di Luca Mazzucato

Avishay Braverman Il Professor Avishay Braverman è il candidato Ministro delle Finanze del partito del Labor (Avoda) e, in pochi mesi, ne ha ridipinto una facciata rassicurante per la media borghesia, spaventata dalla leadership di Amir "Iosif" Peretz, l'ex sindacalista. Dal 1990 Braverman è anche Presidente dell'Università di Beer Sheva e l'ha trasformata da sconosciuto college ai confini del deserto del Negev, nel quarto ateneo israeliano, anche se i colleghi malelingue ascrivono i successi della sua carriera accademica alle amicizie nel partito più che alle doti scientifiche.
Dopo la vittoria del sefardita Peretz alle primarie nel novembre scorso (erano i tempi in cui Sharon sfasciava il Likud per fondare Kadima), quando Braverman decise di unirsi al Labor, molti accolsero con favore la sua presenza shkenazita nel partito. Da allora, il professore di economia si è impegnato a fondo per ribadire l'affidabilità del partito per la media borghesia e a moderare le istanze socialiste di Peretz. Lo abbiamo incontrato a margine di un'incontro tra la sinistra del Labor e i dirigenti del Meretz (verdi) e di Hadash (comunisti), promossa dal sindaco laburista di Tel Aviv. Braverman ha voluto partecipare alla riunione per dialogare con la sinistra del partito e convincerli che le sue idee non sono poi troppo moderate. Ha riscosso molti applausi. D: Attualmente, la fascia di popolazione israeliana sotto la soglia di povertà è del trenta per cento e in crescita. Cosa pensa di fare per cambiare questa situazione drammatica?

R: "Quando vedo che un bambino su tre è povero, mi vergogno di essere sraeliano. Gli anni di liberismo sfrenato di Bibi Netanyahu hanno messo in ginocchio il paese. Si diceva: diamo soldi ai ricchi, così tutti ne beneficeranno. L'ovvio risultato è stato: assistenza sociale polverizzata e la forbice tra i più ricchi ed il resto della popolazione si è allargata a dismisura. Abbiamo quindi bisogno di una vera e propria rivoluzione in campo sociale ed economico. Per dare una scossa al sistema vogliamo per prima cosa alzare il salario minimo, dagli attuali seicento dollari a mille dollari al mese. In questo modo, invertiremo la continua tendenza al ribasso dei salari e daremo un aiuto alle famiglie più povere."

D: La critica che spesso si rivolge al Labor è che Amir Peretz non ha alcuna esperienza di governo, neanche da ministro, mentre alla guida di Israele ci sono sempre stati leader navigati.

R: "Pensiamo a quello che succede in Europa, Angela Merkel in Germania e Tony Blair in Gran Bretagna. Loro non avevano precedenti esperienze di governo, ma da leader di partito hanno vinto le elezioni. Questa è la regola in tutte le democrazie occidentali, non vedo perché Israele dovrebbe fare differenza, a causa forse della sua situazione militare. Invece vedo cosiddetti leader come Shimon Peres, che per anni è stato alla guida del Labor e che ora è passato a Kadima dietro la promessa di un ministero e alla sua età si trova a correre dietro alle attrici americane per fare audience. Ecco dove sono arrivati, hanno lasciato da parte Lenin per prendere lezioni da Sharon Stone. Ma questo declino inesorabile è un problema comune nella società dei mass media. Non ci sono più idee forti, i programmi elettorali vengono scritti dai vari spin doctors ed esperti di pubbliche relazioni, le decisioni di governo si prendono in base ai sondaggi d'opinione. Basta vedere l'ultima azione dell'esercito alla prigione di Gerico. Io faccio alcune proposte concrete ed efficaci. L'innalzamento del salario minimo come prima cosa da fare per rilanciare l'economia. Poi guaglianza di diritti con la minoranza araba, altrimenti non potremo chiamarci democrazia."

D: La settimana scorsa Olmert ha annunciato il suo piano di ritiro unilaterale dalla West Bank e i futuri confini di Israele, che in realtà realizzeranno l'annessione di una buona parte dei territori. Il Labor entrerà in un governo di coalizione con Olmert e approverà questa strategia unilaterale?

R: "Mi sembra chiaro che l'unica cosa da fare è quella di sedersi ad un tavolo insieme ai palestinesi, questo è quello che faremo.
Il ritiro unilaterale è l'ultima risorsa. Olmert giura e spergiura che mai incontrerà Hamas, ma è chiaro che si tratta di una strategia elettorale, aspettiamo due settimane e poi ne riparliamo.
Prima Sharon e adesso Olmert, entrambi a ridosso delle elezioni mostrano i muscoli per strappare i voti della destra. Dopo le elezioni le acque si calmeranno e potremo discutere seriamente di accordi di pace."

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy