%: le università virtuose potranno coprire fino alla metà dei posti liberatisi con i pensionamenti, a patto che destinino il 60% delle nuove assunzioni ai giovani ricercatori. I bandi di concorso per i 2300 posti da ricercatore già banditi sono esclusi dal turn over e anche gli enti di ricerca sono esclusi dal blocco delle assunzioni, entrato in vigore per tutte le amministrazioni pubbliche con la famigerata legge 133/2008. Secondo le previsioni di palazzo della Minerva, sarà così possibile assumere già dal prossimo anno accademico 4.000 nuovi ricercatori.

A beneficiare di questo “riordino” del sistema dovrebbero essere gli studenti meritevoli che - sempre secondo la nuova legge - usufruiranno di uno stanziamento extra di 135 milioni di euro, in modo da soddisfare tutte le 180.000 idoneità alle borse di studio (ad oggi le domande evase sono più di 40.000). Un altro regalo che, almeno sulla carta, spetta ai ragazzi è la destinazione di 65 milioni di euro per la costruzione di 1700 nuovi alloggi universitari.

Tutti i propositi della ministra in merito ad efficienza, trasparenza e merito attendono ora di essere rodati negli atenei dei baroni e dei precari. Le previsioni, data la particolare congiuntura economica, sono tutt’altro che rosee e il fatto che nel testo siano chiaramente indicate misure di breve periodo, non fa ben sperare un apparato che ora più che mai ha bisogno della costante stampella dello stato. Il crollo delle borse, la stagflazione e la crescente disoccupazione hanno indotto i governi delle maggiori nazioni occidentali a incrementare in modo decisivo e mirato gli stanziamenti al settore universitario. In Italia si preferisce aiutare le banche e i “capitani coraggiosi”, dimenticando che la vera ricchezza della nazione - i giovani - di questo passo non potrà nemmeno aprirselo, il conto in banca.

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